giovedì 2 aprile 2009

I viaggiatori a Crotone 8

Craufurd Tait Ramage: il dotto umanista inglese che si sbalordì per la decadenza dei discendenti di Milone.


Galanti Giuseppe Maria: lo scrittore di economia che espresse perplessità sugli incarichi professionali assegnati dagli amministratori locali.


di Romano Pesavento

Tra i diversi scrittori itineranti che passarono dalla città di Crotone, meritano un posto importante sia l’umanista e pubblicista inglese Craufurd Tait Ramage, sia lo scrittore italiano di economia Galanti Giuseppe Maria (Santa Croce del Sannio 1743 – Napoli 1806).
Ma chi erano questi viaggiatori così ostinati e coraggiosi? In merito al primo personaggio, la bibliografia scritta da Ernesta ed Albert Spenser Mills è di enorme aiuto per ricostruire le fasi salienti della sua vita. Infatti, apprendiamo che: “Craufurd Tait Ramage nacque a Annefield, vicino Newhaven, il 10 settembre 1803. Fu educato alla Edinburgh Scuola Superiore e all’Università dove si laureò in M.A. (Master of Arts) nel 1825. Nel mentre frequentava l’università impartiva lezioni studenti privatamente, incluso Archibald Campbell Tait, che fu dopo Arcivescovo di Canterbury e con il quale mantenne un’amicizia a vita. Dopo aver lasciato il collegio, Ramage divenne tutore de figli di Sir Henry Lushington risiedendo tre anni a Napoli con loro in famiglia. Dopo di ciò viaggiò i Italia e visitò la Calabria. Al suo rientro in Scozia dedicò le ore libere a studi letterari e contribuì al “Quartely Journal of education”, la “Penny Cylopaedia” e alla settima edizione dell’Encyclopaedia Britannica. Nel 1841 Ramage fu nominato docente alla Wallace Hall Academy e dopo, alla morte del dott. Mundell, divenne rettore della stessa accademia nel 1842. Fu nominato poi magistrato di pace a Dumfriesshire nel 1848 e nel 1852 gli venne conferito il grado LL.D. (dottore in legge) dell’Università di Glasgow. Morì alla Fallace Hall Academy il 29 novembre 1878.”
Per quanto riguarda il giro, fatto da questo singolare viaggiatore e umanista nel Regno delle Due Sicilie, ha inizio il 28 aprile 1828 da Napoli e si svolge lungo tutta la costa occidentale dell’Italia Meridionale, fino all’Appennino tra Gerace e Locri, risalendo poi quella orientale verso le Puglie e oltre. Un viaggio quasi simile a quello del connazionale Swinburne, ma al contrario di lui che viaggiava come un principe, sempre accompagnato da guardie armate, il nostro scrittore si mosse in condizioni assai precarie, da solo, senza scorta. Un’escursione lunga e affascinante incontro a luoghi e a persone rimaste paradossalmente identiche nel tempo, in mezzo a indescrivibili disagi, che egli affrontò con rassegnazione e forza. Naturalmente, come tutti i suoi predecessori, anche Ramage raccolse in un libro tutte le sue riflessioni. L’opera fu pubblicata nel 1868 con il titolo: “The Nooks and Byways of Italy- Wanderings in Search of its Ancient Remains and Modn Superstitions”.
Fatta luce sulla personalità di Ramage, addentriamoci adesso nell’analisi fatta sulla nostra città: “Crotone è una città cinta da mura ed entrando per una delle sue porte mi aspettavo di essere fermato da una sentinella; tuttavia, passai incontestato. Era sera, e la piazza era affollata. I discendenti di quel Milone le cui gesta spiccano tra i ricordi delle meraviglie dei nostri anni giovanili, era lì di fronte a me. Invano volgevo l’occhio attorno per scoprire le membra atletiche e i ben sviluppati muscoli dei tempi che furono. Uno sguardo fisso, bovino, e un’espressione di sciocca curiosità, erano le prevalenti caratteristiche dei moderni abitanti di Cotrone. Eppure il paesaggio che lo circonda non è mutato; la stessa montagna protegge il suo porto dalle tempeste provenienti dal sud; il suolo della campagna circostante sarebbe ancora capace di dare raccolti abbondanti come per il passato. La natura è altrettanto generosa oggi come lo era duemila anni fa, per provvedere ai bisogni fisici dell’uomo. È la mente che ha generato, le potenze intellettuali sembrano spente. Le mura della città che una volta si estendevano per un perimetro di quasi venti chilometri sono ora limitate a poco meno di due chilometri e lo spazio racchiuso entro i limiti dell’antica fortezza è più che sufficiente per accogliere l’esiguo numero di abitanti.”
Certamente, le parole usate dallo scrittore nel descrivere il contesto sociale crotonese, ahimé, non ci riempiono né di gioia né di felicità. Ci troviamo, infatti, di fronte, ancora una volta, ad alcuni aspetti della realtà che, tuttora, non vorremmo proprio riscontrare; stiamo parlando, naturalmente, dell’inappetenza culturale e della assenza più totale di “linfa morale” che vigono nella nostra città. Di solito, i lettori attenti obbietteranno, si parla di linfa vitale; noi con questa espressione intendiamo tutto quel crogiuolo di educazione, e sensibilità e cultura, che dovrebbe distinguere un consorzio umano progredito da un manipolo di selvaggi.
Quanto al secondo personaggio, Galanti Giuseppe Maria, invece, sappiamo che, italiano di nascita, fu sostenitore del mercantilismo. Difese però il riformismo nell’ “Elogio ai Genovesi”, e pubblicò poi una “Descrizione dello Stato antico ed attuale del contado Molise”, in cui auspicava libertà di commercio , abolizione dei monopoli e dei privilegi, equa tassazione basata sull’imposta fondiaria. Successivamente, riuscì ad avere dal governo l’incarico della descrizione geografica statistica economica del regno e pubblicò nel periodo 1786-94 l’opera in cinque volumi “La Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie”.
Egli giunse a Crotone il 20 aprile del 1792 e vi rimase fino al 23 pomeriggio. Anche lui, come i suoi precursori, sin dalle prime righe rappresenta Crotone come una città ormai decaduta e vittima del vivere incivile dei suoi abitanti. “Crotone è una città assai meschina, posta sul mare in una penisola. È cinta di altissime mura, le quali sono fortissime e di una solidità grandissima. Esse sono dannose alla città perché le tolgono la libera ventilazione dell’aria. Ha una sola porta, la quale si chiude ogni sera alle due ore. La città presenta un aspetto squallido. Non si veggono né pure edifizi mediocri. È piena di immondizie. È scoscesa con istrade strette ed irregolari. La cattedrale è un edifizio di nessun gusto e sembra un vero magazzino. Il castello è sito sulla cima del colle ed è in cattivo stato di polizia: pochi cannoni di ferro e poca guarnigione. Cotrone è posta su di un colle ma rivolta verso terra, quando che verso il mare è il castello e tra il castello ed il mare vi è molto spazio da costruirvi un borgo. – Fuori di Cotrone vi si vede un numero grande i magazzini da grano e da formaggio. Saranno oltre 100.”
Infatti, ad allietare la sua già impietosa descrizione dello squallore cittadino si aggiungono anche alcune considerazioni psicosomatiche sulla naturale inclinazione dei crotonesi più disagiati verso l’ubriachezza, l’ozio e la malafede.
“Scarso è il danaro. L’interesse a mutuo nella più bassa ragione è all’otto per cento. In Cotrone sono le stesse varietà di pesi e misure di sopra notate (…).Gli abitanti sono di benigna natura ed inclinati alla felicità. Vi regna la mendicità e va crescendo. Nella bassa gente regna l’ozio e l’ubbriachezza, la malafede.”Anche l’ultimo passo selezionato, introduce una problematica di scottante attualità: gli incarichi di natura intellettuale pubblici dati da a chi ha scarsa competenza. Certamente, è inutile dire che tale tema risulta ancora oggi attuale e scottante. Basta, infatti, navigare tra le tante determine dirigenziali per scoprire e capire quanti danni creiamo, mese dopo mese, alla nostra terra. Viva il clientelismo, abbasso la cultura e la conoscenza ci verrebbe, quindi, da concludere con sarcasmo. D’altronde, finiremmo anche noi con il sostenere che non serve essere ingegnere per costruire un ponte, o aver studiato per elaborare un buon piano di sviluppo, a quanto pare, altrimenti si rischia di essere tacciati di pignoleria, con le nefande conseguenze che si possono immaginare.


Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 36 del 15/09/2006

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