venerdì 17 ottobre 2014

Loiano e la Festa dei Fiori

Caro Diario 42



Romano Pesavento



25 aprile. In una giornata calda e luminosa, sboccia tra mille colori la festa dei fiori a Loiano in omaggio alla Liberazione. 
Tra le tante iniziative presenti noto due grandi stand: uno della scuola, contenente piante e fiori provenienti dalla serra dell’istituto e curate proprio dagli studenti; l’altro allestito dal gruppo dei genitori con tanti prodotti offerti: schiacce bianche e alla pancetta cotte nel forno a legna; piadine farcite con prosciutto, salame, porchetta e formaggio; pane comune, pane integrale e pane ai cereali cotto in forno a legna. 

La grande idea di questa iniziativa è proprio quella di accomunare più generazioni in un progetto condiviso, che miri al miglioramento della collettività: recuperare, attraverso gli sforzi di tutti, il denaro utile per finanziare la scuola rende ciascuno più propositivo e consapevole della propria cittadinanza. 
Davanti i miei occhi ho visto dispiegarsi l’organizzazione gioiosa e solidale del villaggio dei puffi. Adulti e ragazzi lavoravano a stretto contatto, scambiandosi esperienze di vita e attenuando i conflitti generazionali. 
Tanta la gente accorsa per assaggiare le prelibatezze preparate. Anche io ho apportato il mio contributo sia da finanziatore che da assaggiatore. A fine giornata i soldi raccolti superavano i 1.300,00. Non male. 

Crotone, il “pressappochismo” e le presunte certezze

Caro Diario 41





Romano Pesavento


17 Aprile. Crotone city. La politica s’infiamma; si sente il clima da campagna elettorale,anche se si tratta “ solo delle europee/ amministrative”. Il battage mediatico diventa martellante,con nuovi canali,rispetto al passato,ma comunque ossessivo. Ognuno si presenta puro, incontaminato e extrema ratio di un popolo allo sbando. Mah!     
Molti sanno che gran parte degli elogi politici tesi ad illustrare gli “impareggiabili” risultati dei propri “beniamini” provengono proprio dal portavoce o dall'ufficio stampa del demagogo in questione magnificato. 
In genere, questi “team” dovrebbero essere composti , sulla carta, tutti  da esperti navigatori del mondo della conoscenza e dell’informazione; ma, nella realtà  pratica, in larga misura, spesso, gli addetti risultano professionalmente improvvisati: mediocri pittori senza pennelli. Requisiti,  titoli, esperienza contano poco. 
Che ha fatto il nuovo e, sin qui, sconosciuto responsabile o collaboratore dell’ufficio stampa? È uscito dalla scuola di giornalismo? E’ esperto di economia e di finanza? È uscito dalla Bocconi? Ha studiato alla Normale? Si è specializzato, con master e relativi corsi, in qualche settore attinente al ruolo che riveste? Niente di tutto questo. Ha lavorato, forse, nell'ufficio stampa di qualche segreteria di partito, in cui ha fatto il portaborse di un leader politico. Beh, una bella risata non sarebbe fuori luogo, considerando la grande mole di note e di comunicati stampa ogni giorno presenti sui giornali. Gran bella esperienza!
Che libri ha scritto? Nessuno, salvo qualche rarissimo opuscolo ad uso  e consumo dei “padroni del vapore”. Che ne sa della buona informazione? Niente, ma sa bene come ci si muove fra i potenti.
 Oggi, più che mai, sono persuaso che occorre rafforzare l’idea di coerenza e di onesta intellettuale da ( e della) sinistra. Anche se non siamo più ai tempi della rivoluzione e degli ideali, necessita, comunque, esprimere in maniera pacifica e forte il proprio pensiero. Forse è un sogno sperare che l’onestà, la trasparenza, la legalità possano realmente attecchire nella città pitagorica,

Occorre iniziare a sensibilizzare le coscienze. L’arte dello scrivere e del comunicare aiutano molto spesso a far maturare in chi legge l’autocritica, il rapporto causa-effetto degli eventi. Affiniamo il senso critico e riflettiamo sui messaggi, le parole e, specialmente, sulla condotta reale dei politici. Attraverso la solidarietà, l’onesta, la legalità, la trasparenza amministrativa, si costruisce il consenso elettorale. Combattiamo i ricatti, l’improvvisazione, il “pressappochismo” e le presunte certezze. Solo così si può ipotizzare un avvenire. 

La Carovana per il Sud

Romano Pesavento
Caro Diario 40



Romano Pesavento


16 aprile. Il pullman per Crotone parte alle 21. Passeggio lungo la via barberia a Bologna; mi appare sulla sinistra la Basilica di San Paolo Maggiore; entro la porta è aperta; ci sono solo due ragazze. Il loro accento spagnolo fa eco tra le mura. 
Qualche passo più in là, nella traversa di via de Marchi, si eleva, maestosa, la Basilica di San Francesco. 

Nei pressi dell'abside della chiesa tre monumenti funebri dei glossatori regalano un'immagine molto suggestiva. 
Arrivo alle 19 in autostazione. C’è molta gente che aspetta e nel piazzale si accumulano, minuto dopo minuto, enormi valigie. Sono i migranti che tornano a casa per le festività pasquali. Viaggiare di notte per molti è un vero sacrificio. 
Non è retorica tanti, troppi, si ritrovano in uno stato di perenne sradicamento: la testa e il portafoglio al Nord e il cuore al Sud. Quando torni hai accumulato un gran desiderio di riappropriarti dei tuoi luoghi e dei tuoi legami; dopo un po’ focalizzi tutto quello che non va nella tua terra. 
Sali nelle grandi città settentrionali, carico di livore e di amarezza; in seguito ti concentri sulle possibilità che a casa tua non avrai mai. 
Non stai bene da nessuna parte, ma ti senti “trapiantabile” ovunque. C’è un po’ di schizofrenia in tutto questo. Mi appoggio al finestrino e sorrido sentendo che qualcuno si lamenta in modo colorito, come avviene dalle nostre parti. In attesa che giungano le 21, comincio a leggere un quotidiano, tra qualche minuto si parte.    

Bologna e la Torre degli Asinelli

Caro Diario 39


Romano Pesavento

07 aprile. Incontro nel pomeriggio a Bologna un gruppo di giovani colleghi. Nessuno di noi è mai salito sulla torre degli Asinelli e così decidiamo di inerpicarci su per le scalinate. 

I 498 gradini sono davvero una gran bella palestra monumentale. 
Durante tutto il percorso c’è chi scherza, chi scatta qualche foto con l’iphone e chi stanco si siede un attimo ad asciugarsi il sudore. Arrivati in cima lo spettacolo è davvero unico. 
Davanti a noi si estende la città con le torri, il traffico e il passo svelto dei suoi abitanti. L’arietta fresca ci rianima un po’ tutti. 
Scendiamo soddisfatti e fieri come di ritorno da un’epica impresa. Percorriamo via Strada Maggiore e ci accomodiamo in uno dei tanti bar. 
E mentre il sole tramonta e la luce si fa sempre più fioca osservo la basilica di Santo Stefano che con le sue ombre disegna nel piazzale il suo profilo. 


giovedì 16 ottobre 2014

Fidenza, Cremona

Caro Diario 37


Romano Pesavento


25 marzo. In viaggio tra l'Emilia Romagna e la Lombardia. Mi fermo per qualche istante a Fidenza. Giusto il tempo per ammirarne il duomo, meravigliosa bomboniera in stile romanico, e fare colazione in un bar del corso. La chiesa è vuota. Forse è troppo presto. 

Arrivo a Cremona. In piazza Stradivari c’è una statua del musicista con alcuni turisti pronti a scattarsi le foto di rito e anche un extracomunitario che vende piccoli volumetti di poesie e leggende sul Senegal. Mi perdo nello splendore del duomo di Cremona, la Cappella Sistina della Padania.


Loiano e l'equinozio di primavera

Caro Diario 36



Romano Pesavento

23 marzo. Da qualche giorno siamo entrati nell’equinozio di primavera. In paese la natura sta ricoprendo di colori saturi ogni vicolo, stradina e balcone. 
Il verde elettrico degli alberi di fronte alla chiesa dei Santi Giacomo e Margherita amplifica di gioia le urla festanti dei bambini.
 Qualche nuvola turchese, solitaria, spazia nel cielo azzurro. Il sole riscalda con i suoi raggi luminosi l’aria. Le farfalle salutano con il loro volo leggiadro i turisti tedeschi. 
Dalle piazzole panoramiche le grandi montagne disegnano briosi scenari animati, sfondo perfetto per la fine del lungo letargo invernale.

Scendo per strada e incontro Piero, il padre di un mio studente. Preoccupato per il futuro di suo figlio, è molto attivo nella risoluzione dei problemi scolastici; mi racconta con  pieno entusiasmo le ultime novità relative al potenziamento tecnologico dell’ istituto. Soddisfatto del suo operato, mi comunica che tra qualche giorno sarà attivo il registro elettronico.   

 È il classico emiliano godereccio, estroverso e simpatico. Alcuni colleghi sostengono sia un po’ troppo assillante. 
Non hanno conosciuto certi genitori di Crotone, che, al primo rimprovero mosso al pargolo, smuovono tribunali e Telefono Azzurro. 
Qui. raramente, si eccepisce sui giudizi degli insegnanti, però, si pretende la massima efficienza strutturale nei limiti imposti dai budget ministeriali. 

mercoledì 15 ottobre 2014

Multiculturalità e multietnicità a Parma

Caro Diario 35


Romano Pesavento


22 marzo.  Ritrovo a Parma Massimo, il mio compagno di scuola. Mi aspetta alla stazione e, come è nel sua forma mentis di ex ricercatore, inizia a parlarmi del contesto sociale urbano. È molto informato sulla realtà parmense: ci ha vissuto per più di un anno. 
Discorrendo, mi conduce quasi per mano lungo la scia della migrazione, fenomeno che, in fondo, ci appartiene profondamente. Tanti sono gli aspetti della multiculturalità e multietnicità del luogo, che mi dispiega sotto lo sguardo, come un prestigiatore. 
Sono molto incuriosito dai suoi racconti circa la comunità nigeriana: la messa in un capannone di periferia triumph in Christ Church; l’Oratoria ‘militare’; il pastore e la moglie; l’obolo danzato; i dialoghi col pastore; il coinvolgimento emotivo del pubblico; i ritmi dei tamburi, i canti, le scenette, gli svenimenti, i giovani e i giovanissimi. I vestiti di nero con i fiocchi gialli, lo stile hollywoodiano dei cartelloni creano un singolare senso di straniamento. 
Mi fa notare che tutto questo non avviene in South Carolina, o ad Harlem, o in Nigeria. Ma proprio in un capannone nebbioso della periferia di Parma. I tempi stanno davvero cambiando.
Il girovagare tra monumenti, chiese e musei offre l’occasione per completare l’analisi relativa a questa provincia da parte del mio amico. Parma è il centro della ‘Food Valley’. Da Mutti a Barilla a Parmalat, dal prosciutto cotto al Parmigiano Reggiano (ma anche la Chiesi farmaceutica). Cuore vivo dell’economia italiana e simbolo del Made in Italy nel mondo costituisce ancora un sogno di benessere.
Città di piste ciclabili e spazi verdi, la Pianura qui è densa di capannoni e attività imprenditoriali almeno quanto sono le mosche e zanzare d’estate a Crotone.
Parma ex ducato, la erre moscia alla francese dei ‘parmigiani del sasso’, e il mito per conservatori di Maria Luigia. 

Massimo è un fiume in piena, mi elenca tutti i punti nevralgici  di questo mondo in evoluzione.
Gli extracomunitari (asiatici o africani) hanno avviato tutta una serie di attività e “colonizzato” alcune aree ormai di loro esclusiva pertinenza: il piazzale della Pace (Pilotta), il tempio sikh di via Mantova, la moschea di via Campanini, i parcheggi di via Volturno, via Abbeveratoia, viale dei Mille e viale Vittoria, i quartiere di Golese e di Vigatto, via Palermo, via XX settembre, la zona della stazione, l’oltretorrente, il supermercato di viale Piacenza, i parchi pubblici. 
Ma Parma non è solamente un polo economico; anche qui c’è molta criminalità, soprattutto in un contenitore “umano” così composito. Ricorda, per esempio, l’invasione delle moldave e l’assistenza agli anziani, quando va bene; diversamente l’inferno della tratta. Alcuni ragazzi ci chiedono dove vendono il ‘panino’ al parco Falcone e Borsellino (spaccio di droga), mentre passeggiamo. Indichiamo loro il supermercato lì vicino….. Ci avranno preso per due idioti. Meglio così.
Per fortuna nelle scuole fa le sue prove la società multiculturale di domani; sono già oggi laboratorio d’integrazione (o di conflitto). Italiani a tutti gli effetti. Lingua italiana, cuore africano. Moldavo. Cinese.   


Il quadro si completa con la fotografia dello “straniero interno”, gli immigrati meridionali. Sono anche qui tanti calabresi, come i padroncini cutresi e gli isolani. La ndrangheta qui è arrivata da un pezzo, ma anche tanta gente onesta. Ci salutiamo e riprendo la mia strada da solo.

Bologna, i perchè e l'ambiente

Caro Diario 34



Romano Pesavento



21 marzo. Non si può vivere per un anno intero in montagna senza immergersi nella natura. Da qui si colgono meglio i cambiamenti che l’uomo sta apportando all'ambiente. Ogni volta che osservo la pianura padana, sconquassata dall'urbanizzazione incessante, ne percepisco la continua distruttiva alterazione, anche se non siamo più negli anni del boom economico.  
Qualche tempo fa a scuola avevo proiettato a scuola il film documentario di David Guggenheim Una scomoda verità, suscitando nei ragazzi molta attenzione e partecipazione. 
La parte conclusiva è davvero toccante “Vedete quel puntino laggiù un po’ pallido? Quello siamo noi. Tutto ciò che può essere avvenuto nella storia degli esseri umani è accaduto in quel puntino: tutti i trionfi e tutte le carestie, tutte le guerre, tutti i maggiori progressi. 
È la nostra unica casa. E in gioco c’è questo. La nostra capacità di vivere sul pianeta terra.
Ci sarà un momento in cui le generazioni future si chiederanno: a cosa pensavano i nostri genitori? Perché non si sono svegliati quando ne avevano la possibilità? Prepariamoci sin d’ora a rispondere a questa domanda.”  
Come il nostro clima stia mutando e quali siano gli scenari futuri costituisce un interrogativo che si propone sempre più spesso nelle discussioni quotidiane e nei servizi giornalistici di testate / trasmissioni più o meno accreditate. 
Presso il CMCC (Centro Studi Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) di Bologna, ho avuto l’opportunità di intervistare il prof. Antonio Navarra, presidente del Centro, studioso di fama internazionale, in quanto Affiliate Scientist del National Center for Atmospheric Research in USA, nonchè membro del Scientific Advisory Committee del Asia-Pacific Climate Center in Sud Corea, e dialogare quindi con una delle massime autorità competenti in materia. Prima di incontrarlo, la sua segretaria mi ha fatto accomodare in una sala d’attesa. 
Qui ho subito notato che  la stanza disponeva di una scaffalatura contenente un’ampia scelta di riviste straniere e non sul clima. Allora, incuriosito, mi sono messo a sfogliarne alcune. 
Il tema era piuttosto comune anche a tutte quelle che ho avuto modo di visionare successivamente: qualcosa nel nostro sistema terra sta cambiando; crescita della temperatura globale; ghiacciai che si ritirano; disgelo del permafrost con un incremento delle frane; precipitazioni sempre più irregolari; aumento dei fenomeni meteorologi estremi (uragani, bombe d’acqua, mareggiate, trombe d’area); erosione delle coste; interruzioni di strade e danni a edifici ed interi paesi; biodiversità a rischio. Come interpretare tali, inquietanti, avvenimenti? La segretaria mi strappa alle mie riflessioni e introduce il professore Navarra, che, dopo una stretta di mano, si presta a “rivelare” alcuni aspetti di un clima divenuto  sostanzialmente incomprensibile.           

martedì 14 ottobre 2014

Una passeggiata lungo le vie di Padova tra ricordi e arte

Caro Diario 33



Romano Pesavento

07 marzo. Padova occupa un posto speciale nella mia storia personale: da una parte mi ricorda la figura di Berlinguer, dall’altra i miei primi viaggi. Eventi emotivamente coinvolgenti legati alla mia infanzia. Quando avevo circa dodici anni, in televisione vidi scorrere le immagini dell’ultimo drammatico comizio del Segretario del PCI. A casa tutti ne parlavano. 
Mi avevano spiegato che era un uomo giusto, onesto, dai grandi ideali. Era il 7 giugno e rimasi per tutto il periodo sintonizzato sull’evoluzione della sua sorte. 
Alla sua morte, provai quel dispiacere che si avverte nel momento in cui scompare un parente caro, un nonno, uno zio. 

A quei tempi ero un piccolo simpatizzante della sinistra; spesso andavo alla festa dell’Unità con i miei genitori. Per l’occasione veniva chiusa al traffico tutta via Regina Margherita. Tanta gente affollava i viali brulicanti di bancherelle e bandiere rosse. 
Mi piaceva tanto. Alcuni giochi attiravano l’attenzione sia di grandi che piccini, come quello del coniglio. Era un continuo gridare, incitare per far sì che l’animale entrasse in una delle tante scatole. Probabilmente il roditore non apprezzava tutto quel trambusto, ma io all’epoca non lo capivo.
Oggi la festa non c’è più e neanche il partito. 
Gli uomini sono diventati conigli e spontaneamente corrono in cerca di una propria scatola. L’eredità morale è stata tradita completamente.
Da piccolo, partivo insieme alla mia famiglia con il treno da Crotone, per recarmi a Bassano del Grappa, paese d’origine di mio padre, emigrato negli anni ’70 per motivi di lavoro, paradossalmente, dal Nord al Sud. Dopo una notte passata in cuccetta si cambiava, prima a Bologna e poi Padova. Questa meta per me significava già assaporare l’aria della mia destinazione finale. 
Aspettavo con tanta gioia quel viaggio, perché mi affascinava la possibilità, attraverso quel magico sentiero ferrato, di raggiungere paesi lontani, suggestivi, straordinari. Bastava una notte di sonno, e i paesaggi, e gli accenti e i visi magicamente cambiavano. Cavalcando la locomotiva, pensavo di arrivare ovunque e acciuffare quel sogno di estrema libertà, mi entusiasmava già allora.
Uscito dalla Cappella degli Scrovegni, mi persuado che Giotto abbia oscurato in espressività, perfino Dante e Cimabue.

Errabondo giro per le meraviglie di questo luogo riscoprendo e assaporando frammenti del mio passato.
Il telefonino squilla. È mia moglie. Chiacchieriamo un po’: le racconto quello che ho visto e le sensazioni che ho provato. Viaggiare è un’esperienza da comunicare, da raccontare, da condividere. Un po’ come succede quando un libro ti colpisce e lo passi al tuo migliore amico; cercare di rivivere le tue emozioni attraverso le parole è un modo efficace per fissare i ricordi e per farti conoscere meglio dagli altri.  
I viaggi dicono di noi, delle nostre inclinazioni, dei nostri valori più di mille vuote conversazioni. Spenderei fino all’ultimo euro pur di partire in compagnia delle persone care. 
A Ferrara c’è la mostra di Matisse. Ho poco tempo, ma farò l’impossibile per vederla. Rientro a Loiano stanco morto ma soddisfatto.    



Crotone e la comodità silenziosa dei servi



Caro Diario 32




Romano Pesavento


28 febbraio.  Scendo a Crotone, croce e delizia dei suoi cittadini onesti. A volte mi illudo e mi ritrovo giù con entusiasmo e convinzione, sperando. 
Chiuso nel mio studio tra i tanti libri, trovo il testo di Giorgio Bocca, Il capitalismo dalla testa rotta, particolarmente illuminante: “Credevamo che Tangentopoli fosse un'eccezione, ora sappiamo che è la norma. Quando in una società si incanaglia la tendenza a considerare i vizi normalità e i delitti comprensibili debolezze umane, l'anarchia è inevitabile. E i peccati di chi sta al vertice vengono non solo imitati, ma ammirati.
In realtà, quando il malcostume, la corruzione, la corruttibilità dilagano e imperversano, diventa tristemente automatico considerarli norma di vita, fenomeni naturali come la pioggia o la grandine. Questo è la summa di quanto scrive lo “scomodo” Giorgio Bocca, opinione da cui pochi ingenui  si sentirebbero di dissentire; come effetto collaterale e inevitabile di quanto affermato, la politica, ancor di più quella crotonese, viene da sospettare, non sceglie i migliori ma i meno qualificati, per diversi motivi o, se preferite, “comodità”: seleziona “servi”, li promuove e molto spesso li onora con copiose consulenze. Indipendentemente, da quale sia il ruolo da recitare in tale, immensa e offensiva - per la dignità e il senso civico  dei contribuenti, farsa - Leccastivali o voltagabbana, non c’è alcun dubbio: è necessario che il sistema produca soprattutto servi. 
Leggendo, laddove tale possibilità sia consentita, e analizzando i curricula di gran parte dei consulenti, ci si rende conto che quasi tutti sono sconosciuti, incompetenti, privi di esperienza nel settore, ma noti e cari ai “padroni del vapore” .
Quale criterio di scrematura può mai essere più efficace e incontestabile di una “sana”, “trasversale”, “ecumenica” raccomandazione? 

Vogliamo, davvero, chiederci a che punto è lo stato della nostra democrazia, la democrazia che vorremmo regalare alle future generazioni crotonesi!?! 
È una democrazia che, da quanto emerge sempre più frequentemente dalla stampa locale e regionale, è legata al “patto mafioso” fra borghesia del sottogoverno e cosche criminali. 
Le cosche criminali e il loro controllo del territorio sopravvivono perché garantiscono la continuità di una borghesia che campa e cresce sui ricatti economici ed elettorali. I “criminali della lupara” sono necessari come lo sono nei paesi autoritari le polizie politiche, le Gestapo, la Ghepeu.
Tra borghesia del sottogoverno e cosche criminali, quindi, si è, probabilmente, stabilito un legame  “di mutuo soccorso”. In parole più semplici, si può così rappresentare il tutto: chiunque abbia studiato Biologia a scuola, ricorderà le “interazioni” un po’ nauseanti tra alcuni organismi viventi e le  relative forme di vita del tutto parassitarie, tuttavia, in amorevole rapporto di idillica simbiosi reciproca. Ebbene, per analogia, una simile immagine può ben spiegare la realtà che tutti, sciaguratamente, verificano in ogni singolo aspetto della quotidianità. 
Certamente, siamo ormai quasi tutti convinti: l’immagine di società che emerge è sempre più catastrofica.
Naturalmente, la colpa di tutto ciò è anche dei tanti “ebeti” che garantiscono, attraverso la loro delega in bianco, ai “colonnelli” di partito di comandare. Il perché si verifica questo fenomeno, è presto spiegato nel pensiero che segue di Erich Fromm: “La maggior parte delle persone sono convinte che finchè, un potere esterno non le costringe manifestamente a fare qualcosa, le decisioni che prendono sono loro; e che, se vogliono qualcosa, sono loro che lo vogliono. Ma questa è una delle grandi illusioni che nutriamo a proposito di noi stessi. Un gran numero delle decisioni che prendiamo non sono davvero nostre, ma ci vengono suggerite dall’esterno; siamo riusciti a persuaderci che siamo stati noi a prendere la decisione, mentre in realtà ci siamo uniformati alle aspettative degli altri, spinti dalla paura dell’isolamento e da minacce più dirette alla nostra vita, alla nostra libertà e al nostro benessere.” (Erich Fromm, Fuga dalla libertà)
È il noto teorema della identificazione dei seguaci nel capo che più li rassicura, che più risolve le contraddizioni in cui si tormentano e che perciò diventa indiscutibile, l’uomo dell’innamoramento collettivo. L’aspetto fisico non conta.. Ma cosa hanno detto di così affascinante per i loro cortigiani? Niente, anzi no, un mucchio di parole prive di significato e tante, tantissime, promesse.
E allora? Allora, occorre che ognuno di noi possa realmente avere un ideale vero e non fittizio in cui credere. Speriamo che qualche rappresentante del governo in carica ne sia provvisto pure lui.

La sera esco con un certo interesse, perché un famoso quadro di Mattia Preti, "San Luca dipinge la Madonna con il Bambino", è in mostra al Palazzo Vescovile di Crotone.  
Il dipinto mistico e luminoso trasmette solennità e trepidazione. Non c’è nessuno, tranne le guardie giurate. Che tristezza. La squallida verità  è che anche quando  vengono proposte iniziative di carattere culturale la città le diserta.  Meglio la partita del Crotone a pagamento che l’ingresso gratis ad una mostra.   

lunedì 13 ottobre 2014

Vicenza e la cultura del bello

Caro Diario 31




Romano Pesavento

Il 25 febbraio sono a Vicenza, nella città palladiana. Ritorno dopo tanti anni di lontananza. Ritrovo nell’aria tutti i  profumi del Veneto. 
La tipica cadenza dialettale risuona da ogni angolo. Anziani, adulti, ragazzi hanno mantenuto integro l’accento tipico di queste parti. Orgoglio leghista, fedeltà alle origini di destra e gusto per il colore locale sinistroide in questo caso convergono. 

C’è un via vai di ciclisti. Qui la bici è un efficace mezzo per la mobilità urbana per tutti i ceti sociali. Noto con piacere, chiacchierando in un bar, che qualcuno ricorda la figura di Tullio Campagnolo, fondatore dell’omonima impresa delle due ruote e leader mondiale in tale settore.

Alla Basilica Palladiana è  stata allestita la mostra Verso Monet - Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento. Gruppi di studenti e insegnanti girano interessati tra le sale. 
Penso all’enorme vantaggio culturale di cui godono queste scolaresche nel vedere simili capolavori della storia dell’arte. 
La scuola da queste parti è molto attenta alla formazione e gli insegnanti stimolano i loro allievi non solo con le classiche nozioni, ma anche attraverso la curiosità nei confronti degli eventi culturali e l’indagine autoptica dei fenomeni storici. 
La cultura del bello è alimentata sin da piccoli. I bambini percepiscono gli stimoli educativi e li mettono in pratica. 

Al Sud gli insegnanti troppo spesso vivono arroccati nei loro “feudi medievali”, lontani dal dinamismo innovativo. 
Raramente si lavora sul senso critico dell’allievo, e ancora meno viene trasmessa la consapevolezza del degrado urbano vigente in molte realtà del meridione. 
Accaparrarsi i progetti per ragioni economiche, senza guardare lontano, svilisce la funzione del docente e il legame stretto tra prebende obbligate e clientelismo selvaggio diventa troppo spesso una miscela esplosiva nella compagine scolastica.              

Qui si può osservare il paradiso celeste e sognare

Caro Diario 30



Romano Pesavento


23 febbraio. Non c’è molta strada che separa il centro di Loiano dall’Osservatorio astronomico più grande d'Italia. La passeggiata è molto rilassante, nonostante torme di motociclisti sfreccino veloci con i loro bolidi.  Oggi è una giornata calda. 
L’inverno è ormai alle spalle. La famosa leggenda di Santa Bibiana, più volte ricordatami dai mie amici paesani, quest’anno sembra non essersi avverata.

La neve non è arrivata, se non in modo da non impensierire. Probabilmente il peggio è davvero passato. Guardo il mondo con occhi diversi.
Finalmente giungo al punto d’osservazione. È immerso nella natura. Un gran numero di pannelli descrivono l’universo. Le cupole grigio metallico svettano verso il cielo; piccole riproduzioni del sistema solare in sfere di vetro trasparenti mi guidano lungo il sentiero. Qui si può osservare il paradiso celeste e sognare.. o come Dante nel Paradiso immaginare: L'amor che move il sole e l'altre stelle.

L’indomani a scuola; i miei studenti sono ragazzi curiosi e con i quali è opportuno comunicare anche secondo certe dinamiche, attraverso argomenti,  che possano permettere loro di esprimersi e farmi conoscere parte della loro realtà. 

Conversare anche di tematiche legate alla vita quotidiana è un modo per farmi percepire autenticamente interessato a tutto ciò che li riguarda.. 
Gli adolescenti se percepiscono la mancanza di finzione in un insegnante, di solito si impegnano di più. Raccontano volentieri di quello che conoscono e che non sempre ha a che fare con le situazioni tipiche dell’adolescente medio. In genere tutti aiutano in casa o collaborano con i genitori per il buon funzionamento delle loro piccole aziende agricole. 
Ti riferiscono di cattive annate, clima stravolto e pastorizia, prezzi di prodotti agricoli. Il lupo per loro non è né quello delle favole, mitologico quanto un centauro per i bambini di oggi, né quello “revisionistico”, che diventa protagonista romantico di molti documentari e neppure quello umoristico dei fumetti, Lupo Alberto. 
È un animale reale.  Chiedo in classe di parlarmene. Devo dire che chi abita nel paesino o nelle zone limitrofe ha un ricordo molto vivo di questo predatore. 
Una ragazza mi racconta che è molto ghiotto di galline, conigli e di capre. Una volta dalla finestra della sua stanza l’ha visto scappare con un pollastro tra i denti. 
Tant’è che proprio in quei giorni il padre ha dovuto rinforzare il recinto degli animali .per evitare nuove perdite.  C’è addirittura chi l’ha visto attraversare la strada. Insomma lo temono, lo rispettano e sperano di non incontrarlo. Come ai bei vecchi tempi.  

La Parentopoli del Sud

Caro Diario 29




Romano Pesavento


Il 14 mattina arrivo a Crotone. Mafiosi, banditi, ladri, briganti, sfruttatori…. Chi più ne ha, più ne metta. Questa è la realtà, l’immagine che giorno dopo giorno trasmettiamo da Tele-Crotone all’Italia, cioè, all’Estero. 
Voglio denunciare quanto le ipocrite celebrazioni dei cosiddetti “buoni costumi” siano esecrabili: nella realtà, quella crotonese in particolare, difficilmente una condotta morale, onesta, seria e ligia premia. 
A parole, pare che la città sia popolata da autentici filantropi: illuminati, disinteressati, incorruttibili notabili. 
Quale immensa fortuna, per una provincia così strapazzata e in affanno, essere sorretta e guidata da simili menti. 
Eppure, nonostante gli incommensurabili sforzi di chi regge le sorti dei cittadini, si verificano continuamente episodi, a dir poco, disgustosi, per chi ha sempre creduto con slancio in certi valori morali e politici: concorsi poco pubblici e molto privati, ammanchi inspiegabili per svariati zeri nei vari settori della vita cittadina, posti di lavoro elargiti in modo poco chiaro e via discorrendo. 
Intanto, dai più disparati poli si chiedono, sempre con maggiore insistenza, al Governo e a Bruxelles, cospicue risorse comunitarie per mega-progetti Walt Disney, il cui esito sarà quello di provvedere, il più delle volte, ad una più comoda sistemazione per i congiunti in perfetto stile “Parentopoli del Sud”. 
Si sa che  il ben noto principio: “Tengo famiglia” diventa il pretesto per favorire tutti i propri “cari”, in ogni senso, fino alla settima generazione; tuttavia, un minimo di decenza, decoro, di, paradossalmente, savoire faire dovrebbero essere osservati. 
Con questa ironica affermazione, non intendo assolutamente invitare a comportamenti pur sempre illegali, ma sapientemente occultati, ma solo richiamare l’attenzione sul fatto che, per il punto tragico in cui siamo arrivati, non si sente neanche il bisogno di celare, in qualche modo, i propri loschi maneggi, perché tanto la rassegnazione e la depressione dei cittadini sono talmente radicate e forti, da non far sospettare mai alcuna reazione di sdegno o ribellione. 
Tanto mai nulla cambia e “farsi il sangue amaro” non produce alcun effetto positivo.

Intanto, con assolta nonchalance, le stesse persone ricoprono più spazi dirigenziali/occupazionali, incassando ricchi stipendi, diventando “uni e trini” per gestire più mansioni contemporaneamente, alla faccia dei caritatevoli pistolotti sui mali della disoccupazione. 
Eppure, la cronaca, spesso, riporta di figure professionali super pagate, nella concretezza dei fatti, non solo non all’altezza del proprio ruolo, ma anzi dolosamente perniciosa per la comunità. Nessuno verrà mai chiamato in causa per questo o risarcirà la collettività. Che scempio.

Mistero e fascino nel volto della ragazza con l'orecchino di perla

Caro Diario 28



Romano Pesavento

13 febbraio. Eccomi alla mostra da Rembrandt a Vermeer! Oggi incontro il mito. 
Mauro mi aspetta all’ingresso. Lunghe file si addensano. Osservo i quadri di Rembrandt e l’impressione è quella che le cornici non siano altro che finestre aperte nel passato. 
I personaggi in posa sembrano lì per farsi ammirare. 

In qualunque punto della stanza sei, sembra che la ragazza con l'orecchino di perla ti segua con lo sguardo. I suoi occhi incrociano i miei. Il suo volto emana mistero, fascino e splendore.

Imola, le coperte e il buio stellato

Pagine di diario 27


Romano Pesavento


08 febbraio. Il cielo è sereno, il sole con i suoi raggi riscalda tiepidamente la vallata. Sono quasi le otto del mattino e nel bar Posta, a qualche metro da casa, ci sono già alcuni vecchietti che giocano a carte, tra di loro parlano un dialetto incomprensibile per le mie orecchie. 
Nel locale si respira un’aria rustica. Il tempo sembra essersi fermato. Durante la settimana è facile assistere a quest’ora al via vai continuo di operai, impiegati che fanno qui la loro colazione. 
Alle pareti alcune fotografie storiche scattate all’inizio del Novecento raccontano momenti e personaggi di questi posti. 
La fermata della corriera è proprio di fronte. Sento una leggera brezza sulla mia pelle, è il vento. Non ci sono molte persone che aspettano: un paio di ragazzi e una signora anziana. Come al solito, puntale, arriva la navetta per Bologna. 
I trenta chilometri percorsi prima di arrivare propongono panorami molto suggestivi. Anche senza la neve, di cui tutti parlano. Ci sono molti extracomunitari che salgono lungo la corsa. 
Tra questi molte donne e bambini. L’ambiente diventa così molto vivace e multiculturale.     
La meta che oggi mi sono prefissato è Imola. Arrivo nella tarda mattinata. C’è molta vitalità. Un prato verde circonda la maestosa Rocca Sforzesca, luogo di passeggio e di divertimento per i più piccoli. Incrocio per le strade un carro allegorico con sopra la riproduzione fedele di E.T., e mi fa venire in mente la famosa scena in cui il piccolo alieno davanti ad un telefono scandisce la parola casa. 

Dovrei tornarci anch’io. Una casa ci vuole, un posto dove c’è sempre qualcuno che ti aspetta anche quando non ci sei. Uno va per mari e per monti, visita città e paesi, incontra volti nuovi ma poi si ritrova comunque solo. Cosi quella nostalgia che si cela nella vivacità e nella bellezza del momento ritorna quando è sera tra le coperte e il buio stellato.     
Carlo, bontà sua,  mi ha scritto sul mio profilo facebook: Il Prof. Romano Pesavento...l'ultimo turista italiano dell'Italia...tra i pochi a poter rivivere in prima persona i fasti del grand tour...tra i pochi a risollevare la bandiera di un popolo stanco e amareggiato...un profilo facebook che é un inno alla ricchezza della Nostra Terra...un invito a tutti gli amici...ed un ammonimento per chi continua ad ignorare...Pesavento, un candidato ideale per rappresentare gli interessi del bel Paese.

Non so se tutto quello che dice Carlo sia vero, ma di sicuro mi sento un autentico estimatore del bello, ovunque sia; il bello è l’unica risorsa in questa realtà spoetizzante.

Passeggiata a Bologna

Caro Diario 26





Romano Pesavento


Mi aspetta un pomeriggio bolognese in compagnia di un caro ex compagno di liceo, Massimo. Quando penso a lui, mi ricordo le giornate passate in biblioteca a discutere di tutto: politica, ragazze, libri, sogni e ambizioni. 
Sicuramente, lui era il più talentuoso di tutti noi; un tipo fuori dal comune: una mente veramente acuta. Ne sono prova i suoi studi conclusi brillantemente alla Normale di Pisa.
La recessione economica gli ha tolto tutto. Prima il suo ruolo di assistente all’Università, perché i contratti non sono stati riconfermati per lui e per tanta altra gente in gamba.
Non si è perso d’animo e con il suo curriculum, lui figlio d’operaio, ha lavorato in Inghilterra e Usa in qualità di docente presso importanti campus.
La crisi è arrivata anche lì e se sei  privo di “pedigree”, morde prima. Per sopravvivere, dal momento che non si può proprio definire  uno smorfiosetto choosy, si è industriato: ha lavorato, sottopagato, in un call center, lui che chiosava Dante e Torquato Tasso, vendendo prosciutti e insaccati via telefono.
Qualche anno fa ha deciso di sposarsi.
 La compagna è ricercatrice in Gran Bretagna, uno dei tanti cervelli in fuga dall’Italia. 
Antonello ha partecipato al Concorsone nella scuola del 2012, vincendolo. Insegna materie umanistiche in una scuola media nel modenese, ma sono certo che non si arrenderà  e continuerà ad esprimere la sua cultura e il suo ingegno formando, scrivendo e ricercando.
Niente da obiettare sui prosciutti, che sono anche buoni, ma come sarebbe bello, se li vendessero i rampolli di quelli che definiscono choosy, schizzinosi, i non raccomandati, i quali insensatamente  pretendono di essere impiegati in ruoli calibrati secondo il proprio profilo professionale e non  sognano di diventare “carne da cannone”.
Discorrendo attraversiamo via Indipendenza. Tra le tante cose apprendo della malattia del padre. Il solito tumore che ormai da troppo tempo colpisce senza pietà gli abitanti della città pitagorica.  
Penso ai tanti studi scientifici, conseguenza di rilevazioni e prelievi a campione, che hanno constatato e dimostrato  l’agghiacciante situazione ambientale in cui si trova il territorio crotonese.
Cromo, arsenico, berillio, cadmio, cobalto, mercurio, piombo, nichel, rame disseminati un po’ ovunque.
Parchi in autocombustione: effetto paranormale dei residui tossici seppelliti e nascosti nel sottosuolo. Scuole nocive, emblema di una feroce crudeltà. Tumori irradiati come funghetti tossici nei più diversi strati sociali diffondono morte e disperazione.
Il “lato oscuro” avvolge la vita quotidiana. E intanto la politica sorniona rimane impassibile dietro a montagne di carte, promesse, interviste e riunioni inutili.
Tutto è inquinato: l’acqua, l’aria, il cibo. Attraverso la lettura dei dati si può scoprire la portata spaventosa della catastrofe in atto.
Qualche istante alla Feltrinelli e alla Ricordi a curiosare tra le nuove uscite e poi ci dirigiamo alla mostra presso Palazzo D’Accursio per ammirare i notturni veneziani di Mario de Maria e la sala Farnese. 

Ci salutiamo dopo aver trascorso le ultime ore al museo civico, tra la meravigliosa collezione egiziana e la colorata esposizione "Il piedistallo vuoto - Fantasmi dall'Est Europa". 

Faenza, il MIC e il San Gerolamo di Donatello

Caro Diario 25


Romano Pesavento


01 febbraio. Zainetto a tracollo e lunga sciarpa intorno a penzoloni, vado a Faenza.
Entrare nel MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche) è un po’ come sognare a occhi aperti. Dalle Americhe all’Asia, passando per Europa e Africa, tutto il variegato multiculturalismo mi si rivela; è un viaggio nel viaggio in cui la memoria storica attraversa le diverse epoche. 

Mi fermo per qualche istante nella sala dell’oggettistica cinese. E’ come imbambolato inizio il mio fantastico tour. Gli spazi già percorsi si sovrappongono a quelli che percorrerò.
Negli anni, durante le estati, ho seguito le orme antiche delle carovane lungo la silk road. Pechino, la città proibita ora è sempre più vicina.       
La città manfreda con la sua vitalità culturale mi ha piacevolmente sorpreso. Non pensavo di scoprire tanti tesori straordinari.: la Pinacoteca Comunale dove tra i dipinti di Biagio D'Antonio da Firenze e Giovanni Bertucci il Vecchio si erge la scultura lignea raffigurante San Gerolamo di Donatello. 
Malgrado la postura, l’atteggiamento mistico e la bellezza artistica siano piuttosto convenzionalmente riconducibili a  significati tipici dell’iconografia sacra,  oggi sento che quella statua simboleggia, con la sua barba lunga incolta, il viso scarnito dalla sofferenza, il corpo magro e nudo, l’immagine della conoscenza continuamente sbeffeggiata dalla crudele insensibilità del mondo. 




Nel covo di Mr Tex Willer a Scascoli


Caro Diario 24

Romano Pesavento


31 gennaio. Chi se lo poteva aspettare che proprio a Scascoli una piccola frazione di Loiano vivesse ed avesse il suo studio Lucio Filippucci, uno tra i più importanti disegnatori della casa editrice Bonelli? E sì, proprio qui, immersi nella flora lussureggiante dei Giardini del Casoncello, hanno fatto il loro accampamento Tex Willer, Martin Mystère e altri celebri protagonisti delle strisce all’italiana. Certo, chissà cosa potrebbero pensare tali leggendari personaggi, ritrovandosi di colpo in un posto così bello? 

Forse preferirebbero continuare la loro “vecchia” esistenza tra questa vegetazione ancora intatta, piuttosto che ritrovarsi in mezzo al caos spoetizzante delle metropoli moderne nostrane.
Fatte queste riflessioni fantasiose, viene certo una gran voglia di farsi proprio una bella chiacchierata con l’artefice delle fattezze inconfondibili di Aquila della notte, mito di tanti lettori giovani e non.
Lucio mi accoglie con la sorridente bonomia tipica di alcuni artisti emiliano-romagnoli (Guccini, Dalla, Ligabue), e in definitiva caratteristica di quelli che non hanno bisogno di atteggiarsi, perché, semplicemente, non è necessario. Il fumetto è una forma espressiva di tutto rispetto, con canoni artistici tutt’altro che semplici: diverse generazioni si sono lasciate incantare dalle trame e specialmente dal “segno” grafico, assurto ormai a “cifra” distintiva, a “marchio di Fabbrica”, sia del personaggio che del disegnatore.

L’incontro e il dialogo si snodano, piacevolmente, sul filo dei ricordi di chi (intervistato e intervistatore) vive e vede i fumetti come un’autentica passione, come un’eccezionale occasione di guardare il mondo da un altro punto di vista: bidimensionale, ma pluriprospettico!

E l'Appennino si colora di bianco

Pagine di diario 23



Romano Pesavento


29 gennaio. Mi sono svegliato e  l'Appennino si è colorato di bianco. La neve è finalmente arrivata. Per le strade la gente cammina lasciando le proprie impronte profonde. Tutti si adoperano con le pale a pulire il proprio uscio di casa. 
Gli spazzaneve sono all’opera. Il candore dei pini, degli abeti e dei faggi mi fanno avvertire una sensazione di calma e di amorevole morbidezza. 

Intravedo su di un ramo un merlo, anche lui un po’ disorientato scuote le ali per scrollarsi di dosso i piccoli fiocchi che cadono folti sui tetti. 
Nella piccola piazzetta antistante la chiesetta ciurme di bambini giocano e si divertono tutt’intorno a un buffo pupazzo di neve. 
Il suo faccione bianco era veramente simpatico: una carota per naso, due fettine di cetriolo per occhi, un pezzo di corteccia per bocca e un cilindro per cappello. Sotto il braccio una scopa di paglia vecchia e lungo la pancia alcuni bottoni. 
Anche se fa freddo, la piacevole percezione che si respira riscalda l’animo e il corpo. Con la sera giunge la pioggia che piano, piano fa sciogliere il manto nevoso.        

Crotone.... la Caporetto della legalità

Caro Diario 22




Romano Pesavento




24 Gennaio. A  Crotone, se non fosse per i miei affetti, dopo un periodo minimo di permanenza, divento facile preda dell’amarezza, perché sistematicamente l’onestà intellettuale ed il rispetto per le istituzioni e la legalità vengono confusi con la debolezza o, peggio, con la dabbenaggine. L’arbitrio non deve essere eletto a “norma comune” o ad inevitabile, comodo  modus operandi sia da parte dei cittadini privati che degli uomini di potere. Il rischio è l’imbarbarimento della civiltà, con lo smantellamento dell’intero apparato statale, che, per quanto troppo spesso esecrabile e costantemente vituperato, rappresenta, comunque, l’unico baluardo contro il ritorno alla “ brutalità” primitiva, al disordine, alla soprafazione reciproca, insomma al “Kaos”.
In molti vorrebbero svilire e privare di dignità il concetto di Stato, che, nel suo significato e ruolo istituzionale più alti, dovrebbe, invece, essere tutelato, difeso e rispettato con scrupolo, quasi religioso, da ciascuno di noi. Per quanto la disaffezione e la sfiducia siano -a causa del cattivo operato di tanti- largamente  manifesti nei confronti degli ordinamenti pubblici, bisogna, invece, compattamente, organicamente e con tensione morale adoperarsi per consolidarne le fondamenta.
Come? Pagando le tasse, evitando di frodare gli enti presso i quali si lavora, o di truccare i concorsi pubblici; ancora, rinunciando ai favoritismi, ai personalismi; condannando fieramente l’italica e        -meridionale- prassi consolidata del  nepotismo.

In definitiva, è prioritario recuperare realmente tutti quei valori, che, quotidianamente, vengono esautorati.
Invece, oggi Crotone è una realtà “selvaggia”, abbandonata, piena di contraddizioni sociali. Una città, purtroppo, in cui si respira troppo spesso un’aria molto pesante: un luogo quindi dove la criminalità ha terreno molto fertile. Dentro questo quadro a tinte fosche trovano, inoltre, posto alcuni paladini della legalità e della trasparenza amministrativa, che, in questi anni, si sono susseguiti, la cui integrità è stata certificata, a quanto pare, in diverse circostanze: proiettili in buste da lettera, auto bruciate, porte bruciate….. Naturalmente, a tutto questo, i politici di turno hanno risposto il più delle volte con ricchi, noiosi e sontuosi convegni. Che tristezza! L’insieme acquista una dimensione ancor più malinconica se, per un attimo, volgiamo il pensiero alle morti silenziose (oggi ormai dimenticate) per mafia (Placido Rizzotto, Pio La Torre, Peppino Impastato, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino etc.). Una citazione di J. F. Kennedy, amata da Giovanni Falcone, attira la mia attenzione, dice: "Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana."
Bisogna avere il coraggio di essere se stessi. Non occorre, quindi, solo apparire ma agire, cioè, essere autenticamente onesti.
Mi domando quanti politici nostrani e non, possano vantarsi in tutta coscienza d’aver perseguito simili ideali di giustizia e rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti?: “La politica che solo fa carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione mai con il torto..”,cantavano I Nomadi….

Dunque, guardandoci intorno, “respiriamo” sempre più la “mefitica” presenza di buffoni di corte, giullari e menestrelli. Quindi pochissimi uomini di cultura, ma tante, tantissime, “primedonne” isteriche e pretenziose. 

Dove è finito l’entusiasmo propositivo che ha animato il ’68? la gente d’allora è, per lo più, la stessa che oggi dirige l’orchestra del potere.
Eppure, se fossimo in un mondo giusto e pienamente legale, non si dovrebbe guardare a personaggi come Borsellino, Impastato o Falcone come ad eroi o a poveri folli….adempiere al proprio dovere e maturare una solida coscienza civica dovrebbe costituire l’unica forma comportamentale ammessa e riconosciuta.
Peccato che nel DNA dei nobili crotoniati sia  endemicamente e geneticamente  iscritto ben altro !!!