mercoledì 1 aprile 2009

I viaggiatori a Crotone 6

Friedrich Leopold von Stolberg: l’amico di Goethe che visitò la “miserrima Crotone”


di Romano Pesavento

A questo punto, prima di avviarci alle conclusioni di questo viaggio nel viaggio nella nostra Crotone, proponiamo due scrittori grosso modo contemporanei, il cui punto di vista combacia perfettamente: il primo fu un narratore di professione, Friedrich Leopold von Stolberg, conte di Stolberg-Stolberg (Bramstedt, Holstein, 7 dicembre 1750 – Sondermuhlen, Osnabruck, 5 dicembre 1821); il secondo,invece, Duret de Tavel (dati anagrafici non conosciuti; l’unica opera è stata scritta tra il 1807 ed il 1810), per pura necessità.
Friedrich Leopold von Stolberg, poeta, nonché amico sin da giovane del celeberrimo Friedrich Gottlieb Klopstock, autore dell’opera Messias, e di Matthias Claudius, successivamente compagno di viaggio nel Sud della Germania e nella Svizzera, insieme al fratello Christian, di Goethe, da questo ricordato nel Dichtung und Wahrheit, si recò in Calabria nel periodo tra il 17 ed il 30 maggio del 1792. La descrizione del viaggio è contenuta nell’opera in quattro volumi intitolata “Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien (Viaggio in Germania, Svizzera, Italia e Sicilia) e pubblicata nel 1794 a Leipzig e Konigsberg dal suo amico-editore Friedrich Nicolovius. L’opera ebbe molto successo in Germania. A testimonianza di ciò Di Carlo, in Viaggiatori stranieri in Sicilia nei secoli XVII e XIX, scrive: “L’opera ebbe molto successo. Tenuta presente e utilizzata da posteriori viaggiatori e stranieri, è stata lodata per la ricchezza e varietà del suo contenuto storico, archeologico, naturalistico, per la conoscenze classiche che rivela ed il fine senso dell’Arte che la distingue, per l’acuto e fondato giudizio anche in materia politica”. In merito al nostro territorio, arrivò a Crotone il 21 maggio 1792. Certamente la descrizione che emerge dalle sue pagine sulla nostra cittadina non si discosta di tanto dai suoi predecessori, già ampiamente trattati: “Questa città, che era una delle più potenti della Magna Grecia al tempo della sua prosperità, ormai è ridotta ad una misera cittadina, nei cui dintorni vivono circa 500 abitanti.”
Infatti, le riflessioni che corrono lungo le righe comunicano immagini e forti percezioni pregne di decadenza e di desolazione. Al solito, lo stridente contrasto, tra quanto rappresentò Crotone e la realtà drammatica del presente, genera abbattimento e sconforto in chi, pur non cittadino crotonese, ma amante dell’arte e della letteratura, piange tutto ciò che mortifica e depaupera la bellezza. Successivamente, l’intellettuale coglie un ulteriore aspetto, ancora oggi attuale, causa di molteplici disagi nella popolazione: la sporcizia.
“La pianta della liquirizia qui cresce del tutto spontanea ed è un’attività di commercio. L’acqua straripante del fiume e la decadenza del porto hanno contribuito senza dubbio alla cattiva aria di questa città; comunque, a peggiorare ulteriormente il tutto, ci sono i vicoli stretti e la sporcizia degli abitanti.”
In realtà, tra le tante tradizioni popolari trasmesse fino ai giorni nostri, accanto ai crustoli, alle cuzzupe e alla amatissima festa della Madonna di Capo Colonna, anche queste rappresentano un elemento vistoso di continuità con il nostro passato: l’incuria, la mancanza di rispetto verso la natura e la collettività, l’assenza totale di senso civico. Come possiamo constatare, guardandoci intorno, esse albergano profondamente nell’animo di gran parte dei cittadini crotronesi: le spiagge sommerse da rifiuti che, certo, non si materializzano da soli; le strade invase da mobili e suppellettili di vario genere, beni culturali sempre più violati e defraudati. Troppo comodo imputare, quindi, solo alle istituzioni colpe e inadempienze relative ad un pessimo servizio, quando invece tutto deve essere ricondotto ad un’etica civica resa povera dalla mancanza di cultura.
“Quasi tutto il percorso di quaranta miglia da Cotrone a Catanzaro è fiancheggiato da pascoli collinosi. L’eccellente fertilità del terreno è dimostrata dalla felice crescita di grossi cardi, e da alcuni campi, su cui spuntano delle meravigliose piantagioni di grano. Ma questa terra clemente sfama pochi abitanti. La trascuratezza, l’oppressione del regime, e le forti imposte che i contadini devono pagare ai nobili, trattengono molti dallo sposarsi (…) Oltretutto, anche la mancanza di strade aggrava lo stato di questa bella provincia, dove non è ancora stata costruita nemmeno una strada carrozzabile.”
Anche l’ultimo passo selezionato introduce una problematica di scottante attualità: la difficoltà di sposarsi. In passato, il matrimonio, come si evince dal testo, era ostacolato dallo strapotere della classe dirigente aristocratica e conservatrice, molto attenta a perseguire i propri interessi a discapito dei più deboli. Per quanto riguarda il nostro oggi, va bene che i tempi sono duri per tutti, ma a Crotone, fra affitti rincarati e pochissimi posti di lavoro disponibili in ogni settore, dal più umile al più prestigioso, diventa davvero complicato riuscire onestamente a iniziare un proprio percorso familiare. Anzi, ancora più grave diventa la situazione quando importantissime mansioni vengono affidate a “ciucci” raccomandati, “ladruncoli” e “banditi”, privi di alcuna competenza e titolo di studio. In effetti, nulla è cambiato. Nemmeno la viabilità. Tanto è vero che, malgrado il tempo trascorso, l’efficienza e l’efficacia delle attuali vie di comunicazione sono rimaste le stesse di allora.
Quanto al secondo personaggio, Duret de Tavel, invece, sappiamo veramente poco: fu un ufficiale francese subalterno, forse un tenente e fece parte delle commissioni militari in Calabria nel 1808. Il suo nome non compare in nessuna delle opere scritte sulla campagna delle Calabrie. La sua esistenza è testimoniata dalle lettere indirizzate al padre nei tre anni – dal dicembre del 1807 all’ottobre del 1810 – e apparse a Parigi il 1820 con il titolo Sèjour d’un officier francais en Calabre, ou Lettres propres à faire connàîtatre l’ètat ancien et moderne de la Calabre, le caractère, les moeurs des ses habitants, et le évenements politiques et militaires qui s’y sont passès pendant l’occupation des Francais (Soggiorno di un ufficiale francese in Calabria). Da quest’ultime si evince, infatti, che giunse nel territorio crotonese il 12 ottobre 1808.
Circa questa testimonianza, Duret de Tavel ricorda ancora una volta lo scempio delle rovine dell’antica Kroton e l’incapacità di programmare opere realmente utili e funzionali ai bisogni della collettività. Tutto si risolve in un enorme, ingiustificato e insensato spreco di risorse economiche. “Il 12 soggiornammo a Crotone e ne approfittai per visitare Capo Colonna, conosciuto dagli antichi con il nome di promontorio Lacinio, celebre per la scuola di Pitagora e il tempio di Giunone Lacinia, che richiamava dall’Italia e dalla Gracia moltissimi pellegrini (….) Tornato a Crotone, cercai inutilmente le rovine della vasta città, il poco che è rimasto è stato portato via per essere adoperato per la costruzione di un cattivo porto, i cui lavori hanno avuto inizio da molto tempo, ma che per gli inconvenienti che la sua posizione comporta non sarà mai di grande utilità per il commercio.”
L’ultima testimonianza riguarda le nostre risorse. Infatti, lo scrittore nota: “Carlo V, volendo trasformare la città in una fortezza, vi fece costruire un castello e la circondò di alte mura, che oggi formano la triste cinta di un paese che conta solo tremila abitanti rosi dalla miseria e dalle malattie generate dalla stagnazione delle acque che una volta fertilizzavano queste belle campagne mantenendovi la salute e l’abbondanza. Il suo vasto territorio, anche se coltivato male, produce una grande quantità di grano che, insieme al formaggio, costituisce una parte considerevole del suo commercio con Trieste.”
Per fortuna che c’è il formaggio! Anche oggi infatti vino e formaggio non vengono meno. In una nota canzone di Pino Daniele “ ’Na tazzulella é cafè”, il caffé, polemicamente, diventava simbolo di una sorta di regressione economica e culturale: dove tutto mancava, sopperiva il caffé. Qui che dire? In una città abbandonata da crotonesi disoccupati e in perenne ricerca del posto di lavoro, in una provincia in cui il turismo e le attività industriali languono e non vengono supportate in modo adeguato, soltanto qualche industria di carattere agro-alimentare, fortunatamente, resiste tenacemente. Lungi da noi svilire tali attività produttive ma occorrerebbe anche dar prova di maggiore inventiva e creatività, importando magari modelli di sviluppo da paesi più progrediti e innovativi al fine di realizzare le condizioni più opportune per un miglioramento socio-economico. Senza mezzi termini: mettiamo il naso fuori dai nostri confini e traiamo spunti di ispirazione.






Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 34 del 01/09/2006

Nessun commento:

Posta un commento