domenica 12 aprile 2009

Luoghi di culto musulmani nella provincia di Crotone 1

Alla scoperta di Allah nella moschea di Melissa (1 parte)


di Romano Pesavento ed Eliseo Pantisano

Il mese di ottobre ha un’importanza fondamentale per i fedeli di religione musulmana, poiché si svolge il ramadan. I musulmani si riuniscono in preghiera in nome di Allah e, in qualunque posto si trovino, anche distanti dalla propria terra, portano avanti le proprie tradizioni di culto. Anche gli immigrati musulmani, dislocati lungo il territorio della provincia crotonese, tengono fede ai precetti della propria religione. Per questo motivo, ci siamo interrogati sulla presenza dei luoghi di culto musulmani: da qui è partito il nostro viaggio antropologico alla scoperta delle moschee presenti nel crotonese. Prima tappa del nostro percorso è stato un piccolo centro della provincia, vale a dire Torre Melissa, paese nel quale vive e lavora una comunità marocchina, costituita da circa dodici famiglie. Le indagini effettuate e rese note fino a questo punto, hanno mostrato una forte presenza di fedeli musulmani fra gli immigrati che vivono nella nostra provincia, i quali osservano i precetti del Corano e pregano insieme nelle moschee. Moschea, in arabo Masgid, viene dalla radice araba sa-gia-d, che vuol dire prostrarsi; quindi, in senso etimologico, la moschea è il luogo della prostrazione. Tale atto di umiltà nella preghiera avviene rivolti verso la Mecca e inginocchiati su una nicchia, il mihrab, mentre le predicazioni avvengono dal podio, il minbar.
Ma di preciso, dove si trovano collocate queste moschee? Sicuramente, molti di noi non ne conoscono l’esistenza, anzi addirittura le ospiteranno nei propri paesi, senza neppure saperlo. Bene, questa è l’impressione che si è avuta a Torre Melissa. In una prima spedizione nella semideserta Torre Melissa, ci si è imbattuti quasi casualmente in una moschea in via Aldo Moro: immediatamente, la vista è stata catturata da un’iscrizione che inneggia ad uno dei 99 nomi di Allah, «el mustafa». Nel Corano (Bukhari 6410 e Musilim), si legge, infatti: «Ad Allah appartengono novantanove nomi -cento meno uno- non li memorizza se non colui che entrerà nel Paradiso. In verità, Lui è l’Impari, ama le cose dispari».
Tale moschea era però abbandonata. I risultati di questo primo “viaggio”, sono stati dunque scarsi. Tornati a mani vuote a Crotone, è divenuto indispensabile ricorrere all’aiuto degli immigrati, i quali ci hanno spiegato che esiste una nuova moschea, ubicata in via Eugenio Montale. Da qui è iniziata la seconda tappa del “viaggio” alla ricerca della ormai famigerata moschea. Trovarla è stata però un’impresa: nessuno a cui chiedere informazioni, nessuna segnaletica. Le poche persone incontrate, non appena nominavamo questa moschea, ci guardavano stupite e un po’ scettiche sulla nostra sanità mentale. Al secondo tentativo, la vista di un gruppo di automobili, con gli immigrati al fianco, è stato il segnale che ci ha fatto scoprire la sede della nuova moschea, più grande della precedente. Dopo un primo contatto con i marocchini, alcuni dei quali non conoscevano la lingua italiana, siamo arrivati al capo spirituale: non si tratta di un incarico ufficiale, ma solo della persona che meglio degli altri conosce il testo sacro, il Corano. Il capo spirituale, denominato “imàm”, in realtà si chiama Abdellatif, ha circa 45 anni ed è originario di Casablanca. La parola imàm per molti non sarà certo ignota: presso i musulmani sciiti, l’imàm è riconosciuto come discendente diretto di Alì, genero di Maometto, e come legittimo sovrano e capo spirituale. Più semplicemente, l’imàm è un fedele musulmano che dirige la preghiera nella moschea. L’abito tradizionale che i marocchini indossano durante la preghiera nella moschea, è lo djallaba, costituito da una tunica, chiusa sul davanti da bottoni, corredata da un cappellino e da scarpe a punta. Essa può essere di diversi colori, mantenendo sempre il medesimo significato.
Abdellatif ha posto l’accento sulle innumerevoli difficoltà che gli immigrati marocchini incontrano ogni giorno, difficoltà abitative e socio-economiche; nessuno è disposto ad aiutarli senza pretendere nulla in cambio. Anzi, ogni associazione o pseudo-associazione, cerca continuamente di attrarre queste persone al suo interno, ma, sottolinea l’imàm, soltanto per avere dei membri che accrescano il numero degli iscritti, e non con la reale intenzione a collaborare con il cittadino immigrato, al fine di un suo inserimento nella vita civile della città.
Quando i fedeli riuniti in preghiera si sono accorti della nostra presenza, hanno avuto una reazione quasi univoca: lo stupore. Si chiedevano come mai due giovani avessero fatto “tanta strada”, spinti soltanto dall’interesse della scoperta; la cosa ancor più sorprendente era il fatto che l’oggetto della scoperta fossero proprio loro e loro tradizioni, in particolare la preghiera durante il ramadan. Il racconto è allora iniziato spontaneamente. Il ramadan è il nome di uno dei mesi dell’anno. Esso può durare 29 o 30 giorni, secondo l’aspetto della luna: se nel ventinovesimo giorno la luna è piena, il ramadan si può ritenere concluso, dopo una preghiera che dura tutta la notte; se, invece, la luna ha la forma di uno spicchio, il ramadan continuerà per un altro giorno, il trentesimo. Inoltre, se i 29 (o 30) giorni di preghiera vengono interrotti per un qualsiasi motivo, fatta eccezione la malattia o l’allattamento nel caso delle donne, il fedele dovrà sottoporsi ad altri 60 giorni di ramadan per ogni giorno in meno di preghiera sui 29 (o 30) stabiliti, oppure dovrà offrire da mangiare a 60 persone. Il ventinovesimo giorno è dunque il più importante, perché, oltre a concludere la festa, simboleggia il giorno in cui ai fedeli è stata consegnata la scrittura del Corano. Durante il mese di ramadan, il computo dei giorni assume una particolarità, poiché la data viene calcolata in base ai giorni che mancano alla fine del mese di ramadan. Poiché la nostra visita ha avuto luogo il 18 ottobre, per i marocchini questo era il giorno «meno 11», ossia mancavano undici giorni alla fine del ramadan. La comunità marocchina di Torre Melissa ci ha invitati a partecipare alla festa del ventinovesimo giorno, a patto però di rispettare le loro “condizioni”. Questo sarà l’oggetto della prossima tappa del nostro viaggio fra gli immigrati del territorio crotonese.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XII n. 42 del 22/10/05

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