lunedì 16 giugno 2014

Global Warming

La complessa macchina del clima




Intervista esclusiva a Antonio NavarraPresidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici,
Affiliate Scientist del National Center for Atmospheric Research in USA, nonchè membro del Scientific Advisory Committee del Asia-Pacific Climate Center in Sud Corea





di Romano Pesavento


“Vedete quel puntino laggiù un po’ pallido? Quello siamo noi. Tutto ciò che può essere avvenuto nella storia degli esseri umani è accaduto in quel puntino: tutti i trionfi e tutte le carestie, tutte le guerre, tutti i maggiori progressi. È la nostra unica casa. E in gioco c’è questo. La nostra capacità di vivere sul pianeta terra.
Ci sarà un momento in cui le generazioni future si chiederanno: a cosa pensavano i nostri genitori? Perché non si sono svegliati quando ne avevano la possibilità? Prepariamoci sin d’ora a rispondere a questa domanda.” (tratto dal documentario Una scomoda verità, regia di David Guggenheim, USA 2006)
Come il nostro clima stia mutando e quali siano gli scenari futuri costituisce un interrogativo che si propone sempre più spesso nelle discussioni quotidiane e nei servizi giornalistici di testate / trasmissioni più o meno accreditate. Presso il CMCC (Centro Studi Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) di Bologna, ho avuto l’opportunità di intervistare il prof. Antonio Navarra, presidente del Centro, studioso di fama internazionale, in quanto Affiliate Scientist del National Center for Atmospheric Research in USA, nonchè membro del Scientific Advisory Committee del Asia-Pacific Climate Center in Sud Corea, e dialogare quindi con una delle massime autorità competenti in materia. Prima di incontrarlo, la sua segretaria mi ha fatto accomodare in una sala d’attesa. Qui ho subito notato che  la stanza disponeva di una scaffalatura contenente un’ampia scelta di riviste straniere e non sul clima. Allora, incuriosito, mi sono messo a sfogliarne alcune. Il tema era piuttosto comune anche a tutte quelle che ho avuto modo di visionare successivamente: qualcosa nel nostro sistema terra sta cambiando; crescita della temperatura globale; ghiacciai che si ritirano; disgelo del permafrost con un incremento delle frane; precipitazioni sempre più irregolari; aumento dei fenomeni meteorologi estremi (uragani, bombe d’acqua, mareggiate, trombe d’area); erosione delle coste; interruzioni di strade e danni a edifici ed interi paesi; biodiversità a rischio. Come interpretare tali, inquietanti, avvenimenti? La segretaria mi strappa alle mie riflessioni e introduce il professore Navarra, che, dopo una stretta di mano, si presta a “rivelare” alcuni aspetti di un clima divenuto  sostanzialmente incomprensibile.
      
In questi ultimi anni stiamo assistendo a cambiamenti climatici (global warming) di enorme rilievo che si riflettono in maniera consistente, sia sulla vita quotidiana di ognuno di noi, sia sul sistema economico. In base agli studi in corso nel vostro centro, quali prospettive future ci attendono?
Noi sappiamo che nell’ultimo secolo, a cominciare soprattutto dalla rivoluzione industriale, l’umanità ha acquisito la capacità di cambiare le caratteristiche e i componenti fondamentali del pianeta come l’atmosfera e  l’oceano, ma soprattutto l’atmosfera. Noi abbiamo agito in maniera drastica sulla composizione dei gas che la costituiscono. Questa modifica, ovviamente, è misurabile solo attraverso gli strumenti specializzati, quindi non è che un individuo, ad occhio, si accorge che l’atmosfera è diversa rispetto a duecento anni fa. Si tratta, infatti, di alterazioni che, in realtà, sono in termini assoluti molto piccole, ma che assumono un’importanza elevata dovuta all’impatto che  hanno sull’equilibrio generale del nostro pianeta.
In che cosa consiste questa modificazione a cui lei si riferisce? 
Consiste soprattutto nel fatto che l’uso estensivo dei combustibili fossili per la produzione dell’energia necessaria per lo sviluppo della nostra economia ha fatto sì che uno dei sottoprodotti della combustione dei combustibili fossili, che noi chiamiamo anidrite carbonica (CO2) e che cioè è il risultato della combustione di elementi che contengono carbonio, venisse introdotto massicciamente nell’atmosfera. Il carbone, il petrolio, le benzine, il gas, i combustibili biologici, come la legna, tutti producono in forma più o meno elevata anidrite carbonica; questa in parte viene riassorbita dal sistema biologico del pianeta e in parte finisce nell’atmosfera. Il pianeta non ce la fa ad assorbire tutta l’anidrite carbonica che noi produciamo, pertanto la concentrazione di questo gas è aumentata del sessanta percento dall’inizio dell’era industriale.
Perché  questo dato è così importante?
Perché l’anidrite carbonica è il gas che fa da termoregolatore della temperatura, soprattutto al suolo del nostro pianeta:  più anidrite carbonica c’è, più è alta la temperatura di equilibrio.
Attualmente vengono proposti alcuni modelli che stimano l’innalzamento delle future temperature da 2°, la più ottimistica, a 6°, la più catastrofica. In quest’ultimo caso, saremmo di fronte ad una situazione che ci porterebbe a cambiare il nostro habitat e stile di vita in modo irreversibile. Cosa ne pensa?
Guardi, la prima cosa è capire esattamente cosa fanno questi modelli. Noi siamo tutti abituati alle previsioni del tempo: sappiamo che ogni giorno in televisione c’è sempre qualcuno che ci illustra il tempo di domani. Quelle sono previsioni, cioè, sono affermazioni riguardo al futuro che si realizzerà. Quando andiamo a fare gli studi sugli effetti dei cambiamenti climatici, parliamo invece di scenari. Gli scenari non sono previsioni e sono futuri possibili rispetto alle ipotesi generali. Cosa vuol dire questo? Che gli scenari rispondono alla domanda: “Se nei prossimi cent’anni la concentrazione di anidrite carbonica è in un certo modo, cosa succede al clima?” Allora gli scenari rispondono a quella domanda. E’ chiaro che, se, per un qualunque motivo, l’evoluzione dell’anidrite carbonica anziché seguire quell’ipotesi di  scenario, si comporta diversamente, si verificherà ben altro rispetto a quanto previsto. I modelli sono costruzioni in cui noi abbiamo cristallizzato l’insieme delle nostre conoscenze scientifiche su come funziona il clima; sono, talvolta, inadeguate, ma rappresentano tutto quello che sappiamo sul clima. L’incertezza maggiore rimane per noi il fatto che ignoriamo, nei prossimi cent’anni, quale sarà lo sviluppo della curva dell’anidrite carbonica. Certo, se noi guardiamo indietro, possiamo notare con una certa facilità che  essa ha seguito sempre un certo andamento: non è mai diminuita.
Il vostro centro è anche specializzato nello studio delle correnti oceaniche. Dato che gli oceani rappresentano un fattore importante nello studio dell’andamento climatico, cosa si può dedurre dalla vostre ricerche effettuate?
L’oceano entra in queste considerazioni per un motivo principale: assorbe calore e, assorbendo calore, si espande; di conseguenza il livello dell’acqua tende a crescere. Più caldi sono gli oceani, più cresce il livello. Quindi l’incremento della temperatura aumenta la quantità di energia che viene intrappolata nella superficie, pertanto, un effetto proprio naturale è l’aumento del livello del mare. Dunque, in generale, l’aumento dell’anidrite carbonica provoca un aumento del livello del mare. Il livello del mare dipende, però, da tantissime altre cose: se si va in una baia del  mar Adriatico, è facile che l’andamento nel tempo del livello del mare di quella baia non sia lo stesso rispetto a  quello del golfo di Napoli. Benché a livello generale sia praticamente assodato che questo  fenomeno dell’innalzamento delle acque si realizzerà, fare delle ipotesi su quello che succede localmente al livello del mare è più complicato.
Quindi, se noi oggi osserviamo alcuni fenomeni meteorologici estremi (trombe d’aria, bombe d’acque, violente mareggiate), come quelli verificatisi a Crotone, nella Calabria ionica, non dobbiamo necessariamente collegarli al surriscaldamento della terra, come sostengono alcuni scienziati, spesso tacciati di allarmismo?
Il problema è sempre quello dell’attribuzione. Siccome qui parliamo di fenomeni statistici che quindi coinvolgono affermazioni su insiemi di fenomeni, il problema è sempre quello che si verifica quando c’è un fenomeno e  si vuole capire se  può essere attribuito a qualche causa precisa. Questo è più complicato e soprattutto è sempre un’operazione delicata dal punto di vista statistico. In generale dire che un fenomeno particolare dipende da una questione statistica non è corretto, però è chiaro che un andamento generale può creare situazioni che sono più o meno favorevoli. Il discorso più serio che si può fare sui cambiamenti climatici è precisare che il cambiamento climatico non   crea nuovi fenomeni, quindi la tromba d’aria ci poteva essere con e senza il cambiamento climatico, quindi, in tal senso non è causata dal cambiamento climatico. Però il cambiamento climatico può creare delle situazioni in cui fenomeni estremi sono più probabili.
L’estate torrida del 2003 e l’inverno eccessivamente mite del 2007 sono stati collegati in qualche maniera allo scioglimento della calotta artica e antartica. Qual è la sua opinione in merito?
Prima parlavo dei fenomeni statistici e allora il clima è come un ragazzino che salta su un tappeto elastico; mentre lui salta, i salti sono tutti diversi: uno è più alto, uno più basso, eccetera. Se si alza il tappeto elastico mentre lui salta, allora, improvvisamente, quelle altezze che vengono raggiunte raramente, vengono raggiunte con maggiore facilità; eppure lui salta allo stesso modo, ma qualcuno gli ha alzato il tappeto sotto. Questo è uno dei meccanismi che potrebbe innescarsi anche nel clima: esso varia sempre allo stesso modo, però, se, complessivamente, il clima si sposta verso una situazione più calda, allora quelle punte che prima venivano raggiunte solo raramente improvvisamente vengono raggiunte molto facilmente. Quindi quello che si  nota è che un fenomeno che prima succedeva una, due volte, ogni cent’anni, adesso capita dieci volte ogni cent’anni. In questo senso si parla di aumento degli eventi estremi.
L’uomo può intervenire per eliminare o moderare tali eventi nel tempo?
Dipende dal fenomeno, naturalmente, ma è chiaro che, se parliamo di fenomeni atmosferici, c’è poco che possiamo fare. Possiamo fare due cose: possiamo realizzare innanzitutto una politica di mitigazione, cioè ridurre la quantità di anidrite carbonica che immettiamo nell’atmosfera e questo è lo sforzo delle negoziazioni  internazionali sui cambiamenti climatici (la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite ecc.)  In secondo luogo, si possono mettere in campo delle strategie di adattamento. Consapevoli della probabilità di alcuni fenomeni, ci si prepara a fronteggiarli in modo che i danni  causati vengano ridotti, contenuti e diciamo alleviati. Questa è la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici. Entrambi i metodi sono in gioco adesso:  l’Italia sta approntando la strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici. E quindi penso  che ne sentiremo parlare molto nei prossimi anni.                     
Consigli per le future generazioni.
Il consiglio è molto semplice: studiate, l’ignoranza ha un prezzo. Spaventoso.         


Pubblicato sulla rivista  la Provincia Kr n.3-4 ANNO XXI /Aprile-Maggio 2014