Pagine di diario 8
Romano Pesavento
02 dicembre 2013
sono a Pisa. Al Palazzo Blu c’è la tanto attesa rassegna sul genio della Pop
Art, Andy Warhol. Descrivere la
creatività, la genialità, la follia, la diversità e l'attualità di Andy può
apparire scontato, ma alcune considerazioni sono necessarie.
Nessuno come lui
aveva saputo cogliere il lubrico desiderio, proprio della massa informe, di
esistere a tutti costi solo attraverso la beatificazione dei media; la
serialità diventa monumento a se stessa.
La banalità degli oggetti comuni può
diventare corrosiva rappresentazione dei nostri tempi oppure estetica della
riproducibilità all’infinito, grazie alle intuizioni visionarie del fotografo
newyorkese, l’Arte riesce a ridere di se stessa e sopravvivere alla
mercificazione globale.
“Le masse vogliono apparire
anticonformiste: ciò significa che l'anticonformismo deve essere prodotto per
le masse” (Andy Warhol)
L’altalenarsi dei simboli crea nella struttura sociale
incertezza e fuga verso il moderno che al tempo stesso è antico.
Nei quadri,
nelle serigrafie, nei pannelli si scopre il tratto bizzarro e alcune volte
estroso di chi vuole lanciare nell’era della guerra fredda la sua provocazione
verso schemi precostituiti e poteri rigidi. Tutto ciò non si discosta di molto
dall’attualità.
I giovani seguono il moderno pensando che sia il nuovo ma spesso
ci si ritrova a idolatrare vecchie abitudini; la società omologa
spaventosamente quanto più disperatamente ciascuno si affanna a ricercare l’unicità,
l’eccentricità: si parla, si ride, ci si veste, si pensa e si muore allo stesso
modo. Il Grande Fratello di Orwell è più vivo che mai.
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