Lenormant e il pressappochismo dei crotoniati
di Romano Pesavento
Francois Lenormant, in quanto archeologo e filologo di chiara fama e di provato ingegno, rappresenta, tra i tanti letterati approdati a Crotone per motivi di studio, l’intellettuale che forse in modo più specifico, scientifico e in definitiva più proficuo ha reso giustizia alla nostra provincia, recuperando dai meandri del passato, attraverso lo studio delle fonti storiche, delle monete e dei diversi reperti archeologici, i giorni di gloria della città, riportandone alla luce lo splendore, le vicende belliche, l’organizzazione economica, le dinamiche interne i motivi di ascesa e declino. Egli, “figlio d’arte” perché instradato alle discipline umanistiche e seguito durante l’intero corso di studi dal padre, Charles Lenormant, uomo di solida cultura nonché direttore della biblioteca nazionale di Parigi, dedicherà la propria intera esistenza alla ricostruzione dei grandi fatti delle civiltà del passato. Nacque a Parigi il 17 gennaio 1837 dove morì, ancora giovane, il 9 dicembre del 1883; in tale città mosse i suoi primi passi di appassionato cultore delle antichità, tanto che già nel 1857, quindi appena ventenne, fu insignito di un prestigioso premio da parte dell’Accademia delle Iscrizioni, come riconoscimento per il proprio, meticoloso, studio di numismatica, un saggio sulla classificazione delle monete pubblicato sulla rivista “Revue archeologique”. Successivamente, con simili premesse, e per onorare il proprio ruolo di archeologo, egli intraprenderà una serie di viaggi e spedizioni volti a condurlo nei luoghi teatro degli avvenimenti storici prescelti per la propria indagine. Fatta questa premessa, è facile immaginare che in un contesto progettuale simile l’ Italia e la Magna Grecia nel dettaglio non potessero essere assolutamente trascurate da uno studioso così innamorato del passato; infatti egli vi si recò in più di una occasione, dopo aver visitato molti altri luoghi del Mediterraneo sinonimi di civiltà come l’Egitto o la Grecia e affinato la propria competenza professionale attraverso molteplici esperienze. Pertanto, dal 1879 al 1883, lo studioso, al culmine della propria maturità culturale si dedicò a svariate “spedizioni” nell’Italia meridionale, i cui frutti sono una serie di relazioni ed accurate ricostruzioni circa le vicende storiche della Puglia e della Lucania. Inoltre, come era stato già anticipato, non manca un sostanzioso studio circa le nostre “glorie”cittadine, dal momento che alla storia di Crotone, in tutte o quasi le sue fasi, è dedicato abbondante spazio in seno al secondo volume dell’opera intitolata “La magna Grecia” suddivisa in tre tomi. Quali osservazioni rilevare circa la prosa e i contenuti di tali pagine? Rispetto agli scritti dei precedenti autori esaminati in questa piccola carrellata dedicata agli intellettuali a Crotone, c’è, sicuramente, meno interesse per la denuncia polemica dei mali del meridione o per il commento ironico; in pratica; Lenormant preferisce far campeggiare nei suoi testi la ricostruzione del fatto storico, senza ulteriori “abbellimenti” o interventi personali, forse giudicati un’intromissione, in alcuni casi una forzatura, fuorviante rispetto al primo doveroso obiettivo di un archeologo che consiste, appunto, nel far semplicemente rivivere la storia. Tuttavia, in merito a Crotone scrisse: “La salubrità dell’aria era dunque la condizione prescelta da Miscello per la fondazione della sua colonia a Crotone, e gli antichi scrittori sono unanimi nel vantare la purezza dell’aria di questa città ed i vantaggi del suo clima. La reputazione non è meno stabile oggi in tutte le Calabrie, benché molti secoli di negligenza nel regime delle acque alla foce dell’ Esaro, abbiano prodotto in quella zona dei terreni acquitrinosi, che non erano certamente tali nei tempi antichi. Sotto questo rapporto le condizioni di Crotone erano molto diverse da quelle di Sibari; ed è alla suddetta salubrità che gli antichi, tutti d’accordo, attribuivano la bellezza e la forza della gente che vi si era sviluppata conformemente alla promessa fatta da Apollo. (…) Anche oggi,dopo una decadenza parecchie volte secolare,che spopolò e rese incolta parte del territorio,Crotone,pianura e montagna, è notevole per la varietà e la feracità della sua produzione agricola, la cui esportazione è sufficiente per mantenere durante tutto l’anno quasi un discreto commercio nel suo porto”
In questo caso, sebbene Lenormant sia, come detto precedentemente, restio ad affrontare problematiche di stretta attualità, nel passo in esame oltre ad illustrare le condizioni della Crotone antica, spende qualche parola circa il presente attuale della città e, tanto per cambiare, dalle sue parole si evince come gli sfasci ambientali siano ancora una volta imputabili ad una cattiva gestione delle risorse e all’incapacità criminale dei governatori. Evidentemente, anche in tale circostanza, il degrado di Crotone rispetto ai suoi fasti, ha commosso e indignato lo studioso di turno e lo ha “obbligato”, seppur in modo contenuto, a lamentare la “negligenza” dell’allora giovane stato italiano. In considerazione del fatto che, a giudizio di Lenormant, e come viene rilevato puntualmente da politici imbonitori e ciarlatani attendibili solo circa questo punto, le risorse e le possibilità di sviluppo sussistono -prova ne è che, nonostante l’abbandono spaventoso in cui versa l’intera provincia, c’è ancora qualche “folle” impegnato a sopravvivere con decoro in un organismo ormai avanzatamene in necrosi- queste osservazioni circa le potenzialità della città non utilizzate al meglio infondono più tristezza che speranza per l’avvenire.
Tuttavia, ogni attenzione e riguardo dello scrittore sono catalizzati dalle vicende della “mitica” Kroton: “La eccezionalità del clima non era il solo vantaggio del sito indicato a Miscello dall’oracolo, per fondarvi la sua colonia. Crotone aveva ancora su Sibari un altro vantaggio,che doveva contribuire potentemente al suo progresso e alla sua prosperità: questo era il suo porto. Come nota Polibio esso era imperfettissimo; non offriva che soltanto in estate una piena sicurezza alle navi che vi approdavano: ma era sempre il migliore lungo tutta l’estensione della costa tra Messina e Taranto, e l’unico invero che si potesse chiamare porto, e non ancoraggio foraneo. Ciò doveva attirare un movimento considerevole di navigazione, e soprattutto permettere alla città di crearsi una marina importante di fronte a Sibari,che mai durante il periodo di più grande splendore potette possederla (…) Polibio asserisce che questa era la sorgente dell’eccezionale opulenza di Crotone, e che fino alle catastrofi apportate dalla guerra, che finirono con l’opprimerla, essa dovette alla fertilità del territorio e al commercio del proprio porto, l’unico sbocco marittimo di una regione prospera ne vasta, il concentramento nelle sue mani di grandi ricchezze, che la innalzarono al più alto grado di fortuna e di potenza”.
In questo passo, Lenormant fa mostra delle sue capacità di avveduto storico: la fortuna della città è ricondotta alle ottimali condizioni del territorio di riferimento. Rispetto a Swinburne, più incline, come abbiamo visto, a considerare i fattori “ideali”in senso crociano, egli non mancando di uno spiccato realismo indugia invece su elementi inconfutabilmente pratici per spiegare l’ascesa vertiginosa e rapida di Crotone: il clima, il suolo fertile, il porto e giacimenti di minerali molto “utili”. Per esempio, circa “le ricche” miniere d’argento di cui la città era dotata troviamo: “A tale prerogativa Crotone aggiungeva, come Atene, quella di possedere ricche miniere d’argento nel suo territorio, prerogativa essenziale in quei tempi, nei quali, più che nei moderni, l’imperfetto meccanismo del credito rendeva indispensabile l’abbondanza del numerario per lo sviluppo delle operazioni commerciali. A Verzino, su uno degli affluenti del Neto, e dalla parte delle montagne, che i Crotoniati dovettero occupare prestissimo, si incontrano dei filoni di minerale argentifero con tracce di antico sfruttamento (…). Al possesso di queste miniere i Crotoniati dovettero aggiungere più tardi quelle di Longobucco, egualmente sfruttate in antico, ma che avevano dovuto appartenere in precedenza ai Sibariti. Questa fu l’origine della grande monetazione dei Crotoniati, la quale, dal principio della coniazione monetaria degli Achei d’Italia, pare abbia sorpassato in quantità quella di Sibari stessa, e in seguito, nel quinto secolo e nei primordi del quarto, eguagliato quella di Taranto stessa”.
L’autorità e il prestigio di una città, in passato, derivavano, oltre che dal potere politico e dall’estensione territoriale, anche dalla monetazione, che a Crotone raggiungeva livelli ragguardevoli, come testimoniano le svariate, appunto, monete d’argento ritrovate nei vari punti del crotonese e in mostra nel nostro museo. Lo scontro con la vicina Sibari, come si deduce dalle parole di Lenormant, è dovuto anche all’ inevitabile rivalità per il possesso di tali risorse, anche se agli albori di entrambe “le potenze”, e per un certo periodo di tempo successivo, si parla addirittura di rapporti “amichevoli”: “Nei due primi secoli dalla sua fondazione,che segnarono la fase ascendente delle colonie Achee della Magna Grecia, Crotone s’ingrandì notevolmente e pervenne ad un alto grado di splendore e prosperità. Il suo progresso fu parallelo e contemporaneo a quello di Sibari; e le due città vissero allora in piena armonia; i loro interessi erano comuni, e fra esse esisteva quella naturale disposizione all’unione federativa, che tra le genti greche sempre distinse gli Achei. Svolgevano insieme l’opera comune per raggiungere il medesimo fine, cioè la conquista dell’Italia meridionale all’ellenismo, affrettandosi ad estendere le colonie propriamente greche, e ad assimilare abilmente le genti pelagiche. Quattro città nell’ottavo secolo a. C. erano state fondate sul litorale italiano del mar Ionio: due doriche, Locri e Taranto, alle due estremità Sud e Nord, e due achee negli intervalli Sibari e Crotone; le altre riconoscevano incontestabilmente la loro supremazia”. Da questo iniziale e tacito “patto di non belligeranza”, da questa felice concordia, si passerà agli scontri successivi che vedranno in campo schierate,l’una contro l’altra,tutte le città citate,interessate alla conquista del primato assoluto: in fin dei conti, questa stessa motivazione sarà determinante e bastevole per incrinare i precedenti armonici accordi tra Roma e Cartagine e spingere entrambe alla guerra: “Crotone e Sibari erano, ormai, ambedue troppo potenti per non divenire rivali: esse non volevano consentire ad una uguale potenza, e né l’una né l’altra si rassegnava ad alcuna scambievole dipendenza”.
Da qui, la celeberrima vittoria di Crotone su Sibari ed un consequenziale periodo di supremazia, sfortunatamente non duraturo perché, ormai coinvolta in questa girandola di conflitti per il mantenimento del potere, anche essa subirà la sconfitta da parte della città di Locri e l’ineluttabile declino. Circa le cause della sconfitta di Crotone Lenormant, secondo il proprio costume, fornisce spiegazioni concrete e reali: la favorevole posizione geografica da cui attaccarono i Locresi e la scarsa qualità dell’addestramento nell’esercito crotonese, benché, per numero, grandemente superiore a quello della rivale: “I Crotoniati pensavano di terminare la guerra in un sol colpo, schiacciando gli avversari sotto il peso di grandi masse di uomini (…) Per porre in linea tanti combattenti, Crotone aveva dovuto ammassare una turba confusa e con probabilità,armata male di contadini poco abituati al servizio militare,dai costumi pacifici (…) L’esercito locrese, però, aveva scelto per attendere i Crotoniati, una formidabile posizione, creata per facilitare la difensiva di un pugno di uomini risoluti…” Anche da questo contesto di “letture razionali” e in chiave socio-economica della storia, si evince la solita, noiosa, sgradevole, ma, ahinoi, inconfutabile morale: dalla vanagloria, dall’improvvisazione e dall’impreparazione scaturisce ben poco. Se la leggendaria Kroton è stata affossata dal proprio disimpegno, dalla propria arroganza e dalla scarsa lungimiranza, che sarà mai della Crotone piccola piccola di oggi?
Francois Lenormant, in quanto archeologo e filologo di chiara fama e di provato ingegno, rappresenta, tra i tanti letterati approdati a Crotone per motivi di studio, l’intellettuale che forse in modo più specifico, scientifico e in definitiva più proficuo ha reso giustizia alla nostra provincia, recuperando dai meandri del passato, attraverso lo studio delle fonti storiche, delle monete e dei diversi reperti archeologici, i giorni di gloria della città, riportandone alla luce lo splendore, le vicende belliche, l’organizzazione economica, le dinamiche interne i motivi di ascesa e declino. Egli, “figlio d’arte” perché instradato alle discipline umanistiche e seguito durante l’intero corso di studi dal padre, Charles Lenormant, uomo di solida cultura nonché direttore della biblioteca nazionale di Parigi, dedicherà la propria intera esistenza alla ricostruzione dei grandi fatti delle civiltà del passato. Nacque a Parigi il 17 gennaio 1837 dove morì, ancora giovane, il 9 dicembre del 1883; in tale città mosse i suoi primi passi di appassionato cultore delle antichità, tanto che già nel 1857, quindi appena ventenne, fu insignito di un prestigioso premio da parte dell’Accademia delle Iscrizioni, come riconoscimento per il proprio, meticoloso, studio di numismatica, un saggio sulla classificazione delle monete pubblicato sulla rivista “Revue archeologique”. Successivamente, con simili premesse, e per onorare il proprio ruolo di archeologo, egli intraprenderà una serie di viaggi e spedizioni volti a condurlo nei luoghi teatro degli avvenimenti storici prescelti per la propria indagine. Fatta questa premessa, è facile immaginare che in un contesto progettuale simile l’ Italia e la Magna Grecia nel dettaglio non potessero essere assolutamente trascurate da uno studioso così innamorato del passato; infatti egli vi si recò in più di una occasione, dopo aver visitato molti altri luoghi del Mediterraneo sinonimi di civiltà come l’Egitto o la Grecia e affinato la propria competenza professionale attraverso molteplici esperienze. Pertanto, dal 1879 al 1883, lo studioso, al culmine della propria maturità culturale si dedicò a svariate “spedizioni” nell’Italia meridionale, i cui frutti sono una serie di relazioni ed accurate ricostruzioni circa le vicende storiche della Puglia e della Lucania. Inoltre, come era stato già anticipato, non manca un sostanzioso studio circa le nostre “glorie”cittadine, dal momento che alla storia di Crotone, in tutte o quasi le sue fasi, è dedicato abbondante spazio in seno al secondo volume dell’opera intitolata “La magna Grecia” suddivisa in tre tomi. Quali osservazioni rilevare circa la prosa e i contenuti di tali pagine? Rispetto agli scritti dei precedenti autori esaminati in questa piccola carrellata dedicata agli intellettuali a Crotone, c’è, sicuramente, meno interesse per la denuncia polemica dei mali del meridione o per il commento ironico; in pratica; Lenormant preferisce far campeggiare nei suoi testi la ricostruzione del fatto storico, senza ulteriori “abbellimenti” o interventi personali, forse giudicati un’intromissione, in alcuni casi una forzatura, fuorviante rispetto al primo doveroso obiettivo di un archeologo che consiste, appunto, nel far semplicemente rivivere la storia. Tuttavia, in merito a Crotone scrisse: “La salubrità dell’aria era dunque la condizione prescelta da Miscello per la fondazione della sua colonia a Crotone, e gli antichi scrittori sono unanimi nel vantare la purezza dell’aria di questa città ed i vantaggi del suo clima. La reputazione non è meno stabile oggi in tutte le Calabrie, benché molti secoli di negligenza nel regime delle acque alla foce dell’ Esaro, abbiano prodotto in quella zona dei terreni acquitrinosi, che non erano certamente tali nei tempi antichi. Sotto questo rapporto le condizioni di Crotone erano molto diverse da quelle di Sibari; ed è alla suddetta salubrità che gli antichi, tutti d’accordo, attribuivano la bellezza e la forza della gente che vi si era sviluppata conformemente alla promessa fatta da Apollo. (…) Anche oggi,dopo una decadenza parecchie volte secolare,che spopolò e rese incolta parte del territorio,Crotone,pianura e montagna, è notevole per la varietà e la feracità della sua produzione agricola, la cui esportazione è sufficiente per mantenere durante tutto l’anno quasi un discreto commercio nel suo porto”
In questo caso, sebbene Lenormant sia, come detto precedentemente, restio ad affrontare problematiche di stretta attualità, nel passo in esame oltre ad illustrare le condizioni della Crotone antica, spende qualche parola circa il presente attuale della città e, tanto per cambiare, dalle sue parole si evince come gli sfasci ambientali siano ancora una volta imputabili ad una cattiva gestione delle risorse e all’incapacità criminale dei governatori. Evidentemente, anche in tale circostanza, il degrado di Crotone rispetto ai suoi fasti, ha commosso e indignato lo studioso di turno e lo ha “obbligato”, seppur in modo contenuto, a lamentare la “negligenza” dell’allora giovane stato italiano. In considerazione del fatto che, a giudizio di Lenormant, e come viene rilevato puntualmente da politici imbonitori e ciarlatani attendibili solo circa questo punto, le risorse e le possibilità di sviluppo sussistono -prova ne è che, nonostante l’abbandono spaventoso in cui versa l’intera provincia, c’è ancora qualche “folle” impegnato a sopravvivere con decoro in un organismo ormai avanzatamene in necrosi- queste osservazioni circa le potenzialità della città non utilizzate al meglio infondono più tristezza che speranza per l’avvenire.
Tuttavia, ogni attenzione e riguardo dello scrittore sono catalizzati dalle vicende della “mitica” Kroton: “La eccezionalità del clima non era il solo vantaggio del sito indicato a Miscello dall’oracolo, per fondarvi la sua colonia. Crotone aveva ancora su Sibari un altro vantaggio,che doveva contribuire potentemente al suo progresso e alla sua prosperità: questo era il suo porto. Come nota Polibio esso era imperfettissimo; non offriva che soltanto in estate una piena sicurezza alle navi che vi approdavano: ma era sempre il migliore lungo tutta l’estensione della costa tra Messina e Taranto, e l’unico invero che si potesse chiamare porto, e non ancoraggio foraneo. Ciò doveva attirare un movimento considerevole di navigazione, e soprattutto permettere alla città di crearsi una marina importante di fronte a Sibari,che mai durante il periodo di più grande splendore potette possederla (…) Polibio asserisce che questa era la sorgente dell’eccezionale opulenza di Crotone, e che fino alle catastrofi apportate dalla guerra, che finirono con l’opprimerla, essa dovette alla fertilità del territorio e al commercio del proprio porto, l’unico sbocco marittimo di una regione prospera ne vasta, il concentramento nelle sue mani di grandi ricchezze, che la innalzarono al più alto grado di fortuna e di potenza”.
In questo passo, Lenormant fa mostra delle sue capacità di avveduto storico: la fortuna della città è ricondotta alle ottimali condizioni del territorio di riferimento. Rispetto a Swinburne, più incline, come abbiamo visto, a considerare i fattori “ideali”in senso crociano, egli non mancando di uno spiccato realismo indugia invece su elementi inconfutabilmente pratici per spiegare l’ascesa vertiginosa e rapida di Crotone: il clima, il suolo fertile, il porto e giacimenti di minerali molto “utili”. Per esempio, circa “le ricche” miniere d’argento di cui la città era dotata troviamo: “A tale prerogativa Crotone aggiungeva, come Atene, quella di possedere ricche miniere d’argento nel suo territorio, prerogativa essenziale in quei tempi, nei quali, più che nei moderni, l’imperfetto meccanismo del credito rendeva indispensabile l’abbondanza del numerario per lo sviluppo delle operazioni commerciali. A Verzino, su uno degli affluenti del Neto, e dalla parte delle montagne, che i Crotoniati dovettero occupare prestissimo, si incontrano dei filoni di minerale argentifero con tracce di antico sfruttamento (…). Al possesso di queste miniere i Crotoniati dovettero aggiungere più tardi quelle di Longobucco, egualmente sfruttate in antico, ma che avevano dovuto appartenere in precedenza ai Sibariti. Questa fu l’origine della grande monetazione dei Crotoniati, la quale, dal principio della coniazione monetaria degli Achei d’Italia, pare abbia sorpassato in quantità quella di Sibari stessa, e in seguito, nel quinto secolo e nei primordi del quarto, eguagliato quella di Taranto stessa”.
L’autorità e il prestigio di una città, in passato, derivavano, oltre che dal potere politico e dall’estensione territoriale, anche dalla monetazione, che a Crotone raggiungeva livelli ragguardevoli, come testimoniano le svariate, appunto, monete d’argento ritrovate nei vari punti del crotonese e in mostra nel nostro museo. Lo scontro con la vicina Sibari, come si deduce dalle parole di Lenormant, è dovuto anche all’ inevitabile rivalità per il possesso di tali risorse, anche se agli albori di entrambe “le potenze”, e per un certo periodo di tempo successivo, si parla addirittura di rapporti “amichevoli”: “Nei due primi secoli dalla sua fondazione,che segnarono la fase ascendente delle colonie Achee della Magna Grecia, Crotone s’ingrandì notevolmente e pervenne ad un alto grado di splendore e prosperità. Il suo progresso fu parallelo e contemporaneo a quello di Sibari; e le due città vissero allora in piena armonia; i loro interessi erano comuni, e fra esse esisteva quella naturale disposizione all’unione federativa, che tra le genti greche sempre distinse gli Achei. Svolgevano insieme l’opera comune per raggiungere il medesimo fine, cioè la conquista dell’Italia meridionale all’ellenismo, affrettandosi ad estendere le colonie propriamente greche, e ad assimilare abilmente le genti pelagiche. Quattro città nell’ottavo secolo a. C. erano state fondate sul litorale italiano del mar Ionio: due doriche, Locri e Taranto, alle due estremità Sud e Nord, e due achee negli intervalli Sibari e Crotone; le altre riconoscevano incontestabilmente la loro supremazia”. Da questo iniziale e tacito “patto di non belligeranza”, da questa felice concordia, si passerà agli scontri successivi che vedranno in campo schierate,l’una contro l’altra,tutte le città citate,interessate alla conquista del primato assoluto: in fin dei conti, questa stessa motivazione sarà determinante e bastevole per incrinare i precedenti armonici accordi tra Roma e Cartagine e spingere entrambe alla guerra: “Crotone e Sibari erano, ormai, ambedue troppo potenti per non divenire rivali: esse non volevano consentire ad una uguale potenza, e né l’una né l’altra si rassegnava ad alcuna scambievole dipendenza”.
Da qui, la celeberrima vittoria di Crotone su Sibari ed un consequenziale periodo di supremazia, sfortunatamente non duraturo perché, ormai coinvolta in questa girandola di conflitti per il mantenimento del potere, anche essa subirà la sconfitta da parte della città di Locri e l’ineluttabile declino. Circa le cause della sconfitta di Crotone Lenormant, secondo il proprio costume, fornisce spiegazioni concrete e reali: la favorevole posizione geografica da cui attaccarono i Locresi e la scarsa qualità dell’addestramento nell’esercito crotonese, benché, per numero, grandemente superiore a quello della rivale: “I Crotoniati pensavano di terminare la guerra in un sol colpo, schiacciando gli avversari sotto il peso di grandi masse di uomini (…) Per porre in linea tanti combattenti, Crotone aveva dovuto ammassare una turba confusa e con probabilità,armata male di contadini poco abituati al servizio militare,dai costumi pacifici (…) L’esercito locrese, però, aveva scelto per attendere i Crotoniati, una formidabile posizione, creata per facilitare la difensiva di un pugno di uomini risoluti…” Anche da questo contesto di “letture razionali” e in chiave socio-economica della storia, si evince la solita, noiosa, sgradevole, ma, ahinoi, inconfutabile morale: dalla vanagloria, dall’improvvisazione e dall’impreparazione scaturisce ben poco. Se la leggendaria Kroton è stata affossata dal proprio disimpegno, dalla propria arroganza e dalla scarsa lungimiranza, che sarà mai della Crotone piccola piccola di oggi?
Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIII n. 32 del 11/08/2006
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