lunedì 20 aprile 2009

Crotone&Immigrazione 4


Il Mediterraneo: sistemi di equilibrio, multiculturalità e integrazione


di Romano Pesavento ed Eliseo Pantisano

Da decenni sentiamo parlare del mar Mediterraneo come qualcosa che evoca o effettivamente rappresenta un’unità, un insieme geopolitico, un’area culturale ed economica complessa, ma unitaria. Quando diciamo Mediterraneo, non pensiamo soltanto al mare o ai paesi che vi si affacciano, ma ad un insieme di popoli, lingue, religioni. Fino a qualche decennio fa, sicuramente fino alla fine della seconda guerra mondiale, la situazione del Mediterraneo poteva essere descritta così: c’erano diversi popoli, con una loro storia millenaria, con una forte identità culturale, con una loro lingua, spesso sostenuta da un significativo patrimonio letterario, e una religione. Oggi, questa situazione di “equilibrio”, non esiste più. Le condizioni sono radicalmente cambiate, almeno per due motivi: innanzitutto, ci sono sistemi di distribuzione e commercializzazione della cultura fortemente centralizzati; inoltre, in tutto il Mediterraneo, con differenti capacità di acquisto, esiste una certa disponibilità di denaro per accedere al mercato e acquistare beni materiali. Per effetto di queste due condizioni, la situazione di equilibrio non regge più.
Questa nuova situazione determina un nuovo rapporto fra quella che viene ormai definita la cultura globale e le cosiddette culture locali: le singole realtà che si affacciano sul Mediterraneo esprimono un’accettazione della cultura globale, perché essa consente l’adattamento al cambiamento in forma rapida, ma esprimono anche un forte attaccamento alle singole eredità culturali. L’ipotesi di una cultura globale del Mediterraneo, si alimenta anche grazie al flusso di persone che si spostano da un paese all’altro, emigrati, turisti, rifugiati, esiliati. Non è più il vecchio movimento della popolazione che, in tempi ormai lontani, si trasferiva dalle campagne verso le fabbriche, urbanizzando territori ospiti; si tratta invece di una nuova mobilità, che avviene con modalità diverse dal passato, in cui l’Italia sta svolgendo un ruolo protagonista, di paese cerniera, di paese avamposto dell’Europa nei confronti del bacino del Mediterraneo. E i recenti fatti di cronaca confermano questa condizione: i continui sbarchi di immigrati clandestini, che arrivano sulle coste italiane, dopo aver rischiato, e, in alcuni casi, perso la propria vita. È ovvio dunque che il sistema di equilibri linguistici, religiosi e culturali raggiunto nei secoli precedenti, si mostra inadeguato a reggere questa nuova situazione. Oggi la tendenza è quella del “riequilibrio”, della ricerca di una collocazione nel nuovo contesto, con l’intenzione di conservare la propria cultura d’origine.
Solo rafforzando la cooperazione fra i paesi del Mediterraneo, si può contribuire a favorire lo sviluppo di queste zone e a creare un nuovo rapporto di equilibrio. Questa potrebbe essere una via da percorrere per controllare i flussi della pressione migratoria, che è irragionevole pensare di poter contenere attraverso chiusure di frontiere o interdizioni militari, con un paese che ha migliaia di chilometri di coste!
Parlando di cooperazione, si potrebbe citare una frase di Claude Levi-Strauss:
«[…] Le varie culture non si ignorano, all’occasione si scambiano prestiti, ma non per dissolversi, hanno bisogno che sotto altri rapporti sussista fra loro una certa impermeabilità». Ed è proprio su questa “impermeabilità” che si dovrebbe basare il processo di integrazione in atto fra diverse culture e diversi popoli, su questa capacità di mantenere la propria identità, pur entrando in contatto con persone diverse. È rilevante l’affermazione di Levi-Strauss in merito alla necessità di mantenere questo legame con altre nazionalità ricreandolo sotto altri rapporti, cercando la maniera di convivere senza ignorarsi reciprocamente, ma instaurando un rapporto di mutuo e scambio. Il fenomeno del multiculturalismo deve dunque favorire le politiche di integrazione, attuando una sorta di “programmazione educativa multiculturale”. Questo significa che ogni cittadino ha bisogno di essere “educato” al rapporto con l’altro, alla convivenza civile con culture e stili di vita differenti dai propri. Un tale processo non si delinea certo come un facile compito, ma occorre cominciare a percorrere questa strada, piuttosto che continuare ad ignorare, volutamente o inconsapevolmente, una realtà che ormai è quotidianamente sotto ai nostri occhi.
Come crotonesi, non possiamo voltare le spalle e far finta di non vedere quanto accade di fronte a noi. La città di Crotone è una delle diverse realtà che si affacciano sul Mediterraneo; essa non può dunque far a meno di essere investita da tutti i cambiamenti che stanno interessando l’area del Mediterraneo. Gli stessi movimenti migratori coinvolgono ogni giorno la provincia crotonese e apportano continue modifiche agli equilibri esistenti sul territorio. Spesso, tali equilibri rischiano di venir compromessi a causa della scarsa volontà di venire incontro alle altre culture e, molto più spesso, a causa dell’incapacità di comprendere a pieno tutte le implicazioni che stanno dietro a termini come multiculturalismo e integrazione.
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XII n. 37 del 17/09/2005

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