venerdì 3 aprile 2009

I viaggiatori a Crotone 16




“E il lungomare. Certo, è stato ristrutturato in modo che quando piove si allaghi. Ma è bello. È decorato da giovani belli. Con begli abiti firmati. Che bevono bei drink, in bei pub, su un bel mare”


Luca Bottura, giornalista de l’Unità e seguace del noto scrittore Michele Serra, a Crotone alla scoperta del contesto malavitoso


“Ma la ricognizione regala altri momenti significativi: il pellegrinaggio all’enorme gladio in marmo che sovrasta la città dall’alto di Parco Pignera, sorta di simbolo fallico che soprattutto di notte emerge in tutto il suo turgore. E poi piazza De Gasperi, col suo giardinetto a forma di svastica. Il terribile palaMilone con la sua insegna che sembra disegnata da Marinetti in acido.”



di Romano Pesavento


Luca Bottura, giornalista de L’Unità, nonchè seguace del noto scrittore Michele Serra, giunse anche lui nella nostra città nei primi giorni di agosto del 2005. Il suo viaggio iniziò a Ventimiglia, ripercorrendo i sentieri e le città che vent’anni prima il suo maestro Serra aveva visitato. La rubrica che ne nacque fu pubblicata da l’Unità ed intitolata: Tutti al mare: vent’anni dopo. Alla nostra città è dedicata la puntata del 7 agosto 2005. Non credo che leggendo il seguente estratto il lettore possa sorridere e leccarsi i baffi con la medesima soddisfazione con cui, magari, penerebbe ad una profumata cotoletta o ad un piatto di covatelli alla crotonese. Certamente, resterebbe basito e addolorato nel riscontrare che, ancora una volta, chi arriva a Crotone rimane sconvolto dalla qualità della nostra “organizzazione sociale” e dai “pittoreschi” personaggi che vi gravitano intorno. Adesso lasciamo spazio alle parole di un altro “estraneo” e “facciamoci del male”, non tifando Juventus durante l’incontro tra la blasonata squadra ed il nostro povero Crotone, ma guardando fino in fondo la nostra mediocrità.
“Non scriverò mai, per esempio, che poco tempo fa da queste parti la ‘ndrangheta ha fatto saltare un pregiudicato con un bazooka, e che dunque la sicurezza anabolizzata del Valtur profuma un po’ di Coumbia. O che sembra di stare in un film di Tarantino. Anche perché ho un piano B, perlustrare l’altro villaggio turistico che dà lavoro a decine di crotonesi: il Cpt per immigrati che sta di fronte all’aeroporto. Fa capo alla Misericordia, una Onlus cattolica, e non alla Valtur. È più recente, perché finito di costruire un anno e mezzo fa. È meno capiente 120 reclusi al massimo. Ma non meno facile da visitare. Ne sa qualcosa il presidente della Regione Loiero, che pochi mesi orsono fu respinto e dovette ripresentarsi il giorno successivo.
Naturalmente non va meglio al cronista, ma almeno mi ritrovo l’opportunità di conoscere Serafino Scalise, poliziotto, segretario del Silp CGIL. Che si batte pubblicamente per rendere decenti le condizioni di chi dentro al centro è trattenuto, e anche di chi ci lavora. Agenti che vengono comandati a rimpatriare i clandestini mentre magari servirebbero sul territorio, visto gli organici di polizia sono gli stessi di quando l’immigrazione manco si sapeva cos’era. Insomma – abbozzo a Scalise, esprimendomi in tardo democristiano – finisce che per combattere la criminalità mancano uomini e mezzi. Lui mi fulmina amorevolmente: “Uomini e mezzi ci sono – sorride – manca il contesto”. Poi me lo spiega, il contesto: “Qualche giorno fa, una pattuglia impegnata in un inseguimento ha trovato un’auto in doppia fila che faceva da tappo. Quando finalmente sono riusciti a passare, il collega ha abbassato il finestrino e ha richiamato il tizio che non si era spostato: “Poi ti mandiamo la contravvenzione a casa”. Quello non ci ha visto più: “ammia?”. E s’è lanciato all’inseguimento della volante”. Com’è finita? “Gli ha tagliato la strada, li ha fermati. I poliziotti sono scesi e c’è stata una colluttazione. La sera al telegiornale locale c’erano le interviste dell’assalitore: raccontava di aver subito un’aggressione. Un eroe, praticamente”. Vado a cercare altri lumi sul famoso contesto da un collega di Scalise: solo sindacalista, non poliziotto. Ma a Crotone basta per essere in prima linea. Perché se difendi i diritti di chi lavora, affondi ipso facto le mani nella zona grigia che sta tra l’imprenditoria e l’indicibile.
Alla sede della Cgil c’è ancora Di Vittorio alle pareti. E sbarre alle finestre. Anche se siamo al primo piano. Il mio uomo si chiama Romano Pesavento, ha una trentina d’anni, una Lacoste verde e un papà del nord che ha studiato con Curcio e Rostagno. In una mezz’ora lucida e appassionata, mi fa il Bignami della Crotone p.M, cioè post Montecatini, il gigante chimico imploso una decina d’anni fa insieme a tutto l’indotto, trascinando nel nulla 1200 famiglie. E’ questo: ferrovia a un solo binario, una sola strada verso Taranto e Catanzaro “che basta un funerale per bloccarla”, 23 per cento di disoccupazione ufficiale, lavoro nero come istituzione, una sola agenzia interinale in città “ché il posto te lo trovano altre persone”, l’usura della ‘ndrangheta “che non ti strozza ma rileva l’azienda”, l’abusivismo che dilaga e lambisce pure l’area marina protetta di Capo Rizzuto, Antonello Venditti... So cosa pensate: poveretti, anche Venditti. Ma stavolta, solo stavolta, vi sbagliate. “E’ venuto in concerto a Capo Rizzuto – racconta Romano – e ha avuto la brillante idea di scagliarsi contro l’abusivismo. Che bel mare avete, ha scandito al microfono. Peccato tutto quel cemento. E’ la rovina della Calabria. Improvvisamente la piazza s’è zittita. Allora Venditti ha provato a mediare: se proprio dovete farle abusive, fatele belle. Qui si vedono certe cose… Ma la gente se ne stava già andando”. Romano mi introduce al suo capo: Pasquale Aprigliano. Ex sindaco di un paesino di Cosenza, sta qui da dieci anni. Look e disincanto da Marlboro man. “Cosa occorre per fare il sindacalista qui? Peli sullo stomaco e coglioni nel ghiaccio”. Poi esemplifica: “Il contratto d’area, per dire. Poniamo che l’imprenditore intaschi i soldi d’incentivo e poi assuma trenta persone invece delle cinquanta che la legge gli impone. Io devo denunciarlo. Il risultato però è che gli revocano il finanziamento, quello chiude, e anche i trenta assunti restano a casa. Devo scegliere tra una violazione e un disastro sociale però…”. Però? “Però fatti un giro per Crotone. Pellicce, gioielli… non è terzo mondo. I soldi liquidi non mancano. Il rischio è smettere di chiedersi da dove vengano”. Uscendo, la delusione: nemmeno una pelliccia. Forse il fatto che siamo in agosto un po’ influisce. Ma la ricognizione, grazie a Romano, regala altri momenti significativi: il pellegrinaggio all’enorme gladio in marmo che sovrasta la città dall’alto di Parco Pignera, sorta di simbolo fallico che soprattutto di notte emerge in tutto il suo turgore. E poi piazza De Gasperi, col suo giardinetto a forma di svastica. Il terribile palaMilone con la sua insegna che sembra disegnata da Marinetti in acido. E il lungomare. Che, certo, conta pure un edificio storico dell’Ottocento raso al suolo per costruirci un albergo. Certo, è invaso dalle auto. Certo, è costellato di imperdonabili parabole che offuscano le residue palazzine liberty. Certo, ha qualche fontana sporca che non funziona. Certo, è stato ristrutturato in modo che quando piove si allaghi. Ma è bello. È decorato da giovani belli. Con begli abiti firmati. Che bevono bei drink, in bei pub, su un bel mare. Finisce così che tu e Romano vi guardate come Totò e Peppino alla stazione di Milano. Perché la ‘ndrangheta in fondo è come la nebbia: quando c’è, non si vede. E si chiama contesto.”



Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 44 del 10/11/2006

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