Pagine di diario 1
Romano Pesavento
Certo non è
facile capire nel turbolento mondo della scuola quale sarà la tua prossima meta
da precario. Unica probabile certezza è che, dopo aver passato gli ultimi otto
anni della propria vita ad accrescere il punteggio per scalare disperatamente posizione
su posizione una graduatoria che sta lì da anni immemorabili, forse si può
sperare nella chiamata fatidica tra il mese di settembre e il mese di ottobre.
E così, passato settembre 2013, ecco arrivare nella mia casella di posta
elettronica una e-mail dalla città di Bologna. Trascorsa qualche ora di
riflessione/consultazione frenetica e
bruciata ogni effimera illusione , scoprendo di non essere predestinato per la
città dei tortellini, ma per un piccolo paesino di nome Loiano, posizionato
sulla cima degli Appennini romagnoli, stabilisco di accettare la nomina e di
preparare i bagagli. Scarponi, maglioni, abbigliamento da alpinista coperte di
lana spesse più di un centimetro riempiono l’enorme involucro fedele da
trascinare per più di mille chilometri. Tutankhamon aveva decisamente un
sarcofago più piccolo della mia valigia media.
Ogni nomina è
una storia a sé e suscita sentimenti ambivalenti: ti serve partire, ma non sai
cosa troverai, come verrai accolto, che tipo di esperienze umane gradevoli o
meno incontrerai. Dopo il Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana,
tocca così alla godereccia Emilia Romagna. A Loiano è localizzato l’istituto
per l’agricoltura e l’ambiente “Luigi Noè”, presso il quale insegnerò Diritto
ed Economia per un anno intero. Arrivo la sera del 09 ottobre, c’è una nebbia
fitta e violacea; un ragazzino sulla corriera proveniente da Bologna mi indica
la fermata per scendere. Anche se di martedì non si può pretendere tanto
movimento neanche a Roma, l’atmosfera desolata è irrimediabilmente troppo spettrale. Nessun
essere umano all’orizzonte e nemmeno animale. I lampioni illuminano di giallo iridescente il selciato
umidiccio dell’unica strada che attraversa il paese da parte a parte. Come in
un vecchio western di Sergio Leone, i miei passi, meridiane nerastre,
scandiscono i minuti di una solitudine interminabile. I negozi sono chiusi.
Tutt’intorno è silenzio e ordine. Dopo qualche istante arriva il mio futuro
padrone di casa, che mi conduce alla mia prossima dimora: un pianterreno in una
villetta appena fuori dal centro urbano. Si chiama Paolo ed è il classico ex
professore cordiale e amante della cultura. Anche lui, come me, è un “ragazzo
venuto dal Sud”. Anche lui, fatti tanti sacrifici e sogni, ha deciso di
lasciare la sua terra per darsi una possibilità. Anzi, proprio chi ha studiato
e costruito una sua coscienza civile ha ancora più obblighi verso se stesso e
quelli che lo amano. Non è facile però rispettare il proprio imperativo
categorico. Soprattutto in tempi poveri di ideali, di possibilità, di fiducia
come questi. Sarà per questo motivo, l’esperienza umana che affratella, che fin
dal primo approccio mi accoglie con simpatia, spiegandomi in pochi istanti le caratteristiche
specifiche del posto in cui sono arrivato: riservatezza estrema e laboriosità.
Arrivato a casa,
dopo aver preso una pizza presso la locanda storica dell’Antico stradello, cado
in un sonno catatonico. Mi sveglio alle 08.00, mi vesto ed esco. La giornata è
fresca e nuvolosa. Mi reco presso la mia nuova sede di lavoro. Cammino
speditamente e giungo a scuola. Qui tutti mi aspettano e sembrano chiedersi
quanto riuscirò a resistere nel pacato e gelido eremo da -14° durante l’inverno.
Incontro gli studenti, vivaci ma affabili, con i quali dialogo e faccio
conoscenza. C’è un mescolanza incredibile di caratteri che compongono un quadro
eterogeneo, bizzarro e interessante di
giovani coscienze in divenire; alcuni sono semplici e dimessi, altri un
po’ guasconi. C’è perfino chi si atteggia a consigliere nei confronti del
“forestiero” poco pratico del posto. Suonata la campanella e terminate le
lezioni, posto su facebook la mia attuale destinazione. Gli amici della rete mi
sostengono, ciascuno a suo modo, direbbe Pirandello: Mimmo, Buon lavoro prof;
Ugo, Preparati ad un inverno piuttosto rigido. A Loiano la neve e il ghiaccio
la fanno da padrone; Valentina, In bocca al lupo!; Angelo, Romano, noi comunque
ti aspettiamo a Lucca! Non vorrai mica lasciarci così?!; Amodio, Meglio Lucca
che Bologna; Elena, Magari fosse Bologna! Ti verremmo a trovare; Lucio, In
bocca al lupo….. ma capiterai a Lucca vero??; Antonio, Sembra la Sila (Camigliatello);
Stefano, Buon lavoro professore, l'anno
prossimo tocca a me e ti raggiungo!; Tanja, Sei stato chiamato a Bologna????;
Francesco, Ciao romà ...in bocca al lupo e a presto; Laura, Quindi quest'anno
lavorerai in Emilia? Buon anno scolastico!.....
L’impatto non è
malvagio; malgrado tutto, sento che questa esperienza contribuirà a costruire
un mio precorso di vita ancora più intenso, se “sopravvivo”.
Passano le ore,
i momenti sempre ripetitivi e privi di sorprese cadenzano il tempo e il
cervello si affretta a cercare soluzioni immediate al proprio benessere
spirituale in pericolo. Così mosso dalla voglia di conoscenza e da una spinta
interiore, quasi compulsiva, verso luoghi, fatti, personaggi di rilevanza
storica o culturale, mi precipito al primo pullman, sapendo che sarà solo
l’inizio di un viaggio - mosaico,
intessuto da mille sfaccettature colorate, giustapposte con caotico metodo. Il
metodo è tutto; la curiosità va oltre il metodo stesso.
Il viaggio è
esercizio, contemplazione, incontro, possibilità. Ricerca di se stessi e
dell’altro. Ognuno potrebbe elencare 2 o 3 motivi validi per farlo. Posso dire
che non riesco a concepire la mia esistenza se non in funzione dello scambio
continuo che solo tale esperienza può regalare. Se stai fermo, semplicemente ti
spegni, ti rapprendi e muori. Io non voglio farlo. Non voglio essere sempre quello che ci si aspetta da me; desidero essere libero: non esiste libertà all’infuori
dello spostamento, dell’incontro col mondo intero, che inequivocabilmente
attesta la vita pulsante nelle tue vene. E’ un’esigenza dello spirito o fisiologica
come la necessità di ossigenare i polmoni? Poco conta. So che quando chiuderò
gli occhi, non mi pentirò della mia vita.
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