giovedì 2 aprile 2009

I viaggiatori a Crotone 14

“Il viaggio attraverso la larga pianura costiera sarebbe molto noioso se non si presentasse davanti alla ferrovia la vista del capo collinoso di Crotone e un po’ più distante quella di Capo Colonna”


Alfred Philippson: si prodigò in na “puntigliosa” topografia del crotonese


“Vi è un enorme molo poco più a Nord nella punta della penisola, collegato, con un argine che corre di traverso come una T, con la terra ferma. Così facendo si ha la possibilità di usufruire di due enormi bacini portuali, uno a nord-ovest e uno a nord-est, protetti entrambi da tanti piccoli moli. Oggi ciò che si vede sono solo due misere barche a vela, molto probabilmente inutilizzabili”


di Romano Pesavento

Questa settimana parliamo di un altro importante geografo: Alfred Philippson (Bonn 1864 – ivi 1953). Come il suo connazionale, Justus Tommasini, giunse nella nostra città agli inizi del Novecento,spinto, come tanti altri, dalla propria sete di conoscenza e dall’entusiasmo per la civiltà della “ Magna Grecia” . Sulla sua vita familiare non si sa molto; mentre dalla sua biografia si constata, invece, che fu un noto professore universitario. Insegnò, infatti, nelle università di Berna (1904-06), Halle (1906-11), Bonn (1911-29). Fu, inoltre, un grande viaggiatore. Le sue mete spaziarono dalla Grecia all’Asia Minore, comprendendo, così, diversi paesi mediterranei,con particolare riguardo,come già anticipato,per l’Italia meridionale.
Per quanto riguarda le sue pubblicazioni, si prende atto che scrisse un buon trattato di geografia fisica (1921-1924) e, in collaborazione con Kirsten, un trattato di geografia greca ( 1950-59).
Philippson, rispetto ai suoi predecessori, non si occupò delle usanze sociali o delle tradizioni folcloristiche crotonesi; mentre s’incuriosisce del paesaggio, della collocazione geografica e delle attività produttive.
Fatta luce sulle poche notizie circa Philippson, addentriamoci adesso nell’analisi fatta sulla nostra città: “Nel marchesato di Crotone tipico il paesaggio delle colture latifondiste. Abbondano i pascoli e la coltivazione delle fave; solo raramente si vede qualche pianta di olivo o qualche altro albero.
In prossimità della costa non ci sono grossi agglomerati, anzi le poche fattorie sono costruite a una grande distanza tra loro e il paesaggio ricorda molto la steppa. I nobili che risiedono a Crotone hanno ancora oggi molto potere. Una delle loro particolarità è proprio quella di abitare in città, cosa che è determinata anche dal fatto che è molto difficile trovare una casa signorile in campagna.”
Già, la steppa. Nessuna altra immagine può rendere in modo più efficace l‘abbandono, lo squallore, la desolazione e la miseria del nostro territorio. I nobili, però, come tutti i potenti di ogni epoca storica, non se la passano troppo male, nemmeno a Crotone: se si esclude il disagio di reperire un’adeguata casa signorile, essi continuano a godere dei propri secolari e anacronistici privilegi.
“Il viaggio attraverso la larga pianura costiera sarebbe molto noioso se non si presentasse davanti alla ferrovia la vista del capo collinoso di Crotone e un po’ più distante quella di Capo Colonna.
Capo Colonna si trova sull’antico promontorio Lacinio, dove, si trova solo una colonna dorica, unica superstite del tempio dedicato a Hera Lacinia. Già dal treno si può vedere chiaramente come la zona a sud di Crotone sia una pianura coperta di detriti costieri del quaternario.
Verso sera arrivammo alla stazione di Crotone, da dove con una piccola carrozza raggiungemmo la città di Crotone, la famosissima colonia achea Kroton, che conta oggi 9.000 abitanti, si può scegliere tra diverse pensioni. Fondata alla fine dell’VIII secolo, fu un’acerrima nemica di Sibari e da sempre occupa una posizione molto strategica, visto che nell’antichità, come nel Medioevo, era l’unico porto nel tratto tra Taranto e Reggio.(…) La città si trova su un piccolo promontorio costiero che divide la costa in due archi piatti e lunghi.(…) Si affaccia sul mare ed è ancora circondata da fortificazioni ben conservate che risalgono al 1541. (…) Nel castello sono facilmente riconoscibili delle costruzioni medievali. Tutto l’insieme fa pensare ad un quadro molto pittoresco, con le colline, il castello e come sfondo l’incomparabile mare blu. (…)”
Per un geografo attento e scrupoloso come il Nostro, l’attenzione alla “strategicità” della ubicazione della nostra città non può mancare; meno prevedibile, in un uomo di scienze, è l’ammirazione, quasi sentimentale, per il “mare blu”. Tuttavia, come al solito, le sole parole di lode nei confronti di Crotone sono da ricondursi o alle bellezze naturali, o a qualche glorioso episodio storico, corredato, magari, da qualche rudere sopravvissuto caparbiamente al tempo e agli stessi crotonesi, a volte, più perniciosi di “Attila flagello di Dio”.
“Verso l‘interno la vista si imbatte nel massiccio della Sila, dove tra la calma e la tranquillità si intravede una vetta perennemente innevata. La pianura è attraversata dalla strada che incrocia la stazione e poi arriva fino all’Esaro (l’antico Aisaros), che divide venendo da sud la città dalla campagna. Lungo la strada polverosa, ma piena di vita, si incontrano numerosi magazzini che accolgono tutti i prodotti delle campagne vicine, principalmente grano, olio e prodotti per l’allevamento del bestiame. Nel punto dove entra in città, la cintura di mura si infrange, lasciando che la strada attraversi un nuovo piccolo rione, costruito intorno a una piazza rumorosa e circondata da numerosi pergolati.”
Ancora una volta, Crotone si presenta come luogo deputato alle attività agricole e alla pastorizia: olio, grano e formaggio rappresentano non solo l’unica forma di sostentamento in un’economia di tipo rurale fortemente arretrata, ma assurgono, addirittura, ad unico elemento degno di nota in un contesto, evidentemente, insignificante per quanto riguarda altri versanti. Già, che sarebbe Crotone senza le pecore? Sarebbe un mondo popolato solo da Lupi. Che tristezza. Naturalmente per i poveri lupi.
“Nella parte nord-ovest della collina è situata la città vecchia con suoi stretti vicoli, mentre a sud-est, sempre entro le mura della città, i ricchi latifondisti dei dintorni hanno costruito i loro palazzi circondati da splendidi giardini. Senza dubbio nell’antichità questo promontorio, la città e le sue mura dovevano trovarsi a picco sul mare, in una posizione ideale, con una baia su ciascun lato e le colline che da dietro la proteggevano da tutti i venti.
La parte Nord doveva essere quella più protetta dalle onde del mare, e forse qui era situato l’antico porto. Sia del porto, comunque, sia dell’antica Kroton non vi è più la minima traccia. La colpa forse va attribuita alle innumerevoli calamità che hanno sconvolto questa costa. Fuori le mura delle città, sud-est è stato costruito un nuovo quartiere, forse per tentare di far diventare la modesta città un grande porto. Vi è un enorme molo poco più a Nord nella punta della penisola, collegato, con un argine che corre di traverso come una T, con la terra ferma. Così facendo si ha la possibilità di usufruire di due enormi bacini portuali, uno a nord-ovest e uno a nord-est, protetti entrambi da tanti piccoli moli. Oggi ciò che si vede sono solo due misere barche a vela, molto probabilmente inutilizzabili, e ciò rende questo porto molto simile a quello di Taranto.”
Come possiamo rilevare, il piglio del geografo è preponderante in questi appunti di viaggio, in quanto alla posizione di Crotone e alla conformazione del porto viene dedicato molto spazio, anche se, inevitabilmente, il quadro conclusivo non è assolutamente confortante: le potenzialità della città rimangono inespresse e ogni tipo di prospettiva futura o ambizione, si pensi all’enorme molo eretto dietro a chissà quali vaneggiamenti di sviluppo, completamente disattesa .
A suggellare il tutto, si staglia con decadenza poetica, quasi, se non accedesse in chi rifiuta un simile stato di abbandono cittadino uno sconforto infinito, l’immagine delle due barchette solitarie e inutilizzabili, metafora di una realtà crotonese assai triste, misera ed eternamente incerta, sospesa tra “calamità” naturali e sciagure di matrice, purtroppo, squisitamente umana.


Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 42 del 27/10/2006

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