venerdì 3 aprile 2009

Pavese e la Calabria

Mito, magia e simbolismo nella Calabria di Pavese
Alla scoperta dei “luoghi” ionici attraverso lo sguardo del poeta piemontese

di Romano Pesavento
Passeggiando tra le campagne e le spiagge assolate, tra gli angoli remoti e gli sguardi greci degli abitanti, nel caldo abbacinante estivo di un piccolo paesino, Brancaleone Calabro, situato sulla fascia ionica non tanto lontano dal nostro territorio, non può che venire in mente agli amanti della letteratura la figura di un intellettuale piemontese: Cesare Pavese. Egli seppe cogliere sfumature e dettagli dei nostri luoghi e della nostra gente ancora attuali, vividi ed efficaci:“ La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca. Persino le donne che, a vedermi disteso in un campo come un morto, dicono “Este u’ confinatu, lo dicono e lo fanno con una tale cadenza ellenica che io mi immagino di essere Ibico e sono bello e contento. I colori della campagna sono greci. Rocce gialle o rosse, verdechiaro di fichindiani e agavi, rose di leandri e gerani, a fasci dappertutto, nei campi e lungo la ferrata, e colline spelacchiate brunoliva.” lettera alla sorella Maria dal confino, 27.12.1935; ed ancora nella lettera del 9 agosto 1935 indirizzata a Maria ,si legge:“Qui ho trovato una grande accoglienza: brave persone abituate al peggio cercano in tutti i modi di tenermi buono e caro….Che qui siano tutti sporchi è una leggenda, sono cotti dal sole…”.
Indipendentemente da queste riflessioni,per certi versi, benevole e lusinghiere nei confronti della terra di confino, bisogna riconoscere che, come è stato osservato da più parti e come lo stesso Pavese sottolinea più volte, l’approccio, l’incontro con il mondo calabrese non è stato tra i più facili: troppa era la distanza tra il colto, ironico, malinconico intellettuale piemontese e la “selvaticità”del paese di confino. “La mia stanza ha davanti un cortiletto, poi la ferrovia, poi il mare. Cinque o sei volte al giorno mi si rinnova così la nostalgia dietro i treni che passano. Indifferente mi lasciano invece i piroscafi all’orizzonte e la luna nel mare che con tutti i suoi chiarori mi fa pensare solo al pesce fritto. Inutile, il mare è una gran vaccata.”Lettera a Maria 19.08.1935.
Eppure il soggiorno forzato nella nostra terra (dal 1935 al 1936) ha rappresentato un fondamentale punto di svolta nella produzione lirico-narrativa del poeta; tale concetto può essere sostenuto e dimostrato con reale evidenza di fatti. “ Fatti” letterari e biografici, per intenderci.
Ricostruire il percorso umano ed artistico dello scrittore piemontese è possibile attraverso le opere e attraverso - forse in modo anche più fruttuoso - gli sfoghi diaristici, gli scambi epistolari con le persone care della sua vita.
Pertanto, pur non avendo la pretesa di avventurarci in un’esegesi del pensiero pavesiano, mediante la lettura attenta di questo vasto materiale, anche al lettore meno “istruito”possono presentarsi con immediata vivezza immagini, echi, suggestioni intrisi dei profumi, dei colori dei nostri luoghi, con tutto il bene e il male che ne deriva.
In alcuni passi dedicati nel carteggio alle nostre zone Pavese, a tratti, manifesta un senso di fastidio - se non di vero e proprio orrore - verso luoghi malsani per la propria cagionevole salute: inverni piovosi e umidi ed estati torride e infestate da voraci e ipercinetici scarafaggi; per non parlare della percezione soffocante della noia, comune denominatore delle giornate di confino, vissuta come un tarlo interiore inesorabile, di sapore dichiaratamente “leopardiano”.
Nelle lettere, molto spesso, è ostinatamente mantenuto una sorta di distacco ironico tra la realtà di Brancaleone e lo sguardo “estraneo” e straniero di Pavese; a tratti,questo costante senso di lontananza fa pensare ad un proposito,da parte dello scrittore, di non legarsi ai luoghi del confino,allo scopo di viverli essenzialmente ed esclusivamente come un/ il carcere. In alcuni passi egli ama dipingersi come una figura “epica” ,dai tratti tragi-comici, in balià di situazioni che definisce “disgrazie”.
Tuttavia,è proprio l’esperienza della solitudine,fino ad allora sempre inseguita come unico “status possibile nella falsità sociale, a produrre nell’autore il tanto agognato salto qualitativo in campo artistico. In un certo senso,possiamo dire che è proprio l’isolamento di Brancaleone, la riflessione forzata ,la ricerca interiore la “sedimentazione” più o meno consapevole di volti,immagini e situazioni calabresi a produrre quel turbamento interiore foriero di cambiamenti determinanti nell’uomo e nel letterato.
Ed è proprio a Bancaleone che Pavese volge il suo sguardo durante la stesura e la rielaborazione delle sue esperienze di confinato nel racconto- fortemente autobiografico - Il carcere.
La natura,la donna,la povertà e l’ambiguità passionale degli abitanti sono proposti ai lettori come un mistero insondabile e inspiegabile . Forse per capire il i sentimenti molteplici e contrastanti dello scrittore nei confronti della Calabria si può partire giusto dalla figura di Concia,presenza enigmatica in tutta l’opera e mai disvelata fino alla fine :
“La sua fantasia diede un balzo quando vide un mattino su quella scaletta una certa ragazza. L’aveva veduta girare in paese –la sola- con passo scattante e contenuto, quasi una danza impertinente ,levando erta sui fianchi il viso bruno e caprino con una sicurezza ch’era un sorriso. Era una serva …E’ bella come una capra. qualcosa tra la statua e la capra…” (Il carcere)
Concia parla e interagisce poco con gli altri personaggi ;eppure nella sua inafferrabilità,nella sua duplice natura umana e ferina,non solo permea di sé tutta la vicenda,ma addirittura sembra incarnare la complessità di un intera terra : selvaggia e aggraziata,misera e canzonatoria,rassegnata e violenta.
Concia è un po’ l’emblema di quella donna-Natura che ritroviamo in tante poesie di Pavese e fa pensare a quelle creature della mitologia greca (satiri,sirene ed altri “ibridi”), capaci di destare ammirazione e panico (dal nome del dio Pan)in chi le osserva ; qualcosa di simile doveva provare Pavese per il suo personaggio,creatura non nata dall’estro artistico ma da un incontro reale con una donna di Brancaleone,il cui nome era davvero Concetta .
Anche il mare, il mare ionico,come Concia,costituisce una presenza ossessiva e simbolica con la sua carica di significati ancestrali e terrifici nell’immaginario e nel vissuto dello scrittore: il mare è la vita, la morte,desiderio di fuga e prigionia, è la distesa placida e il pericolo in agguato.
Probabilmente sono la “doppiezza”, il “bifrontismo”,la complessità di luoghi e persone a disorientare,intimidire e irritare,a volte, lo scrittore,che,tuttavia,riesce a trasmettere tutto il suo disagio e la sua meraviglia in ogni singola pagina. In definitiva,le descrizioni di luoghi e visi captano molto più di quanto si possa prefiggere la nuda referenzialità: Pavese riesce a carpire, a tratti, quello che è il mistero,l’essenza,lo spirito del Sud di allora :” Gli antri bui delle porte basse le poche finestre spalancate e i visi scuri,il riserbo delle donne anche quando uscivano in strada a vuotare le terraglie,facevano con lo splendore dell’aria un contrasto che aumentava l’isolamento di Stefano”.
“le prime case avevano quasi un volto amico. Riapparivano raccolte sotto il poggio,caldo nell’aria limpida,e sapere che davanti avevano il mare tranquillo le rendeva cordiali alla vista ….”(Il carcere).
Ombra e luce, attrazione e repulsione si fondono quasi alchemicamente nella tessitura della “poesia racconto”di chi ammetterà in seguito di aver guardato con “occhi tanto scontrosi” alla realtà calabrese. Occhi che di certo non mancano di acutezza, e forse non erano del tutto immuni dalla malìa della nostra terra.
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Foto: Brancaleone Calabro superiore; Cesare Pavese; Documenti relativi alla pratica amministrativa per il confino per motivi politici; Pavese con gruppo di persone al confino 1; Pavese con gruppo di persone 2; La casa del confino.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XII n. 30 del 30/07/2005

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