sabato 15 aprile 2017

Arte Italia - La mostra multimediale dedicata a Klimt: in esposizione fino al primo maggio prossimo presso Santo Stefano al Ponte a Firenze


Romano Pesavento



Fino al 1° maggio sarà possibile visitare la mostra - spettacolo multimediale dedicata a Klimt, presso Santo Stefano al Ponte a Firenze. L’evento costituisce certamente un momento di sinestesia estrema di matrice wagneriana: le principali opere e disegni dell'artista austriaco, le sue fotografie, i luoghi, vengono proiettati su enormi pannelli a ritmo di musica classica / lirica ed evocano uno scenario incantevole e nel contempo tenebroso. La scelta audace dell’evento è stata quella di “stordire” gli spettatori mediante il suggerimento di atmosfere oniriche, cangianti e seducenti, che ricreassero il mondo interiore di Klimt e restituissero totalmente intatto tutto il fascino della “Belle Époque”. La malia di sguardi innocenti o perturbanti, incorniciati da chiome scomposte e avvolgenti, si sprigiona dai maxischermi, atti a centuplicarne il fascino immortale. Klimt incarna, come pochi altri, il mito dell’ “eterno femminino”; riesce a rappresentare la grazia, il mistero e la sensualità femminili in modo incomparabile; in tutte le fasi della vita della donna è capace di captarne, con una sensibilità ineguagliabile, l’essenza più pura: occhiate lascive, altere o il bagliore dell’autentico candore si avvicendano senza posa, alternandosi ad esplosioni di luce o a fantasmagorie di colori.
Lentamente si compone dall’oscurità, l’immagine ieratica della dea Hygeia, superba ed enigmatica, particolare presente nell’opera chiamata “Medicina” (1897), distrutta nel 1945; contemporaneamente il brano “O Fortuna” dei Carmina Burana di Carl Orff dilata, con i suoi cori apocalittici e i suoi ritmi ancestrali, il buio, mentre intorno le fiamme si elevano terrifiche e supreme, lasciando gli avventori annichiliti, sospesi in una realtà alchemica, in bilico tra la dannazione e la salvezza.     
In realtà Mozart e Strauss, illustri concittadini di Klimt, costituiscono la colonna sonora più appropriata per rappresentare la visionarietà simbolica del suo immaginario: le note giocose, suadenti, vibranti e “iridescenti” delineano nell’aria arabeschi guizzanti, serpentiformi, esoterici e inebrianti come i tocchi pittorici dell’artista.  
Pertanto, la seconda aria della Regina della Notte “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen” (La vendetta dell'Inferno ribolle nel mio cuore) nel “Flauto magico” (Die Zauberflöte) di Mozart si sposa perfettamente con i temi rappresentati nei due dipinti “La speranza” (1903)e “Hope II” (1907), entrambi caratterizzati da un susseguirsi di richiami alle molteplici coppie di dicotomie proprie dell’esistenza umana: luce e tenebre; vita e morte; bene e male; redenzione e peccato.
Sugli enormi pannelli laterali si crea un corridoio di altissime fontane pirotecniche, scintillanti, multimediali, che, con l’irresistibile impulso ritmico del  brano di Mozart  “La serenata in Sol maggiore K 525”, nota come “Eine kleine Nachtmusik” ("piccola serenata"), imprimono un movimento gioioso e ludico all’ambientazione festosa del palcoscenico  dedicata alla tela più nota di Klimt: Il Bacio
La figura della biblica Giuditta viene celebrata attraverso l’accostamento dei due dipinti incentrati su tale figura, la cui evoluzione, nella percezione personale dell’artista, è evidente. La “dark lady”, la “femme fatale”, di tanta letteratura decadente trova una perfetta esplicitazione nelle forme sinuose e inquietanti delle due versioni; la prima, del 1901, sensuale e vagamente beffarda, espone all’occhio dello spettatore tutta la sfrontatezza di un corpo irresistibile, trappola mortale per Oloferne, emergendo dall’oro prezioso, altera regina della vita e della morte altrui. La seconda, del 1909, presenta i tratti quasi deformati, vicini all’Espressionismo, crudeli, di una megera in fuga; la testa di Oloferne, in questo caso, pende da mani quasi convulsamente “artigliate”, come quelle di Papa Innocenzo X di Velázquez. Le sinfonia n.9, secondo movimento, di Ludwig van Beethoven si diffonde in tutta la sua solenne grandiosità, promettendo delitto e castigo.
Sulle note del “Danubio Blu” di Strauss, si apre il sipario della briosa ed elegante Vienna; tutti i luoghi più importanti del periodo appaiono e scompaiono: il tempo scorre a ritroso, lasciandoci nella memoria antiche cartoline in bianco e nero. 
  
L’Inno alla Gioia di Ludwig van Beethoven, contenuto nel quarto movimento della Sinfonia n. 9, introduce con maestà e grazia le immagini allegoriche / filosofiche e mitologiche del pannello di Gustav Klimt, “L’ostilità delle forze avverse (Malattia, Follia e Morte e le tre Gorgoni)”, Fregio di Beethoven, 1902, presente al Palazzo della Secessione (“Wiener Secessionsgebäude”). La spinta vitalistica è fortissima: l’orrore delle debolezze umane può essere superato solo attraverso l’espressione creativa, che sconfigge perfino la morte e consegna all’eternità. “II mio regno non è di questo mondo” citava da Wagner Klimt in modo sentenzioso ed efficace. Nella sua concezione del mondo è ravvisabile un percorso culturale, fitto di riferimenti e condensato, che parte dal mito greco, passando dalla filosofia di Arthur Schopenhauer e Nietzsche, per approdare alla psicologia freudiana.
E così, nel tempo che trascorre tra melodie solenni, cori medievali e sublimazione siderale dei suoni, “abbagliati” dal buio elettrico da milioni di pixell, si assiste, attraverso il trionfo della tecnologia, all’epifania di un grande artista, che “non aveva niente di particolare”, se non essere il tedoforo più luminoso della Secessione viennese. 

Pubblicato su La Provincia KR online del 13/04/2017

Reportage fotografico