Caro Diario 20
Romano Pesavento
18 gennaio. Fuga
verso Cesena e la Romagna.
Nel treno guardo dal finestrino i paesaggi che si susseguono
velocemente.
Mi piace osservare gli scenari che rapidamente si compongono
davanti a me: strade sterrate, dritte come spade, percorse da trattori rumorosi
attraversano le enormi distese pianeggianti, verdi smeraldo, che si disperdono
fino all’orizzonte, piccoli agglomerati di case disegnano mondi rupestri
sconosciuti, i volti tristi, pensierosi, allegri, seri delle persone sostano nei piazzali delle stazioni, la calma
apparente dei paesini con il loro traffico ordinato e la perfezione colorata degli
edifici. E’ un po’ come vedere la sequenza di un film.
Così il tempo passa e il capotreno annuncia la fermata
della città dei tre papi. Le nuvole si addensano grigie e minacciose.
Ad attira
la mia attenzione l'"Emblema" e il
"Motto" dei Malatesta all'ingresso della Biblioteca (Mémoire du
Monde): "l'elefante indiano non teme le zanzare". C’è della pungente
ironia nascosta in quell’incipit penso alle tante “zanzare” crotonesi.
C’è un enorme mercato in piazza del popolo, flussi di
persone si spostano disordinatamente. Non è per niente semplice muoversi in
quel caos. Sopra di me troneggia dalla collina la Rocca Malatestiana.
La "frase" di Renato Serra all'ingresso: “..un passo dietro l'altro
su per la rampata di ciottoli vecchi e lisci con un muro alla fine e una porta
aperta sul cielo e di là il mondo” si adatta perfettamente al mio spirito
errabondo e inquieto.
Corro a perdifiato per non perdermi nulla: so bene che
la calma e il tempo sono condizioni necessarie per godere dell’arte nel modo
migliore; ma nella mia frenesia e nella mia febbre di vedere quanto più posso
in ogni occasione, preferisco schizzare come una scheggia impazzita e comunque
conservare vivide impressioni nella mia testa, che stazionare come un corpo
morto in un angolo di una sala d’attesa, abbandonato ai miei tarli. Ore 14, si
riparte verso una nuova meta: Forlì.
Nonostante, il suo soprannome dialettale
“Zitadon”, il “Cittadone”; la città è deserta. Non c’è molto da vedere: la
piazza Saffi con l’abbazia di San Mercuriale è dotata di un certo fascino, ma
il resto è deludente. Ormai è davvero difficile sorprendermi, lo ammetto!
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