Caro Diario 33
Romano Pesavento
07 marzo. Padova occupa un posto speciale nella mia storia
personale: da una parte mi ricorda la figura di Berlinguer, dall’altra i miei
primi viaggi. Eventi emotivamente coinvolgenti legati alla mia infanzia. Quando
avevo circa dodici anni, in televisione vidi scorrere le immagini dell’ultimo
drammatico comizio del Segretario del PCI. A casa tutti ne parlavano.
Mi
avevano spiegato che era un uomo giusto, onesto, dai grandi ideali. Era il 7
giugno e rimasi per tutto il periodo sintonizzato sull’evoluzione della sua
sorte.
Alla sua morte, provai quel dispiacere che si avverte nel momento in cui
scompare un parente caro, un nonno, uno zio.
A quei tempi ero un piccolo
simpatizzante della sinistra; spesso andavo alla festa dell’Unità con i miei
genitori. Per l’occasione veniva chiusa al traffico tutta via Regina
Margherita. Tanta gente affollava i viali brulicanti di bancherelle e bandiere
rosse.
Mi piaceva tanto. Alcuni giochi attiravano l’attenzione sia di grandi
che piccini, come quello del coniglio. Era un continuo gridare, incitare per
far sì che l’animale entrasse in una delle tante scatole. Probabilmente il
roditore non apprezzava tutto quel trambusto, ma io all’epoca non lo capivo.
Oggi la festa non c’è più e neanche il partito.
Gli
uomini sono diventati conigli e spontaneamente corrono in cerca di una propria
scatola. L’eredità morale è stata tradita completamente.
Da piccolo, partivo insieme alla mia famiglia con il
treno da Crotone, per recarmi a Bassano del Grappa, paese d’origine di mio
padre, emigrato negli anni ’70 per motivi di lavoro, paradossalmente, dal Nord
al Sud. Dopo una notte passata in cuccetta si cambiava, prima a Bologna e poi
Padova. Questa meta per me significava già assaporare l’aria della mia
destinazione finale.
Aspettavo con tanta gioia quel viaggio, perché mi
affascinava la possibilità, attraverso quel magico sentiero ferrato, di
raggiungere paesi lontani, suggestivi, straordinari. Bastava una notte di
sonno, e i paesaggi, e gli accenti e i visi magicamente cambiavano. Cavalcando
la locomotiva, pensavo di arrivare ovunque e acciuffare quel sogno di estrema
libertà, mi entusiasmava già allora.
Uscito dalla Cappella degli Scrovegni, mi persuado che
Giotto abbia oscurato in espressività, perfino Dante e Cimabue.
Errabondo giro per le meraviglie di questo luogo
riscoprendo e assaporando frammenti del mio passato.
Il telefonino squilla. È mia moglie. Chiacchieriamo
un po’: le racconto quello che ho visto e le sensazioni che ho provato.
Viaggiare è un’esperienza da comunicare, da raccontare, da condividere. Un po’
come succede quando un libro ti colpisce e lo passi al tuo migliore amico;
cercare di rivivere le tue emozioni attraverso le parole è un modo efficace per
fissare i ricordi e per farti conoscere meglio dagli altri. I viaggi dicono di noi, delle nostre inclinazioni, dei nostri valori più di mille vuote conversazioni. Spenderei fino all’ultimo euro pur di partire in compagnia delle persone care.
A Ferrara c’è la mostra di Matisse. Ho poco tempo, ma farò l’impossibile per vederla. Rientro a Loiano stanco morto ma soddisfatto.
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