Romano Pesavento
Caro Diario 40
Romano Pesavento
16 aprile. Il pullman per Crotone
parte alle 21. Passeggio lungo la
via barberia a Bologna; mi appare sulla sinistra la Basilica di San Paolo
Maggiore; entro la porta è aperta; ci sono solo due ragazze. Il loro accento
spagnolo fa eco tra le mura.
Qualche passo più in
là, nella traversa di via de Marchi, si eleva, maestosa, la Basilica di San
Francesco.
Nei pressi dell'abside della chiesa tre monumenti funebri dei
glossatori regalano un'immagine molto suggestiva.
Arrivo alle 19 in autostazione. C’è molta
gente che aspetta e nel piazzale si accumulano, minuto dopo minuto, enormi
valigie. Sono i migranti che tornano a casa per le festività pasquali.
Viaggiare di notte per molti è un vero sacrificio.
Non è retorica tanti,
troppi, si ritrovano in uno stato di perenne sradicamento: la testa e il
portafoglio al Nord e il cuore al Sud. Quando torni hai accumulato un gran
desiderio di riappropriarti dei tuoi luoghi e dei tuoi legami; dopo un po’
focalizzi tutto quello che non va nella tua terra.
Sali nelle grandi città
settentrionali, carico di livore e di amarezza; in seguito ti concentri sulle
possibilità che a casa tua non avrai mai.
Non stai bene da nessuna parte, ma ti
senti “trapiantabile” ovunque. C’è un po’ di schizofrenia in tutto questo. Mi
appoggio al finestrino e sorrido sentendo che qualcuno si lamenta in modo
colorito, come avviene dalle nostre parti. In attesa che giungano le 21,
comincio a leggere un quotidiano, tra qualche minuto si parte.
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