sabato 4 aprile 2009

Due istantanee della Calabria firmate Pier Paolo Pasolini

Viaggio con Pasolini tra i luoghi e le realtà del crotonese
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Due istantanee della Calabria firmate Pier Paolo Pasolini

di Romano Pesavento


Certamente, pochi avrebbero immaginato che un piccolo paesino della Calabria di nome Cutro, circondato da rade colline in estate simili, per forma e colore, alle dune del deserto, fosse stata meta nel 1959 di un visitatore alquanto famoso come Pier Paolo Pasolini, intellettuale complesso, il cui nome potrebbe, forse, indispettire chi non ha mai apprezzato la vis polemica, l’anticonformismo e la raggelante franchezza, tipiche dello scrittore. Ad ogni modo, durante questo viaggio, Pasolini si troverà immerso in un “mondo”che, per certi versi, non riusciva a comprendere e produceva in lui , che aveva disquisito con imperturbabile cognizione di causa di “ragazzi di vita, vite violente”,emarginati, ecc ., sgomento e turbamento.
Il risultato di questa esperienza umana e di questo scontro/incontro con la nostra provincia si concretizzò non solo nel celebre film “Il vangelo secondo Matteo,”che Pasolini, ispirato dai nostri luoghi (Irto di Capocolonna), girerà successivamente nel 1962- pellicola in cui furono largamente utilizzati scenari, figuranti e qualche personaggio chiave del nostro circondario (i cutresi Marcello Galdini, nel ruolo di Giacomo, Rosario Migale, in quello di Tommaso e la crotonese Margherita Caruso nei panni di Maria da giovane) - ma anche in un tanto esecrato articolo dello stesso, comparso su un giornale “Il successo”, in cui lo scrittore non si esprimeva certo in modo lusinghiero circa gli abitanti del comune di Cutro:
“Ecco ad un distendersi di dune gialle una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. E’ veramente il paese dei banditi, come si vede in ceti western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, se non dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello nel sorriso dei giovani che tornano dal loro atroce lavoro c’è un guizzo di troppa libertà, quasi di pazzia. Nel fervore che precede l’ora di cena, l’omertà ha questa forma lieta vociante: nel loro mondo così si fa. Ma intorno c’è una cornice di vuoto e di silenzio che fa paura.” (Il successo,Sett. 1959)
Con bisturi affilato – anche troppo, in considerazione del fatto che nessuna forma, se non di affetto, almeno di umana comprensione circa i problemi della società di Cutro traspare da questi giudizi – Pasolini incide lungo la “ferita” calabrese, forse mal calcolando l’effetto boomerang provocato dalle proprie affrettate impressioni,sulle quali, invece, dovrà necessariamente tornare, motivato non solo da un personale ripensamento, ma anche da una querela - ad opera del sindaco di Cutro di allora - connessa, ovviamente, al contenuto ritenuto denigratorio del suddetto articolo.
Senza tralasciare, poi, la consequenziale ondata gigantesca di polemiche, così violente da rendere problematica la candidatura dello scrittore al Premio città di Crotone, riconoscimento ambito,che,in quegli anni, venne istituito per conferire maggiore risonanza alla attuale provincia e promuovere lo sviluppo delle arti e delle scienze.
In considerazione di tutti questi “fattori”, Pasolini si affretterà, attraverso ulteriori articoli pubblicati su “Paese Sera” e sul settimanale “Vie Nuove” – sollecitati da una lettera di un operaio del crotonese, sostanzialmente in linea con l’opinione dell’intellettuale -, a chiarire la propria posizione e “ riconciliarsi”, per così dire, con quanti si erano ritenuti offesi da uno spaccato calabrese raccontato in modo toppo aspro.
In realtà, nello scritto figura quello che - ci sia concesso muovere qualche osservazione, senza pretesa, da “profani” - avrebbe dovuto costituire il nucleo portante del reportage precedente : un excursus analitico circa le drammatiche ed endemiche condizioni socio-storiche di sottosviluppo della Calabria, terreno ideale per abusi, arretratezza economica/culturale e criminalità:
“Tra tutte le regioni la Calabria è forse la più povera …. per duemila anni è stata sottogovernata: ma sottogovernata ancora peggio che la Sicilia o il Napoletano, o Le Puglie, che in molti periodi storici sono state delle piccole nazioni, dei centri di civiltà, in cui i dominatori risiedevano, almeno avevano rapporti diretti con la popolazione…la Calabria è stata sempre, periferica e quindi bestialmente sfruttata , anche abbandonata. Da questa vicenda storica millenaria non può che risultar una popolazione molto complessa, o per dir meglio con linguaggio tecnico “complessata”. Un millenario complesso di inferiorità, una millenaria angoscia pesa nel animo di calabresi, ossessionata dalla necessità, dall’abbandono, dalla miesria .
Tale è il profilo molto efficace, approfondito e “tecnico” che Pasolini delinea della nostra regione; circa il carattere,l’indole degli abitanti,partendo da una sorta di indagine psicanalitica si approda quasi nel vicinanze del “mito del buon selvaggio”:
“Tu forse sai che i “complessi” psicologici impediscono uno sviluppo nomale della personalità: così i Calabresi sono molto infantili e ingenui – e questo è del resto il loro grande fascino, la loro più bella virtù. Quel tanto di contorto che c’è in loro è,in fondo, infantilmente semplice.”
Più avanti nel testo segue, invece, una dettagliata analisi sociale – anch’essa non priva di riferimenti ed antefatti di carattere storico - circa la “qualità” e le caratteristiche del ceto borghese nella regione, volta a spiegare, in un dinamico rapporto di causa-effetto, le motivazioni della configurazione socio-politica della realtà calabrese di quegli anni:
“Tutto questo per quel che riguarda il popolo, la gente umile, la borghesia è un alto discorso. La borghesia calabrese è di recente formazione…essa è nata in quest’ultima guerra, con la borsa nera. È una borghesia recentissima dunque quantitativamente scadente. Le forme più moderne di questa borghesia, mi pare si riscontino a Crotone: nelle altre grosse città calabresi, la borghesia è forse la peggiore d’Italia: appunto perché in essa c’è un fondo di disperazione che la irrigidisce, la mantiene, come per autodifesa,arroccatasi posizioni dolorosamente antidemocratiche, convenzionali, servili. Non è possibilista, scettica, elastica come in alte regioni del Meridione, dove ciò che la salva è proprio la sua corruzione, cioè la sua antica esperienza. In Calabria, ripeto è rigida, moralistica: e perciò faziosa.”
Da questo “panorama”genericamente desolante e livido si intende risolutamente salvare, come già visto sopra, l’intero Crotonose ,in quanto unica realtà calabrese “aperta” e dinamica:
“Naturalmente c’è il Crotonose che fa eccezione. Ed è per questa possibilità,per questa speranza che il Crotonese continua ad avere - che io continuo ad appassionami a questo problema,come se fosse mio e non perderò ceto occasione per parlarne: e dire - sia essa gradevole o no – quella che a me sembra la verità.”
La conclusione dell’articolo è estremamente interessante,oltre che “ambivalente”: se da intellettuale ligio - “duro e puro “- Pasolini battaglieramente si dichiara pronto a prodigarsi per le idee in cui crede, senza subire pressioni di sorta, nel contempo ammette di poter affermare quello che - secondo il proprio personale punto di vista - costituisce la verità,ammettendo così, implicitamente,di essere soggetto ad errori come tutti. Circa le speranze nutrite nei confronti del crotonese,poi, speriamo abbia davvero colto nel segno.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XII n. 31 del 06/08/2005

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