giovedì 30 aprile 2009

Crotone&Politica 5

Dario Franceschini, salvaci tu!

di Romano Pesavento, Salvatore Bianco, Franco Massimiliano, Antonio Anania

Sta per scadere il bando per partecipare al grande concorso pubblico per il reclutamento di 23 consiglieri provinciali e del relativo presidente e i manovratori navigano sempre più in acque tempestose. Nessuno vuole mollare la poltrona; per tal motivo, improvvisamente, ci si scopre paladini della giustizia sociale e difensori degli interessi collettivi. In giro tanti volti bruciati dall’odio comunicano rancore profondo fintamente celato. Famiglie, clan e tribù si riuniscono in cenacoli mascherati, dove è difficile riuscire ad indovinare, realmente, identità e sostanza delle idee. Intanto, mentre tutto intorno a noi langue, i programmi elettorali stentano. Proposte e contenuti sono davvero scadenti; tutto raffazzonato all’insegna dello slogan “tanto nessuno li legge”. Il Robin Hood crotonose sembra essersi dileguato nel nulla, o forse non ha mai fatto percepire tangibilmente la propria generosità. Eppure, ci sarebbe tanto da dire e da fare. Si promette di tutto e si è fatto poco.
Alcune cose non sono per niente chiare.
Se il Consorzio Universitario ha una compagine azionaria costituita dal 55% Regione Calabria; dal 12% Provincia di Crotone; dal 24% Comune di Crotone, tutti enti locali di centro-sinistra, e, naturalmente, il presidente è espressione di tale compagine, oggi che lo stesso ha dichiarato di condividere il progetto del centro-destra, perché non ha dato le dimissioni e nessuno le ha richieste? Dov’è il senso logico e la relazione? Se essere assessore comunale o vice-sindaco della città di Crotone significa far parte di un progetto politico che interessa la collettività e dovrebbe impegnare a tempo pieno i soggetti che ricoprono tali funzioni, perché oggi tali amministratori vogliono diventare anche consiglieri provinciali e gareggiano tra di loro per far cumulo di cariche e missioni? Dov’è il senso logico e la relazione? Se la precarietà e la disoccupazione sono sintomi di malessere sociale da combattere per il centro-sinistra, perché i grandi capi sostengono che non è più compito del partito dare risposte alla gente? Dov’è il senso logico e la relazione? Se istruzione e formazione hanno un valore fondamentale per la creazione di una nuova classe dirigenziale, perchè il polo universitario, oggi, è in uno stabile in cui al primo piano si trova l’asilo nido? Dov’è il senso logico e la relazione? Se il turismo è associato alla cultura del bello, perchè il centro della città è sempre più invaso da erbacce nell’aiuole e immondizia per le strade?; Dov’è il senso logico e la relazione? Perchè ogni giorno assistiamo ad un continua ed opprimente pressione degli extracomunitari per le parcelle del pagamento dei parcheggi, se esiste una società chiamata CKP s.r.l., che ha il compito di gestire gli stessi? Dov’è il senso logico e la relazione? Se il porto, l’aeroporto, la ferrovia, la SS 106 sono da anni in uno stato fortemente fatiscente, perché, il politico di turno, nel proprio programma, ripete la tiritera dell’ammodernamento e dello sviluppo? Dov’è il senso logico e la relazione? Se il Gladio è ancora lì, senza alcuna modifica strutturale o rimozione, sta ad dimostrare che il politico di centro-sinistra non è tale, in considerazione anche delle tre famose leggi di Aristotele (Il principio di identità: A è uguale ad A; Il principio di non-contraddizione: ogni cosa è A, oppure non-A; Il principio del terzo escluso: nessuna cosa può essere contemporaneamente A e non A); Io democristiano-comunista di centro-sinistra non riesco più a capire il senso logico e la relazione! Se come diceva Bronislav Malinowski: “… tutti i processi linguistici derivano il loro potere unicamente dai processi reali, che hanno luogo nei rapporti dell’uomo con ciò che lo circonda” e come affermava Ricichards: “ Il significato di una parola consiste in tutte le parti mancanti dei contesti, da cui essa trae la sua efficacia per procura”; Allora, forse, adesso riusciamo a intendere un po’ meglio il senso logico e la relazione per il PD crotonese.Esiste un piccolo organismo chiamato euglena, che diviene verde se esposto ad abbondante luce solare, comportandosi quindi come una pianta; ma quando il sole sparisce, esso prende a digerire carboidrati come un animale. L’euglena è, in tal modo, sia una pianta sia un animale, a seconda dell’ora del giorno. O meglio non è né pianta, né animale e non rientra in queste due categori.
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Pubblicato su:
- Il Quotidiano della Calabria del 01/05/2009;
- Il Crotonese del 01-04/05/09;
- La Provincia KR del 01/05/09.

Crotone&Immigrazione 5

I migranti sono per lo più giovani in cerca di qualcosa da fare, ma la notte tante lucciole nere soddisfano la bramosia di “avventure” esotiche di parecchi

Il dio denaro è anche nero!


L’ultimo treno “a vapore” della sera parte stracarico di extracomunitari verso il Nord, terra di salvezza e di libertà.


di Romano Pesavento
Arrivano da molto lontano: Sudan, Somalia, Ghana, Bangladesh, dalle zone povere dell’Africa. Se ne vede davvero una marea di extracomunitari in giro per Crotone. Il CPA è la loro casa, la città è il mercato dove trovare la propria “domanda”; dove vendere la propria anima, il proprio corpo.
Il dio denaro è anche nero. Lo sa bene chi amministra gli aiuti umanitari e chi con la criminalità gestisce i business quotidiani. Soldi, tanti soldi svolazzanti tra i banchetti e gli appalti, tra il malaffare e il clientelismo.
I migranti sono per lo più giovani in cerca di qualcosa da fare. Ormai sono dappertutto: davanti ai negozi, nelle zone parcheggio, alla stazione ferroviaria, ai semafori; anzi, là no, perché ci sono ancora i rom. Chiedono la carità: MISTER, almeno 50 centesimi! E i vecchietti, spaventati e frettolosi, con lo sguardo basso, cercano di sfuggire all’ennesima richiesta.
Con la social card ormai azzerata e la pensione minima, sembra di rivivere i bei (?) vecchi tempi delle scarpe rotte e del cappotto rivoltato: non ci sono risorse per il proprio sostentamento, figuriamoci per quello altrui.
Eppure, molte volte non rifiutano i soldi ai convincenti questuanti, più per salvaguardare la propria incolumità, che per sentimento cristiano. Provate voi ad opporre un diniego, seppur cortese, a due occhi spiritati dalla fame e dalla privazione, fissi nei vostri, di proprietà di un marcantonio alto almeno un metro e ottanta.
La notte, invece, lungo i viali alberati e la luce livida dei lampioni, tante lucciole nere soddisfano la bramosia di “avventure” esotiche di parecchi, esemplari, padri/nonni di famiglia crotonesi. La notte, ma anche il giorno. Gli indesiderati diventano desideratissimi, a giudicare dalla richiesta crescente di prodotti “topici” presso le nostre farmacie.
Siamo poveri, sono poveri: il paese dei balocchi che c’era prima, adesso non esiste più.
La criminalità dilaga, acquattata tra le ombre nere della povertà africana e della miseria crotonese. Nessuno ne parla, eppure esiste, proprio qui, nella vecchia Stalingrado del Sud. Crotone chiama e nessuno risponde. Sicurezza e legalità collassano: sono solo parole vuote, citate, sporadicamente, nelle vetrine istituzionali. Con il pretesto della mancanza di uomini e mezzi.
Qui, nella provincia dei poveri, c’è chi s’arricchisce sulle disgrazie altrui. La precarietà è un incubo, un tunnel senza ritorno; il lavoro nero, un pomo di vetro servito sulla tavola di bianchi e “colored”.
Il Mediterraneo luogo di ricchezza e di cultura è sempre più una semplice opportunità di fuga. Per chi parte e per chi resta, la speranza è ormai un vizio assurdo.
Sul tema la politica tace; gli amministratori probabilmente pensano: non è compito nostro; molto meglio giocare a chi farà il grande Capo Indiano. Augh!. Eppure la forza lavoro è sinonimo di ricchezza, di fantasia, di progresso.
Occorre vivere gli spazi della città per notare quanto malessere si annidi negli angoli, nelle piazze, nei volti della gente. E il silenzio diventa rabbia, mentre l’ultimo treno “a vapore” della sera parte stracarico di extracomunitari verso il Nord, terra di salvezza e di libertà. Altri, molti altri ne arriveranno.

Reportage fotografico di Romano Pesavento pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XV - 01/05/2009:











Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XV-01/05/2009

martedì 28 aprile 2009

Crotone&Politica 4

A volte tornano i pensionati!


di Romano Pesavento, Antonio Anania, Salvatore Bianco, Franco Massimiliano

C’è chi è in pensione e poi ritorna; c’è chi ha lasciato la dentiera a casa, perché è più bello così; c’è chi vive ricordando i nonni e pretende di lasciare un segno da tramandare alla futura memoria cittadina; c’è chi è innamorato delle rose, ma poi i nomi sono quelli; c’è chi dei giovani non gliene frega mai niente, tranne quando devono votare; c’è chi vive di sole memorie; c’è chi dice di applaudire al vecchio, perché in realtà è il nuovo; c’è chi si trucca allo specchio, perché forse i giovani non lo sanno; c’è chi parla del passato, perché vive il presente altrui e s’impadronisce del futuro di tutti; c’è chi gli hanno suggerito di dire così, perché è giusto; c’è chi ha voglia di cambiamento, ma poi che stress!!!!; c’è chi sostiene che i giovani devono sacrificarsi; mentre i vecchi sono vecchi; c’è chi dice solo grazie; c’è chi la poltrona la sogna sempre tra le nuvole e le stelle; c’è chi magari aspira pure al posto di San Pietro; magari, lui lo sa e, tiè, non glielo dà!
A volte ritornano….Beh, di fronte ad eventi inspiegabili e quasi soprannaturali come quelli ai quali stiamo assistendo, non resta che citare il mago dell’horror Stephen King. Anche nel nostro caso, rimaniamo paralizzati dalla paura: dalle cripte desolate e sulfuree, però, non affiorano figure infernali e minacciose, ma, a quanto sembra, si sprigionerebbe la forza del rinnovamento politico. A Crotone funziona così, facciamocene una ragione. I giovani a spasso, i pensionati in corsa (?). E va bene, in fondo da noi il detto “largo ai giovani” rimane un’inconsistente formuletta sapientemente piazzata tra le righe di un rosario recitato, occasionalmente, nelle omelie ufficiali di partito. Peccato, speravamo in una candidatura di Pietro Ingrao! Non si intende sminuire la figura del partigiano, simbolo della resistenza; sarebbe del tutto fuori luogo e irrispettoso. Tuttavia è doveroso segnalare ad oltranza un’anomalia che è tutta squisitamente crotonese. A votare, però, non vanno soltanto le classi di ferro, che, probabilmente, rappresentano il vissuto e che avranno di certo condotto le loro battaglie e raggiunto, in buona parte, i loro traguardi. Qui ci sono intere generazioni lasciate al palo. Deliberatamente, da irresponsabili ammalati di potere. È vergognoso! Muoiono le problematiche giovanili; intanto, il tempo a Crotone non passa! Il tempo è una categoria umana, vale a dire creata dagli uomini, di cui si percepisce l’esistenza solo attraverso il cambiamento, le alterazioni di stato e le varie trasformazioni. In ragione di quanto detto, si può affermare tranquillamente che nella nostra provincia il tempo è scandito unicamente da crustoli, cuzzupe e fratelli Ferraiolo. Episodi festosi, ma lontani anni luce sia dal “nuovo” che dalla risoluzione di problemi sociali tanto drammatici quanto, criminalmente, ignorati.
Primarie: magari si, magari no, magari forse; è la democrazia che muore dietro l’angolo di un lampione, negli alberghi a cinque stelle, tra i complotti e le faide; nella vuota verbosità tribunizia d’altri tempi. Non c’è contiguità tra il passato ed il futuro, tra giovani e vecchi; figuriamoci, allora, tra la realtà e le aspettative, i desideri, delle persone!
PD, dì qualcosa di nuovo! Almeno prospetta qualcosa di diverso. Non sarebbe poi tanto sbagliato, dato che le nuove proposte le conosciamo bene, pensare ad un patto generazionale in cui almeno lo stipendio del presidente, certamente optional per chi lo intascherà, venga versato per il finanziamento di progetti a sostegno dei giovani in politica. Purtroppo, la nuda verità è che puntare sui giovani a Crotone significa rischiare. I giovani portano voti? Potrebbe essere. Sempre meglio che impantanarsi nel già visto, già sentito, già sperimentato da noi e da quelli prima di noi. Speriamo non da quelli che verranno.

Pubblicato su
- Il Crotonese, Anno XXX n. 31 del 24-27/10/2009;
- Il Quotidiano della Calabria del 19/04/2009

Crotone&Politica 3


Nel PD come "aspettare Godot"


di Romano Pesavento, Antonio Anania, Salvatore Bianco, Franco Massimiliano
Primarie si, primarie no. Questo è l’unico tema esistente sul piatto del “popolo” del PD. Infatti, è su questo quesito che, a meno di un mese dalla presentazione delle candidature, si continua a mercanteggiare lungo i corridoi incolori delle sedi istituzionali e non.
Nel corso degli ultimi mesi, si è spesa una quantità enorme d’energia da parte dell’elite dirigenziale del partito. Energia veicolata male; probabilmente catalizzata verso interessi non precisamente “comuni”. Non c’è attaccamento verso i problemi reali della società crotonese, verso lo stesso partito, verso chi ha creduto nel cambiamento e nella novità; non c’è calore nei finti batti mani, nei discorsi ufficiali; non c’è slancio né, tantomeno, spirito di servizio o dedizione.
Tutto è oscuro, anche le intenzioni; le apparenze; le processioni e le alleanze di partito.
Nessuno discute sul fatto che la democrazia partecipativa sia un requisito importante per l’organizzazione e la messa in atto di scelte fondamentali per la collettività; solo che, nel nostro caso, la gente comune ha recepito una simile “belligeranza” soltanto come l’ennesimo assalto alla diligenza.
Il proverbio secondo cui la gallina vecchia fa buon brodo in tempi di sofisticazioni alimentari non persuade. I nomi sono sempre gli stessi. La storia si racconta da sola: ogni qualvolta si ascoltano i vari interventi è un continuo richiamarsi al passato remoto. Un passato lontano, quando le giovenche erano grasse e non era poi tanto difficile catturarle. Che nostalgia! Ora sono snelle, agili e scattanti e saltellano qua e là, in cerca di qualche nascosto ciuffetto d’erba sfuggito agli ingordi cinghiali.
Al di là delle “favole” pseudo-esopiane, è sconfortante verificare come -anche nel fraintendimento!- compaiano sempre e soltanto nomi e cognomi da radiocarbonio. È tempo di dare spazio a nuovi volti e a persone qualificate, motivate, con idee chiare.
Sono i contenuti, le azioni e le risposte che assumono oggi più che mai un’importanza vitale nella società della comunicazione; non le poltrone o i “compagni di merenda”.
Il supporto alle decisioni e ai provvedimenti strategici, attualmente, non può più essere affidato a specialisti improvvisati, senza alcuna esperienza alle spalle; eppure tale fenomeno è così dilagante, nella maggior parte degli staff assessoriali, da rendere spesso completamente inefficace l’azione politica.
Peggio ancora quando questi meccanismi si innescano in una provincia povera come la nostra.
Non c’è più impegno sociale, redistribuzione delle risorse verso le fasce svantaggiate; al contrario, abbiamo assistito ad un accumulo formidabile di cariche da parte di individui che, sconfitti elettoralmente, non godono di nessuna fiducia popolare.
Temi importanti come infrastrutture materiali e immateriali, ambiente, territorio, sviluppo economico, patrimonio produttivo trovano risposte deludenti. I piani messi in atto fino ad adesso hanno conseguito come unico risultato lo smantellamento o la riduzione drastica della capacità e dell’efficienza delle infrastrutture.
Come risultato immediato, i responsabili dei danni sono stati promossi , con lauti compensi!.
Il cambiamento deve partire dalle persone e non più dal semplice simbolo di partito. La fiducia, la capacità di trasmettere la voglia di novità e di apertura verso la realtà concreta può essere suscitata solo da uomini profondamente onesti. Waiting for Godot.
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Pubblicato su:
- il Crotonese n. 29 del 17-20/04/2009;
- il Quotidiano della Calabria del 10/04/2009

Crotone&Politica 2

Il PD crotonese s'è dimenticato delle aspirazioni dei giovani precari


di Romano Pesavento, Salvatore Bianco, Antonio Anania, Franco Massimiliano

Nonostante i leader nazionali del PD, prima Veltroni, ora Franceschini, cerchino di sostenere battaglie a favore delle fasce più deboli, qui, a Crotone, si fa di tutto per precarizzare e rendere più incerto il futuro delle giovani generazioni.
Un ricordo non tanto lontano, ma certamente rimosso dai nostri amministratori, è la lettera scritta da alcuni co.co.co. del Mercato del lavoro della Provincia di Crotone a Walter Veltroni, in occasione del suo arrivo nella nostra città.
Senza scadere nel sentimentalismo, quel documento di “vita” colpì l’attenzione dell’allora leader del PD, che invocò solidarietà e certezze per i giovani precari crotonesi. Risultato: tutti a casa e senza un motivo plausibile. Tante ombre e zone buie rendono inesplicabile il dipanarsi dell’intera vicenda. Per chi avesse coltivato i valori della sinistra e avesse speso con umiltà i propri sforzi e le proprie energie nel puntellare interessi di portata collettiva, era assolutamente oscuro ed imprevedibile un esito del genere.
Questa situazione e analoghi frangenti hanno, così, finito per accrescere il malumore, oramai dilagante, tra i ceti più vulnerabili della società cittadina.
Purtroppo, si deve ammettere che non vi è alcuna programmazione delle risorse utile e condivisa da tutti i soggetti operanti nel territorio. Anzi, abbiamo assistito, sgomenti, alla stabilizzazione di alcuni super consulenti, molti dei quali non menti eccelse, ma “dopati ipertrofici” politicamente. Certamente, potrebbe essere molto semplice ed istruttivo considerare i curricula vitae dei soggetti in questione; anche il lavoro prodotto denuncerebbe scarso impegno, considerando i non magri compensi attribuiti per qualche ora di lettura.
Tra le cose migliori fatte in questi anni dall’ente intermedio, vi è quella di aver trasformato con un tocco di bacchetta magica i pensionati in lavoratori ed i giovani precari in disoccupati: abra cadabra, sin sala bin!. Indubbiamente, si potrebbe obbiettare che i pensionati sono una categoria eccellente, quasi da annoverare tra i beni del patrimonio UNESCO, e, per tal motivo, vanno valorizzati e tutelati, anche a discapito delle nuove generazioni.
Non si tratta di cinismo. È giusto che ci si senta ancora utili alla collettività e che si contribuisca con il proprio lavoro, anche in età avanzata, alla crescita civile e sociale di una città. Eppure, con la penuria di posti di lavoro tipica della nostra provincia, forse si dovrebbe pensare prima a chi, giovane, con mille sogni e mille progetti, non può realizzarsi e non può creare sviluppo o alternative valide al già visto.
L’esperienza sarà sicuramente un valore, ma l’entusiasmo, la formazione culturale, l’energia devono sempre risultare perdenti in un ipotetico duello?
Il rinnovamento non parte dalle “abitudini”, soprattutto quelle cattive; i giovani si disaffezionano, nutrono nei confronti della politica sempre più diffidenza, e voltano le spalle ai partiti, se non vedono interesse reale per i propri problemi. Un partito che aspiri ad essere di massa non può sottovalutare tale aspetto. L’elezioni non si vincono con i discorsi. Invece, i fiumi di parole “inutili,” che in questi giorni scorrono nei corridoi, lasciano intravedere la povertà degli argomenti e l’arrembaggio verso mete sempre più improbabili.
Mancano i valori, i fini di una lotta politica indirizzata all’ascolto e alla risposta di quei problemi sempre più impellenti della gente comune. Insomma, fino ad oggi poco si è fatto per proporre soluzioni; mentre troppo si è dato agli “highlanders” della politica. Ne resterà uno solo?
Pubblicato su
- Il Crotonese n. 27 7-9/04/2009;
- Il Quotidiano della Calabria del 03/04/2009

Crotone&Politica 1

Breve riflessione sull’attuale condizione politica del PD


di Romano Pesavento

Si avvicina, inesorabilmente, il giorno delle elezioni provinciali ed il PD è sempre più prigioniero dei vecchi baroni della politica. Nessun cavallo di razza, ma solo tanti ronzini in giro; anche quest’ultimi, prossimi ad un macello oramai imminente. Nessun ombra di novità, quindi, aleggia nei corridoi delle tante “micro” sedi di partito. A sentire l’elevata/bassa eloquenza dei discorsi dei “grandi saggi”, si direbbe che ognuno sia portatore di una verità assoluta, ahinoi, troppo distante dalle problematiche reali della società crotonese. La verità, naturalmente, giace tra le rovine; il tempo sembra aver estenuato la voglia di cambiamento, che, con entusiasmo, si prospettava all’orizzonte. Troppi soldi gettati nel mare del clientelismo, troppa rabbia seppellita tra le mura di un palazzo di regime in cui la normalità stenta ad entrare. Si cercano nomi da sottoporre alle rigide procedure dello statuto di partito per risolvere i tanti problemi nascosti tra le zone buie dei veti sospensivi. Tanti caimani sull’uscio di una carcassa ormai sbranata e in brandelli. Qualcuno osa ricordarsi dei giovani, ma è solo qualche perduta nostalgia; d'altronde, sappiamo bene quanto tale categoria risulti essere amatissima e riveritissima soltanto in occasione di campagna elettorale. In questi anni, nonostante tutto, si è sempre più assistito esclusivamente ad un osceno banchetto: spremuti come limoni e sfruttati con contrattini – capestro, che, spesso, non garantiscono o tutelano neanche i diritti più basilari del lavoratore, torme di “giovani” diventano vecchi; i vecchi, invece, sembrano sfidare l’eternità.
Il potere logora chi non ce l’ha. A volte, però, è anche vero il contrario. Così ci si arrocca nelle stanze dei bottoni, ricchi di quella borghese agiatezza, tanto stigmatizzata in passato, ed ora difesa con il pugnale tra i denti. I vestiti griffati e le auto di lusso raccontano una storia lontana dalle lotte per la sopravvivenza che tanti crotonesi conoscono assai bene. Tutti offendono tutti; le promesse si svelano menzogne; le alleanze traballano; il veleno, come pregiato vino d’annata, si mesce abbondantemente in “gentilizi” bicchieri ai quali, prima o poi, tutti accosteranno le labbra. Chi sarà l’eletto degli eletti? Prosit!
Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XVI n. 12 del 27/03/2009

mercoledì 22 aprile 2009

Crotone&Impresa

Il latte di asina è utilizzato in campo alimentare, medico e cosmetico


Attenti all’asino!

di Romano Pesavento

“Dopo i cavalli, vennero Muriel, la capra bianca, e Benjamin, l’asino. Benjamin era la bestia più vecchia della fattoria e la più bisbetica. Parlava raramente e quando apriva bocca era per fare ciniche osservazioni; per esempio, diceva che Dio gli aveva dato la coda per scacciare le mosche, ma che sarebbe stato meglio non ci fossero state né coda né mosche. Solo fra tutti gli animali della fattoria non rideva mai. Se gli si domandava il perché, rispondeva che non vedeva nulla di cui si potesse ridere.” (Gorge Orwell, La fattoria degli animali, La biblioteca di Repubblica, pag. 6)
Non molto lontano dalla statale 106 che costeggia la città di Crotone, quasi vicino al bivio per Cutro, si trova l’incrocio per raggiungere la frazione di Papanice. Basta quindi percorrere la strada per una decina di chilometri e si giunge all’azienda agrituristica Fazzolari. Il perché della nostra visita è presto detto: infatti, proprio qui è possibile ammirare un allevamento di sei asini che pascola beatamente per le distese della tenuta, protetto accuratamente dai recinti.
L’asino, mammifero appartenente all’ordine dei Perissodattili e alla famiglia degli Equidi, è derivato probabilmente da una forma selvatica africana, Equus asinus africanus, che era molto abbondante in Nubia. Da qui, ove iniziò il suo processo di domesticazione e selezione mediante allevamento, l’asino passo progressivamente all’Egitto e all’Asia, poi alla Grecia e di lì a tutta l’Europa. La sua diffusione fu estremamente lenta: si trova in Inghilterra solo nel X secolo.
Ebbene, questi curiosi animali sono effettivamente i primi attori della nostra puntata. Per chi non lo sapesse il latte d’asina è un nutrimento estremamente proteico, ma nel contempo delicato, adatto, o meglio insostituibile, per chi fosse affetto – oggi purtroppo il numero degli interessati è in crescita esponenziale – da intolleranze al più comune latte vaccino.
Il vero punto di forza del latte di asina, è il suo profilo biochimico, molto prossimo al latte umano. Tra le caratteristiche più importanti si evidenziano il tasso di lattosio, il profilo proteico, idoneo alle condizioni di un lattante e un quantitativo in ceneri, pertinente alle nozioni riportate in letteratura con riferimento al latte umano. Risulta interessante valutare come il carico dei reni del neonato alimentato con latte equino sia simile a quello di un neonato alimentato da latte materno.
Proprio per i motivi sopra esposti, l’azienda Fazzolari, quest’estate, si è ritrovata a gestire “l’emergenza” di un bambino di Palermo appartenente alla famiglia Speziale che, in sosta forzata a Crotone, non riusciva a reperire latte idoneo al suo nutrimento. Per fortuna tutto si è risolto per il meglio per la sua famiglia, appunto perché l’azienda ha messo a disposizione le asine necessarie per il prezioso alimento.
Detto questo, bisogna ricordare che il campo di utilizzo di questo straordinario prodotto non riguarda soltanto la prima infanzia: adulti con flora batterica alterata o con problemi cardiovascolari connessi all’aterosclerosi possono trarre enorme giovamento dal consumo di latte d’asina. Interessante ancora è l’impiego nel settore della cosmetica di tale nutriente: i preziosi acidi grassi del L.A. riescono a ripristinare e proteggere le membrane delle cellule cutanee. Il complesso multivitaminico (A, B, C, E) blocca e allontana i cataboliti del metabolismo cellulare proprio della cute e avvia un’azione epitelioprotettrice. Il lisozima si presenta in questo caso come abile attenuatore degli stati flogistici della cute e del cuoio capelluto (Cotte 1991).
Eppure, l’allevamento di questi simpatici e utili animali è considerato dagli addetti del settore un autentico “salto nel buio”. Nonostante, come già detto, i bambini bisognosi di cure particolari e quindi di un latte più leggero siano in costante aumento, è molto raro vedere attecchire su un territorio un’iniziativa del genere. Soprattutto nella provincia di Crotone. Le difficoltà connesse a tale attività ci vengono illustrate in modo assai chiaro dal figlio del titolare dell’azienda, Leopoldo Fazzolari: costi impegnativi per il mantenimento degli animali, produzione molto esigua di latte per asina, tempi lunghi per la gestazione e quindi per la crescita del numero dei capi. Infatti, gli asini al di fuori dei meccanismi di produzione del latte non rappresentano un investimento particolarmente vantaggioso: non sono più utilizzabili come mezzo di trasporto eppure richiedono almeno un minimo sindacale di cure per il sostentamento. Necessitano di cibo e coperture adeguate d’inverno, come d’altronde tutti gli altri animali giudicati più “commerciali”. Tuttavia, anche se il latte d’asina è molto costoso sul mercato, una femmina può produrre al massimo un litro al giorno del pregiato alimento, magari privato di qualche etto per consentire al piccolo partorito da poco di venire comunque alimentato; pertanto è necessario possedere più animali per conseguire utili apprezzabili: almeno 25, cosa non facile da realizzare, considerando che viene dato alla luce in 12 mesi un solo asinello per volta. Per non parlare della carenza endemica di personale: gli italiani, ma anche gli eternamente affamati di lavoro crotonesi, non apprezzano particolarmente la vita difficile e laboriosa dell’agricoltura, anche se viene praticata con l’ausilio di tutte le nuove e più moderne tecnologie. Soltanto gli extracomunitari “gentilmente” si degnano di addossarsi simili mestieri; sebbene non si mungano più manualmente gli animali o si utilizzino abbondantemente diverse attrezzature meccaniche,pare proprio che tale settore venga snobbato ed evitato accuratamente dai più. Cosa di cui non ci si dovrebbe particolarmente rallegrare: Leopoldo Fazzolari ricorda che quanto prima, senza un’inversione utile di tendenza, il nostro paese non sarà più in grado di fornire autonomamente alcun prodotto e l’ultima spiaggia sarà rappresentato dai soliti, onnipresenti, invincibili, colossi asiatici (Cina e India). Forse per una realtà territoriale come la nostra, abbandonare le attività agricole non costituisce un buon proposito; le possibilità industriali di Crotone sembrano essere tramontate, allo stato attuale. Per questo motivo, bisognerebbe incoraggiare proprio lo sviluppo economico dal basso, anziché poco realisticamente proiettare unicamente tutte le proprie speranze sull’incremento del terziario crotonese. Alla luce di quanto affermato, speriamo che iniziative come questa siano d’esempio e non rimangano isolate in un deserto pieno i insidie e immobilismo.
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martedì 21 aprile 2009

Crotone&Economia 10

A scuola di sviluppo locale con il prof. Domenico Cersosimo, docente UNICAL

ECONOMIA: La cosa migliore è provare a fare le cose che si sanno fare o comunque che si è imparato a fare

di Romano Pesavento

L’evoluzione dei mercati mondiali ha portato a molteplici progressi nella teoria delle scienze regionali. La dimensione spazio ha assunto un ruolo fondamentale per spiegare sia le basi della localizzazione produttiva che l’organizzazione dell’attività economica (Courant – Deardoff, 1993). Ci troviamo di fronte ad un vero e proprio sviluppo di una teoria spaziale dell’economia regionale e del commercio interregionale dove la localizzazione rappresenta una variabile endogena per impresa e lavoratori-consumatori. I nuovi modelli analizzano il commercio interregionale, infatti l’integrazione economica e la larga estensione del libero commercio nel Nord America stanno riducendo il commercio da internazionale a interregionale. Vi è, inoltre, un nuovo modo di guardare ai temi dell’economia internazionale, specie quelli relativi all’impatto della liberazione del commercio o dei processi di integrazione. La presenza di rendimenti crescenti, della concorrenza imperfetta, di equilibri multipli, il ruolo decisivo assegnato alla storia, alla profezia che si auto realizza e alla futurologia costituiscono i principali elementi che rendono la teoria economica attuale diversa da quella passata. Questo nuovo approccio permette di analizzare il fenomeno delle concentrazione produttiva e dei fattori che ne determinano il suo perpetuarsi.
La concentrazione della produzione è una delle caratteristiche principali dell’attività economica moderna. Il legame tra industrializzazione e agglomerazione è stato a lungo riconosciuto dagli economisti. Le teorie di Myrdal (1957) identificano una fondamentale interdipendenza tra la crescita e la concentrazione industriale, così le recenti teorie formalizzano i processi cumulativi che caratterizzano questa interdipendenza. L’agglomerazione risulta in primo luogo dalla esternalità pecuniaria associata ai rendimenti crescenti e dalla presenza dei costi di trasporto. Le imprese si concentrano per economizzare sui costi fissi, concentrando la produzione in un’unica sede e localizzandosi vicino al mercato più ampio. Rendimenti crescenti e costi di trasporto sono gli elementi significativi dei modelli teorici più recenti. L’interazione tra queste due variabili determina infatti la localizzazione ottima.
Detto questo vogliamo anche ricordare come lo studio dei fattori caratterizzanti la piccola impresa risulta essere, oggi, un imprescindibile punto di partenza per un’analisi congrua delle dinamiche di nascita ed evoluzione di un distretto produttivo. E così mentre da una parte crediamo sia giusto organizzare e strutturare il territorio crotonese in modo da creare le condizioni per la nascita di un distretto, dall’altra ci sembra opportuno in questa sede brevemente analizzare il tema del nostro discorso.
Quando si parla di distretto industriale si può far riferimento sia a P. Bersani che lo definisce “un particolare raggruppamento di imprese specializzate in un complesso processo produttivo e strettamente legate al sistema di relazioni sociali, istituzionali e ambientali, instaurate, sedimentate e strutturate nel tempo e nello spazio tra gli attori presenti sul territorio e il territorio stesso” sia a G. Becattini che lo descrive come “un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali, nella quale, a differenza di quanto accade in altri ambiti (come, ad es., nella città manifatturiera), le comunità e le imprese tendono, per così dire, ad interpenetrarsi a vicenda”.
Emerge, subitaneamente, nel ruolo di centro gravitazionale del distretto industriale stesso, la dimensione della piccola impresa, la quale diventa, così, con i propri punti di forza e di debolezza, nucleo essenziale d’analisi.
Ad evidenziare, così, come la piccola impresa risulti forma di organizzazione produttiva alla base del distretto industriale, è utile riportare, brevemente, il fondamentale contributo fornito in materia da Alfred e Mary Marshall, i quali, già nel 1879, elaborarono per primi il concetto di distretto industriale per mostrare e dimostrare l’esistenza di una forma di organizzazione della produzione alternativa a quella fondata su stabilimenti sempre più grandi, comprensivi, al proprio interno, dell’intero ammontare delle fasi caratterizzanti un dato processo produttivo; essi connotano infatti il distretto industriale come un diverso sentiero di industrializzazione basato sulla concentrazione territoriale di molti piccoli stabilimenti e attività localizzate, la cui peculiarità risiede nel fatto che essi includono, intendendolo come forza produttiva che va a comporsi con i fattori produttivi combinati dall’imprenditore, il “territorio su cui insiste la produzione, con tutta la sua storia, la quale si rivela nei valori, nelle conoscenze, nei costumi e nelle istituzioni tipici del luogo” (G. Becattini). Per quanto, apparentemente, il porre l’accento sull’importanza delle caratteristiche storico-sociali del territorio sul quale la produzione insiste potrebbe evocare chiusura e provincialismo, tale concettualizzazione del distretto va oltre la specificità economica, evidenziando il grande ruolo sociale svolto dal distretto stesso; infatti, il successo di un distretto industriale è un fenomeno caratterizzato dal forte interscambio orizzontale tra i vari componenti dello stesso territorio e con l’esterno, un interscambio in grado di strutturare il legame di solidarietà della comunità locale e di facilitare la messa in rete di conoscenza.
Detto ciò ci è sembrato opportuno intervistare su tali argomenti il prof. Domenico Cersosimo, docente UNICAL.
D: Su quale settore o attività economica si potrebbe investire in una realtà come Crotone?
R: A mio avviso non c’è il settore specifico sul quale investire. Si deve invece tenere in giusta considerazione il background personale e l’esperienza accumulata dalle singole persone. Il consiglio che mi sentirei di dare è quello di cercar di raschiare il barile cioè di individuare le sedimentazioni imprenditoriali e culturali dell’area e da lì partire.
D: Secondo lei non c’è quindi un vero e proprio settore sul quale puntare?
R: Se ci fosse tale settore tutti si rivolgerebbero ed investirebbero in esso. Facendo tutti gli stessi investimenti, naturalmente, i livelli di profitto si abbasserebbero, rendendo tale settore poco attraente.
D: Quale è il suo consiglio per sviluppare l’area crotonese?
R: Il problema non è tanto quello di individuare il settore che determina il profitto, ma provare a ragionare sulle singole esperienze. Analizzando la matrice intersettoriale locale e partendo da tale matrice, si potranno individuare, sia i probabili spazi, sia i possibili investimenti da fare nella matrice attuale. Soprattutto quegli investimenti che vanno a completare, integrare e riempire i vuoti della matrice esistente. Io le potrei dire che il settore del futuro è il settore della telematica, ma se nessuno sa fare telematica è poi difficile che qualcuno si metta a fare telematica. La cosa migliore è provare a fare le cose che si sanno fare o comunque che si è imparato a fare. Per usare una espressione tecnica partire dal “saper fare taciti” cioè da quei saper fare contestuali che si sono stratificati nel giro di qualche decennio e da lì partire verso un nuovo sviluppo. Bisognerebbe rendere appetibile l’area di Crotone: da una parte favorendo l’uso di strumenti esogeni e dall’altra creando la possibilità per investimenti endogeni. Sarebbe anche assai interessante riuscire a maturare nell’area di Crotone le competenze, il sapere cognitivo, scientifico ed imprenditoriale.
Sono sempre più convinto che nel crotonese ci sia la possibilità, più che in altre parti, di uno sviluppo del settore agro-alimentare. Occorre, inoltre, cominciare a costruire modelli di marketing territoriale.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 14 del 08/04/2006

lunedì 20 aprile 2009

Crotone&Immigrazione 4


Il Mediterraneo: sistemi di equilibrio, multiculturalità e integrazione


di Romano Pesavento ed Eliseo Pantisano

Da decenni sentiamo parlare del mar Mediterraneo come qualcosa che evoca o effettivamente rappresenta un’unità, un insieme geopolitico, un’area culturale ed economica complessa, ma unitaria. Quando diciamo Mediterraneo, non pensiamo soltanto al mare o ai paesi che vi si affacciano, ma ad un insieme di popoli, lingue, religioni. Fino a qualche decennio fa, sicuramente fino alla fine della seconda guerra mondiale, la situazione del Mediterraneo poteva essere descritta così: c’erano diversi popoli, con una loro storia millenaria, con una forte identità culturale, con una loro lingua, spesso sostenuta da un significativo patrimonio letterario, e una religione. Oggi, questa situazione di “equilibrio”, non esiste più. Le condizioni sono radicalmente cambiate, almeno per due motivi: innanzitutto, ci sono sistemi di distribuzione e commercializzazione della cultura fortemente centralizzati; inoltre, in tutto il Mediterraneo, con differenti capacità di acquisto, esiste una certa disponibilità di denaro per accedere al mercato e acquistare beni materiali. Per effetto di queste due condizioni, la situazione di equilibrio non regge più.
Questa nuova situazione determina un nuovo rapporto fra quella che viene ormai definita la cultura globale e le cosiddette culture locali: le singole realtà che si affacciano sul Mediterraneo esprimono un’accettazione della cultura globale, perché essa consente l’adattamento al cambiamento in forma rapida, ma esprimono anche un forte attaccamento alle singole eredità culturali. L’ipotesi di una cultura globale del Mediterraneo, si alimenta anche grazie al flusso di persone che si spostano da un paese all’altro, emigrati, turisti, rifugiati, esiliati. Non è più il vecchio movimento della popolazione che, in tempi ormai lontani, si trasferiva dalle campagne verso le fabbriche, urbanizzando territori ospiti; si tratta invece di una nuova mobilità, che avviene con modalità diverse dal passato, in cui l’Italia sta svolgendo un ruolo protagonista, di paese cerniera, di paese avamposto dell’Europa nei confronti del bacino del Mediterraneo. E i recenti fatti di cronaca confermano questa condizione: i continui sbarchi di immigrati clandestini, che arrivano sulle coste italiane, dopo aver rischiato, e, in alcuni casi, perso la propria vita. È ovvio dunque che il sistema di equilibri linguistici, religiosi e culturali raggiunto nei secoli precedenti, si mostra inadeguato a reggere questa nuova situazione. Oggi la tendenza è quella del “riequilibrio”, della ricerca di una collocazione nel nuovo contesto, con l’intenzione di conservare la propria cultura d’origine.
Solo rafforzando la cooperazione fra i paesi del Mediterraneo, si può contribuire a favorire lo sviluppo di queste zone e a creare un nuovo rapporto di equilibrio. Questa potrebbe essere una via da percorrere per controllare i flussi della pressione migratoria, che è irragionevole pensare di poter contenere attraverso chiusure di frontiere o interdizioni militari, con un paese che ha migliaia di chilometri di coste!
Parlando di cooperazione, si potrebbe citare una frase di Claude Levi-Strauss:
«[…] Le varie culture non si ignorano, all’occasione si scambiano prestiti, ma non per dissolversi, hanno bisogno che sotto altri rapporti sussista fra loro una certa impermeabilità». Ed è proprio su questa “impermeabilità” che si dovrebbe basare il processo di integrazione in atto fra diverse culture e diversi popoli, su questa capacità di mantenere la propria identità, pur entrando in contatto con persone diverse. È rilevante l’affermazione di Levi-Strauss in merito alla necessità di mantenere questo legame con altre nazionalità ricreandolo sotto altri rapporti, cercando la maniera di convivere senza ignorarsi reciprocamente, ma instaurando un rapporto di mutuo e scambio. Il fenomeno del multiculturalismo deve dunque favorire le politiche di integrazione, attuando una sorta di “programmazione educativa multiculturale”. Questo significa che ogni cittadino ha bisogno di essere “educato” al rapporto con l’altro, alla convivenza civile con culture e stili di vita differenti dai propri. Un tale processo non si delinea certo come un facile compito, ma occorre cominciare a percorrere questa strada, piuttosto che continuare ad ignorare, volutamente o inconsapevolmente, una realtà che ormai è quotidianamente sotto ai nostri occhi.
Come crotonesi, non possiamo voltare le spalle e far finta di non vedere quanto accade di fronte a noi. La città di Crotone è una delle diverse realtà che si affacciano sul Mediterraneo; essa non può dunque far a meno di essere investita da tutti i cambiamenti che stanno interessando l’area del Mediterraneo. Gli stessi movimenti migratori coinvolgono ogni giorno la provincia crotonese e apportano continue modifiche agli equilibri esistenti sul territorio. Spesso, tali equilibri rischiano di venir compromessi a causa della scarsa volontà di venire incontro alle altre culture e, molto più spesso, a causa dell’incapacità di comprendere a pieno tutte le implicazioni che stanno dietro a termini come multiculturalismo e integrazione.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XII n. 37 del 17/09/2005

sabato 18 aprile 2009

Crotone&Economia 9

A scuola di distretto con il prof. Leone Leonida dell’Università Queen Mary


Le imprese nel crotonese sono scarsamente integrate fra di loro


di Romano Pesavento

Nell’economia neocapitalista esistono due importanti approcci alle politiche di sviluppo regionale. Il primo di tipo protezionistico reputa necessari interventi economici a difesa delle regioni più deboli salvaguardandole dalla competitività internazionale. Esso teorizza una politica regionale tesa a concentrare i propri sforzi nel favorire grossi trasferimenti di natura finanziaria dalle regioni più sviluppate a quelle meno sviluppate, al fine di ridurre i costi dei fattori e di sostenere la competitività di prezzo delle imprese. Questa politica sostiene che tra i principali problemi presenti nelle regioni arretrate vi è la mancanza di lavoro qualificato. Da ciò ne consegue che egli strumenti adoperati sono principalmente basati su: sussidi alle imprese, trasferimenti alle famiglie etc..
Il secondo approccio nato sul finire degli anni ’80 e sostenuto da economisti come Konsolas N., Scott A.J., Storpe M., Vazquez Barquero A., Biehl D., basa le proprie teorie di sviluppo regionale su modelli di tipo endogeno e a rete.
Tali teorie presuppongono che tra i problemi delle aree arretrate vi sia un’assenza di imprenditorialità, di innovazione, di know how specifico e di internazionalizzazione. La strategia è quella di orientare la politica regionale al mercato e ai criteri di efficienza economica. Si ha quindi come obiettivo principale quello della diminuzione dei costi di aggiustamento e di transazione. Per raggiungere tali scopi si ipotizzano strumenti quali una maggiore offerta di servizi alle imprese, una cooperazione interregionale e politiche di strategie territoriale. Teorie ancora più avanzate si hanno nella modellistica di Krugman J., Fujita M. e Mori T.. Lo stesso Krugman prende in esame la perifericità in cui molte aree arretrate si trovano rispetto ai mercati internazionali e le particolari curve dei costi di transazione dalle quali traspare l’impossibilità per tali zone di competere.
Da tali teorie si constata che generalmente dove ci sono economie di scala prevalgono di solito forze di concentrazione.
A tal proposito considerando il caso della Calabria e consci di alcune ricerche svolte sul territorio regionale ci siamo rivolti al prof. Leone Leonida della Queen Mary, University of London.
D: Si parla molto di distretti. A volte li vedono anche dove non ci sono. Una delle loro caratteristiche è l’integrazione tra imprese. Come vanno le cose nelle zone che hai studiato?
R: Nella letteratura sui distretti si fa riferimento in generale a una forte integrazione tra le imprese. Spesso i distretti sono definiti in base a un prodotto, alla specializzazione delle imprese o sul prodotto finito o su componenti dello stesso. L’integrazione, inoltre, si esprime anche con la diffusione delle innovazioni e delle informazioni. Applicando queste definizioni al nostro sistema siamo ben lontani dall’esistenza di distretti, ma anche dalle possibilità di sviluppo. Ma questo in un certo senso ci impedirebbe anche di spiegare qualche risultato, soprattutto per quel che riguarda le imprese di successo.
Anche in questi casi infatti le imprese sono scarsamente integrate tra loro (manifestano, ad esempio, una forte dipendenza dall’esterno, nell’approvvigionamento di materie prime, semilavorati e soprattutto macchinari) e svolgono al proprio interno tutte le fasi della produzione. Il problema è che spesso gli strumenti analitici utilizzati sono quelli che hanno validità per altre realtà e non per la nostra zona. Ad esempio, un approccio analitico basato sul distretto Marshalliano – spesso utilizzato per lo studio delle imprese dell’area Nec (le regioni del Nord-Est)- non consente una adeguata valutazione del fatto che le imprese nel consentino e nel crotonese sono scarsamente integrate tra loro, hanno cioè una scarsa comunicazione per quanto riguarda sia il flusso dei beni che quello delle informazioni. Anche un approccio analitico, più di derivazione hirschmaniana, che privilegia le connessioni di produzioni – cioè la capacità delle imprese esistenti di determinare il sorgerei altre imprese – comporta una sottovalutazione di tutti gli altri fattori che determinano il sorgere di altre imprese.
In effetti ambedue questi approcci, sottovalutano la capacità degli imprenditori locali di cogliere ogni particolare e sia pur atipica opportunità di profitto presente in una realtà dominata dal persistere di elementi di arretratezza e dall’assenza di economie esterne. Essi non consentono di evidenziare la capacità degli imprenditori di rapportarsi alla realtà cioè di mostrare quello che proprio Hirschman ha sostenuto: “lo sviluppo è la storia di una cosa che conduce ad un’altra cosa”.
D: Ma cosa c’è quindi? Quali elementi nuovi di sviluppo si possono notare dalla tua analisi?
R: Una delle caratteristiche più interessanti dell’intero sistema – che accomuna sia l’insieme delle imprese che quello degli imprenditori – è una espansione e alla diversificazione che si esplicita anche con iniziative diversi da quello manifatturiero. In alcuni casi si commercializzano beni prodotti da altre imprese; in altri si realizzano o si intendono realizzare investimenti e nuove linee produttive connesse ad attività dello stesso settore; e in altri, infine, si estende l’attività in settori completamente diversi (es. servizi alle imprese o settore agricolo). In una situazione difficile insomma questi imprenditori mostrano una capacità notevole nel cogliere opportunità di profitto nonché adeguata propensione al rischio.
D: Secondo lei le politiche di incentivazione danno risultati positivi?
R: Questo processo di diversificazione produttiva – del tutto diverso da quelle aree di antica e soprattutto di più recente sviluppo industriale – trova origine anche nel fatto che le politiche economiche nazionali non hanno assecondato le potenzialità di sviluppo e le progettualità locali. Più specificamente, le politiche di incentivazione, che hanno avuto un peso del tutto marginale, hanno non solo determinato il persistere di elementi di arretratezza e, cosa ancor più grave, hanno svilito o snaturato la capacità imprenditoriale che continua a rappresentare un carattere strutturale dell’economia, anche se assume forme del tutto particolari. Ne deriva che oggi l’impresa tipo crotonese, cosentina può –con un’immagine – essere paragonata ad un albero costretto a cercare spazio e risorse vitali in un ambiente che non consente la normale esplicitazione delle sue potenzialità di crescita (ad esempio un pino in un faggeto). E così come l’albero crescendo si deforma, anche l’impresa tipo crotonese, cosentina nel suo nascere, sopravvivere ed espandersi si deforma. Ma il deformarsi per sopravvivere evidenzia una forte vitalità, una forte capacità di sopravvivere in un ambiente ostile. E quanto più accentuate sono le deformazioni tanto più forte è la vitalità.

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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazionee cultura, Anno XIII n. 13 del 01/04/2006

venerdì 17 aprile 2009

Crotone&Società



CGIL: La camera del lavoro compie cent’anni. Ricordi e dati

Buon compleanno CGIL!!!!!!

di Romano Pesavento

Cara vecchia compagna CGIL sono trascorsi già cento anni dalla tua nascita. In tutto questo tempo, tante lotte, manifestazioni sono state fatte sotto il tuo nome per affermare i diritti delle classi più deboli (contadini, precari, operai, muratori, etc.). E così la tua bandiera si alzava sempre più in alto, là dove c’era un diritto calpestato o un lavoratore sfruttato. Non voglio in questo articolo dilungarmi nel ripercorrere tutte le tappe storiche, già per altro ampiamente trattate in questi giorni da storici e giornalisti, ma colgo, invece, l’occasione per ricordare alcuni dei momenti più importanti della vita della Camera del lavoro di Crotone.
La CGIL di Crotone nasce il 1 marzo 1914 a seguito di una manifestazione tenutasi presso un quartiere della città chiamato: il lamione. Il suo fondatore si chiama Enrico Mastracchi. Ferrovieri, panettieri, pescatori, contadini e muratori furono le prime classi sociali ad organizzarsi nel nostro territorio sotto forma di leghe. Nel corso della prima metà del ‘900, il sindacato sarà sempre in prima linea per far affermare i diritti dei contadini. Sono, infatti, gli anni (1919-1922; 1943-1950) della lotta per la conquista della terra. E’ inutile sottolineare la drammaticità di questo periodo: l’avanzata del terrore nero, il fascismo in Italia ed il nazismo in Germania, la soppressione del 1 maggio (festa del lavoro) e della libertà sindacale, la guerra di liberazione, l’assassinio di Giuditta Levato, l’eccidio di Melissa. In merito alla soppressione del 1 maggio voglio far presente che proprio in quell’occasione gruppi di compagni continuarono a festeggiare clandestinamente tale data in località Montagnella a Carfizzi.
Il 1 Maggio del 1945 e del ’47 furono due momenti particolarmente significativi della storia italiana: la prima data rappresentò, infatti, la ripresa della celebrazione della festa del lavoro; la seconda l’eccidio di Portella della Ginestra.
Per quanto riguarda l’eccidio di Melissa, ricordiamo che in tale scontro persero la vita Agelina Mauro, Francesco Nigro e Giovanni Zito.
Il dopoguerra fu un periodo alquanto tranquillo. Infatti, l’estromissione delle sinistre dal governo del paese causò anche a Crotone un lungo periodo di manifestazioni in difesa degli operai e dei braccianti. La CGIL è un organizzazione di popolo; il senso di una tale organizzazione è prettamente di tipo difensivo, ovvero rivolto alla difesa del contratto di lavoro, dei livelli occupazionali raggiunti. I bisogni immediati di tutela, l’iscrizione al partito comunista e l’orientamento politico di sinistra, insieme al potere contrattuale raggiunto favoriscono l’adesione al sindacato.
Naturalmente, la presenza nella zona di Crotone di industrie del calibro di Montecatini e Pertusola favorirono la nascita di una coscienza operai molto forte e rivoluzionaria. Tale periodo viene definito dal sociologo Accorsero “delle speranze extra sindacali di strumenti extracontratto”. In questo periodo prevale una razionalità politico-ideologica (che può essere assimilata alla razionalità di valore). E’ l’epoca dei leader carismatici.

Tab. 1 - Iscritti alla CGIL di Crotone suddivisi per categoria.

A supporto di quanto già detto, a questo punto forniamo qualche dato sulle iscrizioni alla CGIL crotonese e Calabrese. Nel 1951 gli iscritti al settore industria erano pari a 1.168 e rappresentavano il 40% degli iscritti complessivi all’organizzazione. Lo stesso anno la CGIL Calabria registrava 10.097 iscritti in industria pari al 24% del totale iscritti e 17.573 in agricoltura pari al 42%. Nel corso del decennio 1951-1961 mentre il numero degli iscritti al settore industriale andò leggermente diminuendo, quello dei braccianti agricoli, invece, segnava una crescita consistente su base territoriale ed una leggera flessione sul contesto regionale. Infatti, nel comprensorio crotonese gli iscritti in agricoltura passarono da un peso percentuale del 17% nel 1952 (651 iscritti) ad un peso percentuale del 54% nel 1961 (1.950 iscritti); mentre quelli in industria dal 40% (1.168 iscritti) si attestarono ad un 18% (648 iscritti). Stessa ed identico fenomeno accadde a livello regionale (Industria: 1952 – n. iscritti 13.231; 1961 – n. iscritti 5.948; Agricoltura: 1952 – n. iscritti 21.513; 1961: n. iscritti 16.291). In questa fase storica prevale, quindi, nel sindacato crotonese un modello che si può definire di classe (operai e braccianti). In merito a ciò, la politica di sindacalizzazione della CGIL crotonese è basata sull’offerta di identità politica, sulla propaganda, sul conflitto e sul sostegno agli operai delle fabbriche. Da notare che a Crotone, come in tutta la Calabria, non esistono ancora pensionati sindacalizzati, ma nel resto d’Italia se ne contano più di 300.000.
Dopo questa breve analisi, giungiamo adesso al decennio 1962/’73. E’ questo il periodo in cui fallisce il modello basato sull’ideologia, mentre prende piede la politica della contrattazione. Sono anche gli anni della lotta contro le gabbie salariali per l’equiparazione della condizione operaia tra il Nord e il Sud (nella nostra città si registra il minimo salariale più basso d’Italia), della strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), dei moti di Reggio Calabria, dell’ordigno che fece deragliare a Gioia Tauro la Freccia del Sud (22 luglio 1970), dell’approvazione dello Statuto dei lavoratori (20 maggio 1970). Inoltre, ricordiamo che proprio in questo intervallo temporale Montecatini e Pertusola cominciano a ridurre il proprio personale. Per tal motivo a Crotone, quindi, comincia a soffiare il vento caldo della protesta operai in difesa del posto di lavoro.
In merito agli iscritti nella Camera del lavoro crotonese, si registrano fasi altalenanti con il susseguirsi di diminuzioni e incrementi sia per quanto riguarda il settore industriale che per quello agricolo. Nel 1962 compare, inoltre, una cospicua rappresentanza di iscritti nel settore pensionati. Tale situazione si consolida anche su base regionale.
Il decennio 1974/ 1980 si può definire di stasi, in quanto cambiano le razionalità che avevano dominato i modelli di sindacato fino a quel momento: non più, o non tanto, una razionalità di tipo politico-ideologica e nemmeno contrattualistica, ma è il periodo in cui si consolidano due modelli di sindacato con caratteristiche diverse l’uno dall’altro: il modello assistenziale e il modello del pubblico impiego. E’ il periodo che segna sia l’accordo sulla scala mobile tra Agnelli e Lama che la sconfitta operaia del 1980. In Calabria e nel territorio crotonese aumentano gli iscritti alla CGIL. La Camera del lavoro di Crotone da 3.715 iscritti del 1973 passa a 9.883 del 1980. Gli incrementi si registrano principalmente nei due settori principali: industria e agricoltura.
Nell’intervallo di tempo 1981-1987 si respira aria di crisi economica (nel 1985 a Crotone cominciano le grandi manifestazioni a sostegno delle industrie chimiche crotonesi) e sindacale, anche se non tanto in termini numerici. Il patto di San Valentino del 1984 divide i sindacati confederali. Tutto ciò si ripercuote pure sugli iscritti crotonesi che da 12.997 del 1984 passano a 11.520. Nel 1987 la categoria dei pensionati supera per numero di iscritti (1984: 2800 isc.; 1985: 2800 isc.; 1986: 3.330 isc.; 1987: 3500 isc.) tutte le altre categorie e diventa la più importante della CGIL crotonese con un peso del 30% sul totale complessivo.
Gli anni ’88-92 sono caratterizzati dalla nascita dei sindacati autonomi. Malgrado ciò, la CGIL crotonese e calabrese registrano un incremento degli iscritti grazie all’azione di lotta e di assistenza ai lavoratori. A tal proposito Crotone da 13.383 iscritti del 1988 passa a 16.442 del 1992.
L’ultimo periodo 1993-2005 è caratterizzato da avvenimenti sia locali che nazionali molto importanti (6 ottobre 1993 fuochi dell’Enichem; la chiusura della Pertusola Programmazione negoziata e contratto d’area di Crotone; Patto sul lavoro, la manifestazione sulla bonifica dei siti industriali con il segretario generale nazionale Guglielmo Epifani il 5 marzo 2003 a Crotone, manifestazione del 23 marzo 2002 in difesa dell’art. 18, la manifestazione per la pace del 15 marzo 2003 aperta dalla CGIL di Crotone, il convegno della CGIL di Crotone del 16 settembre 2004, in cui vennero fissate le linee programmatiche per lo sviluppo infrastrutture materiali e immateriali nella provincia di Crotone etc.). Senza dilungarci molto possiamo ricordare che in tutte queste fasi la CGIL ha dimostrato grande professionalità e serietà nello stare più vicino possibile ai lavoratori. I segretari confederali che si susseguirono in questi anni dando lustro all’organizzazione sono Ciccio Sulla, Franco Mungari, Pasquale Aprigliano. Inoltre, voglio ricordare il grande contributo e sostegno alla CIL di Crotone fornito dall’agire sindacale dei segretari regionali Ferndinando Pignataro e Nino Zumbo.
In conclusione è opportuno fare alcune brevi riflessioni sulla struttura organizzativa (categorie e direttivi) della Camera del lavoro di Crotone. All’inizio del nostro articolo abbiamo parlato delle leghe. Anche a Crotone si costituisce nel primo ventennio del ‘900 la lega della Federterra. Tale organizzazione sarà soppressa durante gli anni del fascismo; riprenderà il 23 marzo del 1944 con la grande riorganizzazione di Bari. Il 1° Congresso della Confederazione della terra viene celebrato a Crotone il 17 ottobre del 1946. In tale occasione viene eletto il primo segretario. E’ una donna crotonese e si chiama Maria Marra. Altre date importanti per la CGIL di Crotone sono: il 17 marzo del 1947 periodo in cui si costituisce il sindacato degli alimentaristi della FILIA-CGIL; il 26 gennaio 1948 giorno in cui nasce la Federbraccianti CGIL; il 10 marzo 1960 si forma la FILZIAT-CGIL; il 26 gennaio del 1988 data in cui si istituisce la FLAI-CGIL dalla fusione di Federbraccianti e di FILZIAT. Nel 1998 la funzione pubblica di Crotone vince le RSU e sempre nello stesso anno, a maggio, viene istituito NIdiL, struttura che organizza i lavoratori atipici. Infine, voglio menzionare il grande contributo apportato in tutti questi anni dalla compagna Lucia Servello e dal coordinamento delle donne.
Per quanto riguarda, invece, i direttivi voglio infine ricordare alcuni di coloro che apportarono un grande contributo alla discussione democratica - dialettica per il riaffermarsi dei diritti dei lavoratori.
Direttivo del 1965: Ari Mario; Agostino Giovanni; Arcuri Salvatore; Caravelli Antonio; Cassano Giuseppe; Ciccopiedi Francesco; Casentini Gisberto; Federico Giuseppe; Forleo Antonio; Gordano Rosario; Godano Vincenzo; Grimaldi Rosario; Iozzi Pasqualino; Iorno Antonio; Liguori Gennaro; Napolitano Antonio; Olmo Nicola; Pistrese Oreste; Rodinò Rocco; Schipani Antonio; Signorelli Felice; Suppa Nicola; Torres Nicola; Varano Giuseppe; Voci Giovanni.
Direttivo del 1969: Arcuri Salvatore; Bilardi Giuseppe; Calvo Giuseppe; Campitelli Nicola; Caravelli Antonio; Colurcio Giovanni; Cosco Rosario; Cosentino Gisberto; Cosimo Delfino; Crupi Carmelo; Elia Giuseppe; Federico Giuseppe; Frisina Valerio; Giordano Rosario; Grimaldi Rosario; Guida Antonio; Iozzi Pasqualino; Liotti Lenin; Liperoti Francesco; Massaro Antonio; Muscò Giuseppe; Padula Angelo; Palucci Francesco; Pariano Luciano; Pignanelli Francesco; Piscitelli Antonio; Pizzuti Luigi; Puma Gaetano; Rodinò Rocco; Scipani Antonio; Scrivano Agostino; Signorelli Felice; Silvestri Francesco; Stampo Giuseppe; Suppa Nicola; Tedesco Saverio; Torres Nicola; Totino Salvatore; Turturo Ugo; Voci Giovanni; Vulcano Leonardo.
Direttivo del 1973: Borrelli Albino; Campitelli Nicola; Cassano Giuseppe; Ciurlo Domenico; Colurcio Giovanni; Cosco Rosario; Casentino Gisberto; Elia Giuseppe; Fabiano Ferdinando; Federico Ettore; Ferrari Carmelo; Gentile Antonio; Gerardi Pasquale; Geremicca Augusto; Gentile Antonio; Giordano Rosario; Grillo Pietro; Laterza Giuseppe; Manfredi Luigi; Martino Antonio; Masciari Giuseppe; Mazzà Pasquale; Nanci Gregorio; Nicoletta Antonio; Oliverio Adolfo; Pariano Luciano; Parino Cosimo; Pignanelli Francesco; Pistorese Oreste; Ragone Michele;Rodinò Rocco; Salvatore Vincenzo; Samà Francesco; Secreti Pietro; Senatore Francesco; Signorelli Felice; Suppa Nicola; Tommasini Luigi; Torturo Ugo; Vetere Francesco; Voci Giovanni; Vrenna Pietro.
Direttivo del 1977: Belvedere Salvatore; Bombardieri Nicola; Buttà Sergio; Carbone Guglielmo; Cavallo Francesco; Ciurlo Domenico; Cosco Rosario; Drago Rosario; Fabiano Ferdinano; Ferronato Silvano; Garofano Carmine; Giglio Franco; Iurato Giuseppe; Laterza Giuseppe; Lavorato Pietro; Lenza Enzo; Le Piane Pietro; Liò Giuseppe; Liperoti Luigi; Mangiarano Giuseppe; Marsala Giuseppe; Masciari Giuseppe; Mazzà Pasquale; Morrone Luigi; Muscò Angelo; Nanci Gregorio; Oliverio Antonio; Pesce Pasquale; Pistorese Oreste; Pugliese Venturino; Rizzati Salvatore; Rodinò Rocco; Senatore Francesco; Signorelli Felice; Sitra Sergio; Suppa Nicola; Tridico Giovanni; Torturo Ugo; Villirillo Rosario.
Direttivo del 2001: Aprigliano Pasquale; Carbone Egidio; Fantasia Amedeo; Gatto Antonio; Mrino Rosa; Taverniti Stefania; Aracri Antonio; Scicchitano Nicola; Sciumbata Antonio; Foti Fortunato; Siniscalchi Benedetto; Cortigliano Luigi; Gaetano Pino; Basile Domenico; Bitonti Antonio; Latorre Vanda; Leto Nicola; Labonia Armando; Pesavento Romano; Scigliano Pina; Parise Luigi; Cosco Antonino; D’Emiglio Rocco; Martino Vincenzo; Nunnari Aurelio; Russo Francesco; Grillo Francesco; Romeo Donatella; Cristofalo Amelia; Scigliano Antonino; Falbo Raffaele; Mongiardo Dino; Filice Alfonso; Marrazzo Francesco; Iacovino Nicodemo, Giglio Francesco; Bugnano Paolo; Lavigna Francesco; Pantuso Biagio; Denaro Domenico; Pantuso Adele; Servello Lucia; Todaro Domenico; Oliverio Adolfo; Pace Giuseppe; Amoruso Antonio; Scerra Guglielmo; Caruso Anna; Torromino Vittoria; Tassone Bruno; Cosco Rosario; Acri Basilio; Girardi Nicola.
Buon compleanno CGIL e cento di questi anni così intensi e proficui per la tutela dei lavoratori!!!

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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n.39 del 06/010/06.

Crotone&Infrastrutture 2

In attesa di un nuovo PRT (Piano Regionale dei Trasporti)……!


di Romano Pesavento

Lo sviluppo e l’integrazione europea di cui sono segni evidenti la crescita della mobilità, sia interna che internazionale, sono condizionati dall’adeguamento ed il potenziamento dei grandi sistemi di trasporto, da integrare nelle reti terziarie europee. Già negli atti della Conferenza Internazionale di Berlino, tenutasi dal 6 al 9 settembre del 1988, alla quale parteciparono 40 nazioni, si poteva intravedere dalle relazioni del prof. M. Frybourg di Parigi e del prof. K.M. Gwilliam dell’Università di Leeds, che il presupposto per una migliore integrazione e sviluppo dei mercati europei era basata su una più efficiente e articolata rete di trasporto. Entrambi gli studiosi evidenziarono la necessità da parte delle singole nazioni di effettuare un quadro generale sulla situazione del settore trasporti, grazie al quale poter effettuare una pianificazione territoriale delle reti di trasporto e della relativa gestione delle loro strutture.
In Italia un embrionale processo di pianificazione del sistema dei trasporti, per individuare le linee di intervento sul territorio nazionale, era già stato indicato dalla legge 245/84 e dalle successive approvazioni sia del Piano Generale dei Trasporti (PGT) con D.P.C.M. 10 aprile 1986 (aggiornato con DPR 29 agosto 1991), sia del Nuovo PGTL luglio 2000. Ciò trovava una relativa corrispondenza con e politiche comunitarie di sviluppo. A tal proposito prima la decisione del Parlamento e del Consiglio U.E. n. 1692/96 recante gli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN) e successivamente il quadro comunitario di sostegno (QCS) 2000-2006 hanno rappresentato solo alcuni fra i documenti principali. Nonostante l’attuazione di politiche nazionali e comunitarie, che innovavano e regolamentavano su linea generale il settore trasporti, per la regione Calabria si è dovuto attendere la seduta del Consiglio Regionale del 12 febbraio del 1997 per avere un Piano Regionale dei Trasporti (PRT). Esso anche se pone in un modo alquanto descrittivo le infrastrutture esistenti nella regione, manca in sostanza di un’adeguata programmazione e di una più efficiente integrazione logistica tra le diverse reti di trasporto territoriale e le infrastrutture esistenti.
Per tal motivo, oggi in presenza sia di nuovi scenari nell’area del Mediterraneo, sia della necessità di collegare i nodi e le reti con il Corridoio quinto e ottavo, occorre fornire al più presto la nostra regione di un nuovo PRT. Naturalmente alla base di tale documento ci dovrà essere l’accoglimento delle linee strategiche delineatesi nei piani provinciali dei trasporti.
A tal proposito la città di Crotone e il suo comprensorio presentano, oggi, un insieme di strutture viarie alquanto inadatte per il traffico. Da nostre indagini risulta infatti, che gran parte delle aziende che operano da tempo nel crotonese si trova ad affrontare giornalmente costi di trasporto proibitivi. Tutto ciò di certo non favorisce una serena crescita dimensionale delle imprese che risultano poco competitive sui mercati nazionali e sono costrette ad affermarsi esclusivamente sui mercati locali.
Bisognerebbe, quindi, effettuare importanti modifiche strutturali innanzitutto sulla rete di comunicazione. In particolare sulle due grandi arterie la SS 106 (E90) e la SS 107. La prima presenta, ancora oggi, caratteristiche di tracciato fortemente discontinue. Il traffico intenso è causa di un rilevante numero di incidenti anche mortali e l’attraversamento della rete in centri urbani e di aree a vocazione turistico-balneare non favorisce certo un efficiente scorrimento dei mezzi di trasporto pesanti.
I tempi di trasporto sono alti, come alte risultano essere le tariffe imposte dagli autotrasportatori. Necessitano cambiamenti strutturali, oltre quello di escludere i centri urbani dal tragitto dell’arteria anche un allontanamento dalla costa per favorire lo sviluppo. Vi è l’opportunità di un maggiore collegamento con le direttrici secondarie. È inoltre necessario in alcune tratte, data l’elevata frequenza del traffico allargare le corsie. La struttura necessita di una segnaletica stradale più adeguata e la creazione di aree di sosta più estese per i mezzi gommati pesanti. La seconda ha subito negli ultimi anni importanti cambiamenti che hanno favorito una più fluida viabilità. Nonostante tutto, essa presenta ancora notevoli difficoltà per la presenza di centri urbani lungo il tracciato dell’arteria. Per quanto concerne i vettori preferiti nel trasporto merce si può facilmente rilevare che le modalità usate dalle aziende sono la strada e la nave. Usando come campione due grosse realtà produttive crotonesi (ETA srl, Biomasse Italia spa) possiamo constatare, che i vettori utilizzati dalla Biomasse Italia e dall’ETA nell’approvvigionamento delle materie prime (Cippato di legno e tronchetti) sono principalmente la strada. Il flusso merci in arrivo (236.870 tonnellate nel 2004) a Biomasse Italia è per il 98% trasportato tramite il vettore strada ed il 2% utilizza l’intermodalità gomma/ferrovia, mentre per l’ETA (l’azienda compra la materia prima dalla FUELCO UNO srl, localizzata nelle vicinanze) il trasporto della materia prima avviene per l’80% per mezzo del vettore strada ed il rimanente 20% con l’intermodalità gomma/nave (molti sbarchi vengono effettuati presso il porto di Corigliano Calabro). Le merci arrivano prevalentemente dall’Italia (Biomasse Italia: 96% Calabria, 4% Altre regioni dell’Italia meridionale; ETA: 80% Calabria, 20% Estero).
Detto questo occorre adesso costatare come il porto industriale-commerciale abbia subito negli ultimi anni interventi che anziché mirare ad un’integrazione della struttura con il suo entroterra e con le altre infrastrutture, favorendone così una possibilità di sviluppo per l’intera zona crotonese, hanno avuto come scopo brevi effetti anticongiunturali. Necessita urgentemente sollecitare una più adeguata progettualità del traffico ed inserimento nelle strategie regionali di sviluppo.
Per quanto riguarda la ferrovia è interessante il piano di ammodernamento della tratta Catanzaro Lido-Sibari finanziato dall’Amministrazione Provinciale di Crotone, anche se una volta pronto tal strumento e finanziato con risorse comunitarie (POR Calabria 2000-2006, politiche di coesione 2007-2013) occorrerà sollecitare l’inserimento della tratta nelle reti TEN.
A nostro avviso necessità quindi che gli agenti sia essi politici che economici operanti sul territorio, si impegnino affinché tale discussione possa trovare giusta considerazione nella stesura del nuovo PRT.
-------------------------------------------------------------------------------------------------Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n.15 del 15/04/2006

giovedì 16 aprile 2009

Crotone&Economia 8

L’azienda Romano S.p.A. unica detentrice del monopolio del trasporto in provincia

Nell’anno 2005, l’azienda ha gestito 14 linee urbane e 65 linee extraurbane; di queste ultime, 16 linee sono esercite all’esterno


di Romano Pesavento


L’analisi che questa settimana proponiamo è il risultato dello studio proposto dal CIsuT di Reggio Calabria. Abbiamo voluto proporre questo studio, contenuto nel Piano di sviluppo del sistema ferroviario nella provincia di Crotone, perché pensiamo che sia urgente ridurre nella nostra area le posizioni di monopolio che alcuni vettori hanno nei confronto di altri. Occorre un rilancio della programmazione, che parta proprio dall’integrazione e dal potenziamento di tutti vettori: solo in questo modo si potrà evitare l’isolamento in cui la nostra terra si trova.
“Il trasporto collettivo extraurbano su gomma è operato nell’area di studio da una sola azienda concessionaria di autolinee: l’azienda F.lli Romano S.p.A., con sede a Crotone.
Al fine di poter analizzare in maniera dettagliata l’offerta di trasporto collettivo della F.lli Romano S.p.A. sono state condotte una serie di indagini specifiche volte all’acquisizione di informazioni relative a:
- percorso di ciascuna linea (con indicazioni di capilinea, fermate intermedie, lunghezze di andata e ritorno);
- calendario di esercizio relativo a ciascuna linea;
- tabella oraria di ciascuna linea (al fine di poter trarre indicazioni su frequenze e tempi di percorrenza dichiarati).
Nel complesso, e con riferimenti all’anno 2005, l’azienda gestisce 14 linee urbane e 65 linee extraurbane; di queste ultime, 16 linee sono esercite all’esterno dell’Area di Studio considerata.
Il parco veicolare risulta costituito da 204 autobus, di cui 167 sono utilizzati per le linee extraurbane.
I servizi sono erogati tutti i giorni feriali dell’anno, con frequenza maggiore durante il periodo scolastico. Le frequenze di esercizio delle linee esercite dall’azienda sono deducibili dalle relative tabelle orarie di marcia, nelle quali sono riportate, per ogni corsa di ciascuna linea, l’orario di partenza e di arrivo ai capilinea, nonché gli orari di passaggio in corrispondenza delle varie fermate.
In generale, le corse offerte possono essere distinte in:
- corse feriali, operative in tutti i giorni non festivi dell’anno, dal lunedì al sabato;
- corse scolastiche, effettuate soltanto nel periodo scolastico, dal lunedì al sabato;
- corse periodiche, svolte di lunedì o venerdì nei giorni non festivi.
Dall’analisi delle tabelle orarie di marcia delle suddette aziende si può riscontrare, inoltre, come le corse giornaliere relative ad una stessa linea possano seguire itinerari differenti.
Le tabelle 1.4.a-1.4.c riportano la descrizione di ogni singola linea extraurbana esercita all’interno dell’Area di Studio (49 linee). Sono riportati, per ciascuna linea, il codice numerico, l’indicazione del percorso seguito, il numero di corse esistenti e la cadenza di ogni singola corsa.
La tabella 1.4.d riporta invece la quantità di titoli di viaggio, distinti tra abbonamenti mensili, abbonamenti annuali e biglietti semplici, venduti su ogni linea extraurbana. Le linee 7001÷7009 sono in corso di definizione.
Tutti i dati sono relativi all’anno 2005.
La copertura spaziale delle autolinee F.lli Romano S.p.A., ovvero il territorio sul quale attualmente prestano servizio le suddette linee, è riportata in figura 1.1.
Tab. 1.4.a – Linee esercite dall’Azienda F.lli Romano S.p.A., anno 2005

FR: corse feriali LU: corse periodiche, lunedì non festivo
SCO: corse scolastiche VE: corse periodiche, venerdì non festivo

Tab. 1.4.b – Linee esercite dall’Azienda F.lli Romano S.p.A., anno 2005

FR: corse feriali LU: corse periodiche, lunedì non festivo
SCO: corse scolastiche VE: corse periodiche, venerdì non festivo


Tab. 1.4.c – Linee esercite dall’Azienda F.lli Romano S.p.A., anno 2005
FR: corse feriali LU: corse periodiche, lunedì non festivo
SCO: corse scolastiche VE: corse periodiche, venerdì non festivo

Tab. 1.4.d – Titoli di viaggio venduti dall’Azienda F.lli Romano nell’anno 2005
Fig. 1.7 – Copertura spaziale delle linee esercite dall’azienda F.lli Romano S.p.A.


Sistemi tariffari
Il sistema tariffario operativo per il sistema di trasporto ferroviario è calcolate su base chilometrica ed in riferimento alla classe di servizio.
La Legge n.59/97 (“Bassanini”) ha previsto il conferimento alle Regioni della responsabilità di programmazione e finanziamento di tutti i servizi di trasporto pubblico locali per giungere ad un’integrazione tra le differenti modalità di trasporto presenti nel territorio ed eliminare le sovrapposizioni e le tariffe difformi. In vista di tale obiettivo sono state introdotte da ogni Direzione Regionale/Provinciale di Trenitalia distinte tariffe di corsa semplice e abbonamento valide per gli spostamenti sui treni del Trasporto Regionale e sugli Espressi nell’ambito del proprio territorio.
Nelle tabelle 5.5.a-5.5.b sono riportate le tariffe di corsa semplice in vigore sulla rete ferroviaria calabrese. Per confronto sono inoltre riportate quelle relative alla vicina regione Sicilia.

Tab. 1.5.a - Tariffe per il trasporto ferroviario calabrese - Corsa semplice ordinaria (fonte: Trenitalia, 2006)



Tab. 1.5.b - Tariffe per il trasporto ferroviario siciliano - Corsa semplice ordinaria
(fonte: Trenitalia, 2006)


La relazione che lega la tariffa alla distanza chilometrica è rappresentata nella seguente figura.

Fig. 1.8 – Relazione tariffa-distanza per il sistema di trasporto ferroviario calabrese e siciliano


L’interpolazione interpreta bene gli scaglioni tariffari, che si possono approssimare alla retta di equazione lineare:

y=a+b*x
Con y tariffe in € e x distanza espressa in km.
Per l’accesso al servizio si pagano 0,8433 € per la prima classe e 0,5724 € per la seconda in Calabria.
Infine R2 rappresenta il grado di correlazione che indica la corrispondenza tra i valori stimati per la linea di tendenza e i valori reali (una linea di tendenza risulta più precisa quando il relativo valore di R2 è uguale o prossimo a 1).
Dalla figura emergono le differenze tra i costi di accesso alle reti ferroviarie; in particolare si può osservare come i costi di accesso alla rete siciliana siano pari al doppio dei costi di accesso alla rete calabrese sia per la prima che per la seconda classe. Tuttavia la tariffa di prima classe risulta essere inferiore sulla rete siciliana allorchè la distanza di viaggio supera i 60 km; anche per i viaggi in seconda classe le tariffe siciliane risultano più contenute, sia pure di poco, per distanze superiori ai 125 km.
Il sistema tariffario proposto all’utenza dalla F.lli Romano è quello in vigore sugli autoservizi pubblici in concessione regionale (Delibera della Giunta Regionale n.6326 del 15/12/1997, aggiornata dalla Circolare n. 4/2001 della Regione Calabria-Dipartimento Trasporti). Esso prevede i seguenti titoli di viaggio:
- biglietto di corsa semplice, valido per l’effettuazione di una sola corsa (in andata o in ritorno);
- biglietto di corsa semplice scontata, valido per i minori dai 4 ai 12 anni e gli anziani con più di 65 anni di età, i quali hanno diritto allo sconto del 50% sui biglietti di corsa semplice;
- biglietto di corsa andata e ritorno, valido per l’effettuazione in un unico giorno di una corsa completa (andata e ritorno);
- abbonamento settimanale, valido dal lunedì al sabato, che consente di effettuare n.12 viaggi sulla relazione corrispondente alla tariffa;
- abbonamento mensile, valido dal 1° all'ultimo giorno del mese solare, che consente di effettuare n. 54 viaggi sulla relazione corrispondente alla tariffa.
Le tariffe dei biglietti e degli abbonamenti attualmente in vigore sono scaglionate per fascia chilometrica, così come riportato in tabella 1.6.
Tab. 516 – Tariffe in vigore sugli autoservizi in concessione regionale

Fig. 1.9.a- Relazione tariffe-distanze per biglietti di corsa semplice, di corsa semplice scontata e di corsa andata e ritorno (sistema tariffario regionale)
Fig. 1.9.b - Relazione tariffe-distanze per abbonamenti settimanali e mensili (sistema tariffario regionale)


Dall’analisi delle rette interpolanti i dati della tabella 5.6, e rappresentate nelle figure 4.9.a-4.9.b, emerge che:
- la tariffa di una corsa semplice si compone di una quota fissa per l’accesso al servizio pari 0,418€ e di una quota variabile, data dalla distanza chilometrica moltiplicata per 0,0357 €/km;
- le due quote, fissa e variabile, della tariffa di una corsa semplice scontata sono pari a circa la metà di quelle relative alla tariffa di una corsa semplice;
- la tariffa di una corsa semplice andata e ritorno si compone di una quota fissa pari 0,4754 € e di una quota variabile pari a 0,0588 €/km per la distanza chilometrica;
- per un abbonamento settimanale occorre pagare una quota fissa pari 3,281 € e una quota variabile, data dalla distanza chilometrica moltiplicata per 0,2782 €/km;
- la tariffa di un abbonamento mensile si compone di una quota fissa pari 11,274 € e di una quota variabile pari a 0,9631 €/km per la distanza chilometrica.
In tutti i casi, l’andamento della relazione tariffe-distanze è di tipo lineare. Non si riscontra, come in altre regioni europee, una tendenza a ridurre il costo unitario sulle maggiori distanze.
Nel grafico seguente (fig. 1.10) si riporta il confronto tra le funzioni di costo per il trasporto ferroviario in Calabria e per il trasporto gommato, entrambi con riferimento alla tariffa di corsa semplice.
Si osserva come il trasporto su gomma presenti tariffe inferiori a quelle del trasporto su ferro, qualunque sia la distanza coperta."
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 48 del 08/12/2006