lunedì 13 ottobre 2014

Vicenza e la cultura del bello

Caro Diario 31




Romano Pesavento

Il 25 febbraio sono a Vicenza, nella città palladiana. Ritorno dopo tanti anni di lontananza. Ritrovo nell’aria tutti i  profumi del Veneto. 
La tipica cadenza dialettale risuona da ogni angolo. Anziani, adulti, ragazzi hanno mantenuto integro l’accento tipico di queste parti. Orgoglio leghista, fedeltà alle origini di destra e gusto per il colore locale sinistroide in questo caso convergono. 

C’è un via vai di ciclisti. Qui la bici è un efficace mezzo per la mobilità urbana per tutti i ceti sociali. Noto con piacere, chiacchierando in un bar, che qualcuno ricorda la figura di Tullio Campagnolo, fondatore dell’omonima impresa delle due ruote e leader mondiale in tale settore.

Alla Basilica Palladiana è  stata allestita la mostra Verso Monet - Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento. Gruppi di studenti e insegnanti girano interessati tra le sale. 
Penso all’enorme vantaggio culturale di cui godono queste scolaresche nel vedere simili capolavori della storia dell’arte. 
La scuola da queste parti è molto attenta alla formazione e gli insegnanti stimolano i loro allievi non solo con le classiche nozioni, ma anche attraverso la curiosità nei confronti degli eventi culturali e l’indagine autoptica dei fenomeni storici. 
La cultura del bello è alimentata sin da piccoli. I bambini percepiscono gli stimoli educativi e li mettono in pratica. 

Al Sud gli insegnanti troppo spesso vivono arroccati nei loro “feudi medievali”, lontani dal dinamismo innovativo. 
Raramente si lavora sul senso critico dell’allievo, e ancora meno viene trasmessa la consapevolezza del degrado urbano vigente in molte realtà del meridione. 
Accaparrarsi i progetti per ragioni economiche, senza guardare lontano, svilisce la funzione del docente e il legame stretto tra prebende obbligate e clientelismo selvaggio diventa troppo spesso una miscela esplosiva nella compagine scolastica.              

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