lunedì 7 aprile 2014

Speciale / Passato operaio

Quando a parlare erano i risultati della tradizione


BOCCIOFILA


La storia ha inizio intorno al 1920: dal primo presidente del CRAL Giovanni Varrese, alla gioia del campione italiano Ettore Montorsi 



di Romano Pesavento


Ormai da anni alcuni spazi della città una volta destinati alle attività ludiche per anziani e non versano in uno stato di abbandono e totale degrado. Eppure un tempo in questi luoghi c’era la vita. Due club il Gruppo bocciofilo dopolavoro ferroviario e quello della Montecatini una volta antagonisti oggi sono accomunati dallo stesso destino: il nulla ha divorato storia e gloria. In questi campi di bocce tanti volti, campioni si davano appuntamento per passare un pomeriggio o una mattinata diversa. Si giocava, si scherzava e poi tutto scorreva lungo i binari della appartenenza idealistica alla propria squadra.
Attraverso i racconti di alcuni dei personaggi di allora, ho potuto ricostruire in parte la storia di alcune società e di alcuni avvenimenti importanti che hanno contraddistinto questo sport nel corso della storia. Anche se non è possibile definire una data certa sulla istituzione sia del Circolo Ricreativo Aziendale dei Lavoratori (CRAL) che del Gruppo bocciofilo Montecatini, si può sicuramente far risalire la nascita di quest’ultimo all’indomani della seconda guerra mondiale; mentre per quanto riguarda il primo la sua fondazione può essere annoverata probabilmente alla fine degli anni ‘20. Sin dall’inizio l’associazione era inglobata nel CRAL. Per tal motivo, le massime cariche sociali erano le stesse per entrambe le organizzazioni. Il suo primo presidente si chiamava Giovanni Varrese, originario di Stornara in provincia di Foggia. La “società” bocciofila era formata per lo più da emigranti provenienti dal Centro-Nord d’Italia che lavoravano presso lo stabilimento chimico industriale. Furono proprio questi pionieri a creare le condizioni per la nascita e la crescita di tale gruppo. Infatti, come mi racconta Carmine Greco, ultimo presidente, “nel Sud non era ancora conosciuto lo sport delle bocce. Di fatti diversi iscritti venivano dal nord come il rag. Trevisoi, Tosi ed altri.” La struttura era situata nelle vicinanze di via Antonio Gramsci; tutt’intorno vi erano le “baracche” dove molti di questi operai trovavano residenza.   
A sostenere economicamente l’iniziativa si provvedeva in due modi: attraverso una minima quota d’iscrizione che veniva trattenuta dalla busta paga del socio o mediante incentivi versati direttamente dall’azienda Montecatini al CRAL.  
È proprio sul finire degli anni ’30 che Ettore Montorsi, originario di Ferrara ma residente a Crotone, vinse il titolo di campione d’Italia: prima affermazione importante per tale sport nel territorio crotonese. L’atleta frequentava il Gruppo della Pertusola. Di questo primo periodo, oggi, non rimane che qualche scatto fotografico: la figura di Ettore Montorsi con in dosso la maglia di campione d’Italia e la celebrazione pubblica per il raggiungimento dell’importante meta.
Proprio in questi anni nascevano i gruppi bocciofili  della Pertusola, del Dopolavoro ferroviario (1945, successivamente definito Dlf), del Porto (1935). Il primo localizzato inizialmente alle spalle dell’attuale sede centrale della ex Banca popolare di Crotone e successivamente trasferitosi di fronte al campo sportivo Ezio Scida (oggi della struttura non rimane più traccia); il secondo presso via Spiaggia delle forche; l’ultimo, con presidente Pasquale Tricoli, in via Cristoforo Colombo (oggi la società è ancora attiva e guidata da Osvaldo Sestito e Francesco Scicchitano).                  
Nel 1953 la bocciofila Montecatini organizzò e vinse il primo torneo regionale a coppia con Varano Luigi e Lombardo Giovanni. Dobbiamo però ricordare come fosse all’epoca estremamente difficile, per i giovani, riuscire a integrarsi con gli adulti e gli anziani. Spesso i ragazzi si dovevano accontentare di giocare su campi spartani.     
Nel 1966 nasce la società per azioni Montedison, frutto della incorporazione della Montecatini in Edison S.p.A., e anche il CRAL e il gruppo bocciofilo cambiano la loro denominazione acquisendo il nuovo nome.
Intanto, all’inizio degli anni Settanta nascono in alcuni quartieri popolari altamente degradati di Crotone tre nuovi circoli: due nel rione San Francesco (la San Gaetano, oggi intitolata a Paolo Araldo, e la Città di Crotone (01/01/1975)) e uno in zona Fondo Gesù (1974/1976). La San Gaetano nacque dalla determinazione di Giuseppe Scicchitano e di don Tarcisio, sacerdote della parrocchia; il Fondo Gesù fu fortemente voluto dal suo presidente Rino Ragno, dal suo vice Mario Greco e dai soci fondatori Achille Petrocca, Iuliano, Minniti C. e R., Papa A., Romano S., Muraca Felice; mentre per l’ultima si ricorda la figura carismatica di Saverio Crea, primo responsabile della struttura. Scopo principale delle iniziative è ridurre l’emarginazione sociale e attrarre i giovani verso questa disciplina. Purtroppo, la sorte finale del Fondo Gesù non fu molto benevola: l’alluvione del 14 ottobre 1996 distrusse la struttura mettendo fine così a questa importante iniziativa. La “Città di Crotone”  e la San Gaetano invece rimasero sempre attive. Per quanto riguarda la prima società, occorre segnalare che nel corso del 2012 alcuni suoi giovanissimi atleti Salvatore De Giovanni, Leonardo Messina, Raffaele Pignanelli, Roberto Molè, Nicolas Palermo e Vincenzo Papa, accompagnati dal tecnico Luigi Messina conquistarono la maglia di campioni d’Italia nella seconda categoria.
Altro momento importante per il Gruppo Montedison fu il 1985 con la vittoria del campionato italiano categoria B specialità individuale da parte del giovanissimo Francesco Tricamo. Francesco, ragazzo umile e dalla chioma ribelle, seppe trascinare e coinvolgere in uno stato di enorme entusiasmo e gioia in tutta la cittadinanza. Purtroppo quattro anni dopo (luglio 1989) quella stessa allegria si trasformò in commozione per la sua scomparsa prematura a causa di un tumore.
Questo è anche l’anno della costituzione della società bocciofila Scintilla (1981) ancora oggi dinamica e guidata con tanti sacrifici dal suo presidente Franco Montaleone e dal suo vice Francesco Stasi..
Dal 15 settembre 1985, e per due anni di seguito, la società bocciofila Montedison effettuò un’enorme sforzo nell’organizzare tre competizioni nazionali a cui parteciparono giocatori di fama mondiale. Della seconda edizione, infatti, si ricorda la presenza dei campioni mondiali Dante D’Alessandro, tesserato con la De Merolis di Teramo, e Angelo Papandrea. Il primo in coppia con Scacchioli si classificherà al primo posto battendo in una finale a mozzafiato la coppia Celibe Grano della società Italia di Cosenza. Durante questi anni, come ci racconta Carmine Greco, le iscrizioni fanno registrare il loro picco storico raggiungendo quota 60. Gli ultimi momenti di gloria l’associazione li ha vissuti nel 1996, tre anni prima della sua chiusura definitiva, con il conseguimento da parte dei suoi tesserati Franco Belfiore, Umberto Palermo e Alessandro Lorenti del titolo di campione italiano categoria A specialità terna.
Del Gruppo bocciofilo del Dlf non rimangono molto tracce storiche. Tale attività ricreativa era inserita anch’essa all’interno di una struttura associativa che aveva le stesse caratteristiche del CRAL della Montedison. Tra le figure storiche più rappresentative si ricordano Eugenio Palermo, Eugenio Cimbalo (primo arbitro nazionale della città 1982), Mariella Camposano (primo arbitro provinciale donna 1994), Vincenzo Morgione, Tommaso Cimino, Paolo Chirico.
L’ultima importante attività della società di cui si ha notizia risale al 2000, quando organizzò la parata dei campioni regionali degli anni 1999/2000 a cui parteciparono 25 fuoriclasse e fu vinta dal crotonese Umberto Palermo. Da allora più niente.
Certo oggi si assiste ad un crescente depauperamento da parte delle autorità pubbliche delle strutture dei cosiddetti sport minori che, nella realtà, svolgono funzioni sociali importantissime; specialmente perché alcune di esse sono localizzate in zone urbane fortemente disagiate. Prima di distruggere o far decadere questi luoghi bisognerebbe soffermarci un po’ sulla storia che ancora oggi si respira tra quelle pareti, quei campi dove anche i nostri nonni si davano felicemente appuntamento ed i giovani campioni tra mille difficoltà crescevano. D’altronde Platone in una sua frase celebre sosteneva: Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione.”


Ringraziamenti speciali vanno ai sig.ri Mario Greco, Carmine Greco, Eugenio Cimbalo e a tutti coloro che hanno fornito un utile contributo per la ricostruzione della memoria storica dello sport delle bocce.   

Pubblicato sulla rivista di politica, cultura, economia e sport la Provincia Kr n.3 Anno XXI / Marzo 2014 
Il reportage storico fotografico è presente all'interno dell'articolo.

domenica 6 aprile 2014

Inchiesta inquinamento ambientale Crotone

Da analisi effettuate dall'Arpacal 
Area industriale: su cereali e ortaggi valori fuori norma



di Romano Pesavento


Se la Campania è la terra dei fuochi, Crotone non è certo da meno. Tale è l’immagine emersa in questi giorni attraverso i media. Tante le opinioni che hanno descritto l’agghiacciante situazione ambientale in cui si trova il territorio crotonese. Cromo, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, mercurio, piombo, nichel, rame disseminati un po’ ovunque. Parchi in autocombustione: effetto paranormale dei residui tossici seppelliti e nascosti nel sottosuolo. Scuole nocive, emblema di una feroce crudeltà. Tumori irradiati come funghetti tossici nei più diversi strati sociali diffondono morte e disperazione. Il “lato oscuro” avvolge la vita quotidiana. E intanto la politica sorniona rimane impassibile dietro a montagne di carte, promesse, interviste e riunioni inutili.
Tutto è inquinato: l’acqua, l’aria, il cibo. Attraverso la lettura dei dati si può scoprire la portata spaventosa della catastrofe in atto. La bonifica diventa sempre più un evanescente miraggio; intanto la concretezza oggettiva delle analisi effettuate dall’A.R.P.C.A.L. nel giugno 2003 evidenzia come sostanze velenose fossero presenti nei campioni di ortaggi e di cereali prelevati nelle zone interessate. Infatti le due relazioni in nostro possesso attestano la seguente situazione: “Ad integrazione della relazione di analisi n° prot. 661 del 06/09/03, eseguita da questo servizio, su un campione di barbabietola prelevato in data 05/06/2003 dall’ASL 5 di Crotone nell’area del sito di interesse nazionale di Crotone, si comunica, per gli opportuni adempimenti di legge di vostra competenza, quanto segue: Il campione risulta non regolamentare per la presenza di piombo (valore riscontrato 0,329 ppm) superiore al limite massimo consentito (0,1 ppm) negli ortaggi a tubero e radici, per come previsto dalla vigente legislazione, ultima il recente decreto 5 marzo 2003” mentre per il campione di grano si rilevava come “esso risulta non regolamentare per la presenza di piombo (valore riscontrato 0,459 ppm) e cadmio (valore riscontrato 0,245 ppm), superiore ai limiti massimi consentiti (0,2 ppm per il piombo e 0,1 per il cadmio) nei cereali.”
Certo per quanto riguarda le valutazioni sull’inquinamento da amianto le prospettive non sono affatto confortanti. Basti pensare che gli esami realizzati nel 2005, al momento della rimozione di alcuni manufatti in amianto nel sito industriale d’interesse, evidenziavano, ancora, una concentrazione di fibre di amianto pari a 1,4. Interessanti sono le ipotesi e le conclusioni apportate su tali valori nel 2009 dal dott. Francesco Rocca, specialista in medicina del lavoro: “Ho provato a ipotizzare un tempo di dimezzamento di 6 mesi (ossia il tempo necessario perché le fibre si riducano della metà) e ne vien fuori circa 3.214 fibre/litro nel 1993. Se si ipotizza come tempo di dimezzamento un anno il numero si riduce significativamente a circa 53 fibre/litro. La stima di fibre/litro ipotizzata sarebbe comunque per difetto perché valutata in assenza della sorgente di emissione; e prima del 1993 quando l'uso dell'amianto era legittimo e la fabbrica in attività? E quale era la situazione del quartiere Fondo Gesù che era distante circa 100 metri dal forno fosforo? Non vorrei destare allarmismo ingiustificato, ma è necessario sottolineare, per concludere, che il periodo di latenza per il mesotelioma è di 20-40 anni, per cui il “cessato  allarme” è previsto per il 2033; che nel decennio compreso fra i primi anni '90 e i primi anni del 2000 sono stati accertati e documentati per l'Enichem quattro casi di mesotelioma pleurico, due casi indiretti (la moglie di un lavoratore) e tre casi di asbestosi; mentre per la Pertusola Sud i casi di mesotelioma sono tre.”
Che tra l’amianto e il cancro il legame fosse così stretto lo si sapeva già con certezza sin dagli anni ‘60. A dimostrarlo, infatti, sono stati gli studi di Irving Selikof che influenzarono l’intero mondo scientifico e portarono l'Occupational Safety and Health Administration  e l'Environmental Protection Administration  ad emanare norme per la tutela dei lavoratori esposti e per l’arresto delle produzioni. Quindi da allora e fino agli anni ’90 (legge 257/92) tutti sapevano e nessuno interveniva in Italia. L’istituzione delle aree di bonifica (SIN) risale al decreto legislativo 22/1997 (decreto Ronchi) successivamente integrato dal decreto ministeriale 471/99 e dal decreto 152/2006.
Intanto, dal momento che nessuno voleva contrastare il colosso EniChem: gli interessi economici scavalcavano la salute dei cittadini. A gestire il Ministero della Sanità furono per lo più ministri democristiani e liberali. Stessa situazione si riscontra adesso: il tribunale di Milano il 24 febbraio 2012 condanna Eni (Syndial) a pagare 56 milioni di euro per danni ambientali al Ministero dell’Ambiente e tutto tace. Poche le iniziative della politica se non quelle strettamente legate alla normale prassi del comunicato o nota stampa. Nessun segnale di indignazione attraversa i volti della Crotone perbene. 
L’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo  “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” e l’art. 32 della nostra Costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” definiscono come fondamentale per l’individuo e la collettività il diritto alla vita e alla salute, eppure qui, a Crotone, terra malarica, tutto scivola via sulla pelle di quei pochi che ancora oggi resistono onestamente.      


Riepilogo interno piano di bonifica da amianto grandi fabbriche

   Anno 2004
SASOL S.p.A. Enichem Stabilimento di Crotone
   Kg.  25.100 totale quantitativo di amianto smaltito
Syndial S.p.A., ex Sali Italia di Cirò Marina
   Kg.    1.802 totale quantitativo di amianto smaltito
Syndial S.p.A., ex Sali Italia di Cirò Marina
   Kg. 395.495 totale quantitativo di amianto smaltito
Fonte: A.S.L. n.5 24/11/2004
Numero di lavoratori deceduti per mesotelioma pleurico ex dipendenti dei suddetti stabilimenti industriali
Enichem di Cirò Marina
n. 1 dipendente
Enichem di Crotone
n. 4 dipendenti
 + 2 casi indiretti
 + 3 casi di asbetosi
Perusola Sud  di Crotone
n. 3 dipendenti
Fonte: A.S.L. n.5 24/11/2004






Valori rilevati
Valori normali
Valori rilevati
Valori normali
Campione di grano
0,459 ppm
0,2 ppm
0,245 ppm
0,1 ppm
Campione di barbabietola
0,329 ppm
0,1 ppm


Fonte: A.R.P.C.A.L. anno 2003


 Pubblicato sulla rivista di politica, cultura, economia e sport la Provincia Kr n.3 Anno XXI / Marzo 2014 

Fumetto - Intervista a Lucio Filippucci disegnatore di Tex e Martin Mystère

Nel covo di Mr. Tex Willer


di Romano Pesavento



Chi se lo poteva aspettare che proprio a Scascoli una piccola frazione di Loiano vivesse ed avesse il suo studio Lucio Filippucci, uno tra i più importanti disegnatori della casa editrice Bonelli? E sì, proprio qui, immersi nella flora lussureggiante dei Giardini del Casoncello, hanno fatto il loro accampamento Tex Willer, Martin Mystère e altri celebri protagonisti delle strisce all’italiana. Certo, chissà cosa potrebbero pensare tali leggendari personaggi, ritrovandosi di colpo in un posto così bello?
Forse preferirebbero continuare la loro “vecchia” esistenza tra questa vegetazione ancora intatta, piuttosto che ritrovarsi in mezzo al caos spoetizzante delle metropoli moderne nostrane.
Fatte queste riflessioni fantasiose, viene certo una gran voglia di farsi proprio una bella chiacchierata con l’artefice delle fattezze inconfondibili di Aquila della notte, mito di tanti lettori giovani e non.
Lucio ci accoglie con la sorridente bonomia tipica di alcuni artisti emiliano-romagnoli (Guccini, Dalla, Ligabue), e in definitiva caratteristica di quelli che non hanno bisogno di atteggiarsi, perché, semplicemente, non è necessario. Il fumetto è una forma espressiva di tutto rispetto, con canoni artistici tutt’altro che semplici: diverse generazioni si sono lasciate incantare dalle trame e specialmente dal “segno” grafico, assurto ormai a “cifra” distintiva, a “marchio di Fabbrica”, sia del personaggio che del disegnatore.
L’incontro e il dialogo si snodano, piacevolmente, sul filo dei ricordi di chi (intervistato e intervistatore) vive e vede i fumetti come un’autentica passione, come un’eccezionale occasione di guardare il mondo da un altro punto di vista: bidimensionale, ma pluriprospettico!
Secondo te, che tipo di cambiamenti (nella grafica, nella personalità e nelle trame) si sono verificati in questi ultimi anni nelle vicende di Tex e i pards?   
Cambiamenti ce ne sono stati molti. Per il disegno, si è passati da un disegno più impreciso (a volte le pistole erano disegnate con solo due linee) ad un più preciso; anzi presissimo (per fare ancora l’esempio della pistola, ora si disegnano anche le viti del calcio). Lo scheletro delle trame ritengo sia immutato, seppure con piccole varianti derivanti dal fatto che sono svariati scrittori a scriverlo. Un grosso cambiamento si è verificato invece già negli anni ’80 nel contenuto delle storie, che si sono orientate molto di più dalla parte degli indiani.
Per un disegnatore di Tex, quanto spazio c’è per l’iniziativa personale: la tradizione delle grandi firme (Aurelio Galleppini) è fonte d’ispirazione o diventa un vincolo?
Per gli autori del disegno c’è oggi molta più autonomia grafica che qualche tempo fa. Sono infatti riconoscibili tutti gli autori, salvi naturalmente i caratteri somatici dei personaggi e alcune regole, tipo quella di non uscire dallo schema delle 6 vignette per pagina. Devo dire che per chi si accinge a disegnare Tex per la prima volta è obbligatorio ispirarsi ad un Maestro; nel mio caso questi è Giovanni Ticci, che reputo il più grande disegnatore western italiano contemporaneo.
Che tipo di scenari o prospettive ti piacerebbe realizzare in un album di Tex?  
Tutti gli scenari naturali mi vanno a genio. Non amo le ambientazioni urbane, ma all’occorrenza, non c’è problema. Una caratteristica di un fumettista è quella di saper realizzare in maniera ineccepibile ogni tipo di ambientazione.
Tex è un uomo molto giusto e onesto. Cosa penserebbe dell’attuale situazione politica italiana?
Non posso dire più di tanto: Tex è un personaggio letto da ogni tipo di persona ed è assolutamente trasversale nello schieramento politico, come è trasversale il desiderio di giustizia. Sicuramente non avrebbe difficoltà a mettere le mani addosso e a far male davvero a molti uomini politici!!
Oggi il fumetto non conosce più i successi di vendita di 20-30 anni fa. Come spieghi tale stato di cose?
I ragazzi di oggi leggono poco; le nuove frontiere digitali compromettono sempre più seriamente l’esistenza della carta stampata. È comprensibile; anche questa tipologia di fumetto dovrà tenere conto di simili cambiamenti.
Ci dai qualche dritta circa la tua prossima uscita a cui stai lavorando?
La storia a cui sto lavorando e che vedrà la luce tra un anno e mezzo circa è scritta dal bravo Pasquale Ruji, si intitola La legge Forrester (titolo provvisorio) ed ambientata sul Rio Grande: molta azione, come piace a me!
Come mai ci vuole così tanto tempo?
Perché, data la difficoltà che la realizzazione grafica comporta, non è possibile stendere più di sei o otto tavole al mese. La storia ne prevede circa 220, fai tu i calcoli!


Pubblicato sulla rivista di politica, cultura, economia e sport la Provincia Kr n. 3 Anno XXI / Marzo 2014

venerdì 4 aprile 2014

I viaggi di Gulliver: Tra Est e Ovest - Le mille sfumature della Turchia

Attraversando il Bosforo: Omero, il Kebab e tante altre storie  




di Romano Pesavento


 “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.” (Marcel Proust).
Tra le nazioni più variopinte e caleidoscopiche, un posto di riguardo spetta alla Turchia. Finalmente atterriamo nell’aeroporto internazionale di Istanbul, l’applauso è scrosciante e liberatorio; qualcuno comunica che anche la RAI ha segnalato l’episodio appena vissuto dagli increduli passeggeri. Molti luoghi della Terra (Francia, Germania, Olanda, Nord Africa), pur presentando aspetti e paesaggi fortemente suggestivi, non possiedono, però, il fascino della sorpresa e della difformità: senza apparire troppo superficiali, si può affermare con una certa tranquillità che l’omogeneità complessiva delle zone in questione, dopo un certo lasso di tempo, le rende prevedibili. Invece, affrontare un viaggio in Turchia significa immergersi in un insieme di ritmi, paesaggi, scenari e culture sorprendentemente diversi l’uno dall’altro. Paragonabili solo alla straordinaria varietà italiana. La partenza. Una scarica di adrenalina, buona per stendere un cavallo, attraversa il sistema nervoso dei turisti e non: volo serale romano con ritardo pauroso dovuto ai controlli necessari a stabilire se due bagagli incustoditi, e regolarmente imbarcati a nome di un fantomatico Mohamed Allah, potessero contenere ordigni esplosivi. Finalmente atterriamo nell’aeroporto internazionale di Istanbul, l’applauso è scrosciante e liberatorio; qualcuno comunica che anche la RAI ha segnalato l’episodio appena vissuto dagli increduli passeggeri. 
Come premio insperato di una notte turbolenta, un’alba intensamente rosata si effonde con grazia tutta orientale nel cielo e nelle acque del Bosforo. Istanbul, Costantinopoli, Bisanzio sono solo tre delle incarnazioni molteplici, diacroniche e sincroniche della città dei due continenti, eternamente in bilico tra due mondi: Est ed Ovest. Prima tappa obbligata: la Moschea Blu o di Sultan Ahmet. Tante cupole immacolate, adagiate come a comporre un delizioso profiterole al cioccolato bianco, si stagliano all’orizzonte, contrappuntate da sei eleganti e stilizzati minareti. Solo la moschea della Ka ׳ba della Mecca ne possiede un numero superiore. Il minareto rappresenta un emblema di potere e prestigio per l’edificio sacro di riferimento. Internamente maioliche turchesi creano motivi ornamentali floreali complessi e vivaci.
Illuminazione soffusa, tappeti sontuosi e antichi, finestre intarsiate d’azzurro e oro conferiscono quella nota esotica che a noi europei è sconosciuta e che cerchiamo voluttuosamente all’estero. All’uscita, passando per l’antico ippodromo, si giunge alla moschea Aya Sofia, edificio di rara imponenza e magnificenza. Il sovrapporsi millenario di culture e religioni trova qui una sua altissima espressione di armonica bellezza: in piena evidenza mosaici cristiani con il viso del Salvatore e altri beati, incredibilmente scampati alla rimozione delle immagini professata dalla fede islamica, sono attorniati da giganteschi medaglioni dorati con i versetti esemplari del Corano. Accanto al mihrab, è collocato una regale struttura dorata e rialzata, destinata ad ospitare il sultano durante la preghiera. Numerosi lampadari bassi proiettano luci discrete e concilianti il raccoglimento; mentre un persistente aroma di incenso stordisce i sensi dei già rapiti visitatori e li predispone ad assaporare tutte le rarità straordinarie che si presenteranno nella città e nei celebrati bazar. Chiude la mattinata la cisterna sotterranea, con preziose decorazioni di epoca bizantina.
Pomeriggio trascorso prima nella moschea di Solimanno il Magnifico, una delle più grandi e importanti dell’impero ottomano, e successivamente al Gran bazaar. Tappeti sgargianti, stoffe, pellame, oggettistica in argento, altri metalli e ceramica  e tutto ciò che uno straniero martellato dal desiderio di spendere possa concepire nella più sfrenata fantasia si profilano lungo le arcate con box del più “tipico” centro commerciale d’Oriente. L’abbondanza di questi mercati denota una vistosa crescita economica di tale paese, che si accompagna, purtroppo, ad una forma di irrigidimento della componente islamica al potere rappresentata dal presidente in carica Erdogan. Disattendendo i piani di laicizzazione della nazione, perseguiti con accanimento dal Padre della Turchia (Ataturk) Mustafà Kemal, già nel 2010, ben prima quindi degli scontri feroci con i cittadini  manifestanti contro l’abbattimento del parco Gezi del 2013, l’attuale  leader assumeva posizioni dal sapore integralista, soprattutto nel recensire  puntualmente la condotta femminile sul luogo di lavoro e nell’intaccare la proverbiale tolleranza turca in materia di diversità religiosa. Prima della partenza,  visita dei tesori e dell’harem del Topkapi, antica residenza dei sultani. Qui sono conservati uno dei diamanti più grandi al mondo noto come Diamante del fabbricante di cucchiai e il famoso pugnale Topkapi, arricchito con tre grossi smeraldi. Nell’attesa di partire visitiamo il mercato delle spezie: una cornucopia traboccante di ogni ben di Dio offerta festosamente ai turisti ben inclini allo shopping, nonostante la crisi economica in atto. Frutta secca, soprattutto i celeberrimi pistacchi, frutta fresca, spezie dai colori scioccanti e dai profumi più che inebrianti campeggiano da mucchi trionfali.
Dopo 450 chilometri arriviamo nella città moderna di Ankara: la capitale. Giro turistico della città e visita al Museo delle Civiltà Anatoliche in cui  sono custodite preziose collezioni ittite. In un’atmosfera canicolare e afosa ripartiamo con destinazione Cappadocia. Percorsi 280 chilometri si staglia davanti al nostro sguardo attonito il profilo irregolare, anomalo, più che bizzarro, dei “camini delle fate”, istallazioni naturali rocciose o in tufo, determinate dalle forti escursioni termiche della zona desertica in questione; simili a giganteschi porcini pietrosi o alle enormi figurazioni semi squagliate di Dalì sorvegliano silenziosi la vallata di Pasabey , avvolta in un chiarore luminescente da conflitto post atomico. Niente vegetazione, solo loro: i funghi e qualche sparuto arbusto contorto da cui pendono scintillanti monili azzurri con l’occhio di Allah, talismano supremo in  tutto il Medio Oriente. Eppure questi luoghi,  a prima vista inospitali, conservano dei veri tesori artistico-architettonici al proprio interno: i monaci eremiti giunti qui in cerca di tranquillità affrescavano le pareti delle cavità naturali con icone e simboli cristiani di eccellente fattura. Alcune di queste figurazioni sono state paragonate alla pittura di Giotto per intensità espressiva. Stiamo parlando della misteriosa e rinomata valle di Goreme e del villaggio di Uchisar. A pochi chilometri è possibile effettuare anche un’escursione nell’affascinante città sotterranea di Kaymakli di vaste dimensioni. In continuità con la lunarità dei luoghi citati, attraversiamo le terre aride dell’Anatolia centrale e, dopo un lungo percorso, durato 630 Km con sosta a Konya per visitare il mausoleo di Mevlana, appare la famosa Pamukale (castello di cotone).
Bianche gradinate di stalattiti si riversano in regolari ondate pietrificate su cui scorrono, seriche, le acque delle sorgenti termali; la luce di questi posti è veramente abbagliante, amplificata dalle vasche e dal chiarore dei minerali in controluce. Solo in pochi posti al mondo è possibile ammirare simili spettacoli (Mammoth hot Springs negli USA, le terme di Saturnia in Italia e Huanglong in Cina). Immergersi i piedi in queste acque è una delizia assoluta, pari soltanto alla piacevolezza di un profumato te alla menta assaporato senza fretta. Nelle immediate vicinanze si erge lo spettacolare sito archeologico di Hierapolis. Il maestoso teatro romano e la necropoli sono le principali attrazioni turistiche. Una curiosità. Al nostro arrivo fervevano le ricerche per un’imminente scoperta archeologica: la tomba dell’apostolo Filippo. Ci addentriamo sempre più nella Turchia greca  e l’impatto con la città di Efeso è da mozzare il fiato: il secondo sito archeologico meglio conservato al mondo, a detta degli esperti, dopo Pompei è davvero all’altezza della sua fama. Camminando lungo i porticati chiaroscurali delle colonne, nonostante il vocio confuso di turisti scalmanati, si riesce comunque, mercé del luogo, direbbe Dante, a vivere in solitudine religiosa un momento di pura contemplazione. Passato e presente si rincorrono lungo le strade ben lastricate, i frontoni riccamente decorati degli edifici, l’agonismo degli anfiteatri e la  quotidianità dei vespasiani e delle terme. La biblioteca, costruita in età traianea, è una  “visione” posta su due piani e adornata da statue femminili simili a cariatidi simboleggianti le virtù di Celso, l’eminente personaggio che rese possibile tale costruzione con i suoi fondi personali. Essa, massimo esempio di Barocco asiatico, fungeva anche da sepolcro del senatore romano e pare fosse strutturata addirittura su tre piani. Breve sosta anche alla casa di Maria, madre di Gesù. Visita breve della città di Izmir con pernottamento e l’indomani partenza per Pergamon. Qui ritroviamo i resti magnifici dell’architettura greca (l’Acropoli, il Teatro e la Biblioteca) poco inferiori ai fasti di Efeso.
Proprio mentre ci aggiravamo in questi luoghi, ho rinvenuto un pezzo di vasellame antico ben conservato e dai colori accesi, consegnato immediatamente alla guida locale, mi chiedo insistentemente che fine possa aver mai fatto.
Menzione speciale va al noto Asklepion, antico centro termale, nonché “ospedale” dell’antichità: si narra che i sapienti sacerdoti per consolidare il proprio potere, curassero, o fingessero di farlo, gli ingenui avventori con una serie di trucchetti ben congegnati: acqua che diventa vino o sangue, tuoni simulati, giochi di luce, droghe più o meno leggere, ipnosi et similia.
A Troia siamo arrivati all’imbrunire. Qui l’enorme cavallo di legno hollywoodiano, regalo dello staff del film Troy alla popolazione, trascina il turista nell’atmosfere omeriche. Non rimane molto di questa celebrata città; varie stratificazioni urbane sono ancora oggetto di dispute dotte. Certo, nella magia di questi luoghi suggestivi si coglie un quid di eterno. Forse è l’autosuggestione, ma quando la nostra guida, proprio mentre il sole si celava lentamente tra le colline, ha incominciato a leggere gli immortali versi del duello tra Achille ed Ettore e dell’addio di Ettore ad Andromaca, proprio al centro di un piccolo anfiteatro, siamo stati tutti investiti da una specie di ondata emotiva intensissima: un’esperienza irripetibile. Da Canakkale si attraversa lo stretto dei Dardanelli e si ritorna a Instanbul. Minicrociera sul Bosforo, una passeggiata serale tra i giovani nel centro storico illuminato, un ultimo assaggio dell’istituzionale Kebab e di un gelato tipico, il Dondurma, (elastico e flessibile, frutto dei virtuosismi scanzonati dei giovani artigiani) ci forniscono un’ultima gustosa istantanea di questo incantevole tour.  


Pubblicato sulla rivista la Provincia kr n.3 Anno XXI / Marzo 2014.
Reportage fotografico presente sul mio profilo facebook.

giovedì 3 aprile 2014

Tutela beni culturali Crotone: Il Caso

Bastione Villafranca: qualcosa si è mosso



di Romano Pesavento

Con viva soddisfazione, comunico che, da quanto si evince dai lavori in corso presso viale Regina Margherita, la costruzione della struttura in cemento armato a ridosso del Bastione Villafranca relativa all’intervento di riqualificazione urbanistica da parte dell’Amministrazione Comunale di Crotone (Progetti integrati di Sviluppo Urbano (P.I.S.U.) – Linea di intervento 8.1.2.2 – Azione per il potenziamento dei sistemi di mobilità sostenibile) è stata al momento sospesa e, a quanto sembra, modificata rispetto alla progettazione iniziale. Attualmente, le nuove ringhiere collocate lasciano presagire una possibile rimozione della stessa. D’altronde, come avevamo già segnalato, la cinta muraria e l’intero complesso risultano essere sotto la tutela del patrimonio dello Stato.
Ringraziamo la Stampa e le Associazioni Italia Nostra e il Gruppo Archeologico per il supporto fornito all’iniziativa finalizzata al blocco della cementificazione ai danni del monumento.
Ci auguriamo che i responsabili di simili interventi possano in qualche modo riparare ad errori di valutazione spesso forieri di grave depauperamento artistico-storico territoriale.
Ai nostri amministratori vogliamo rivolgerci attraverso le parole di un grande esponente democratico, Robert F. Kennedy, per ricordare quali sono gli autentici valori a cui un’azione politica e civile dovrebbe sempre tendere, per tutelare rigorosamente l’interesse pubblico e garantire un futuro decoroso alle generazioni che verranno: “Pochi avranno la grandezza di trasformare la storia, ma ognuno di noi può adoperarsi per modificarne anche una piccola parte: la storia di questa generazione verrà scritta dalla totalità delle singole azioni, verrà delineata proprio dagli innumerevoli e differenti atti di coraggio e fiducia. Ogni volta che un singolo individuo si schiera per un ideale, o agisce per il bene degli altri, o combatte contro l’ingiustizia, dà vita ad un’onda di speranza, onda che andrà ad incontrare altre onde innalzate da altrettanti fonti di convinzione e forza, creando una corrente che sarà in grado di abbattere le più alte mura di oppressione e opposizione.”  

Ecco come la stampa riporta la nota:

il Quotidiano della Calabria del 18/03/2014





il Crotonese del 20/03/2014
   

La comunicazione è stata pubblicata anche su La Provinciakr Giornale-online