Caro Diario 10
Romano Pesavento
Eccomi a Kroton Africa giorno 06 dicembre: terra di briganti, della corruzione, dei rifiuti tossici, dell'oro nero dei migranti, del clientelismo selvaggio, del bla, bla affaristico dei politici. Terra dove si respira quotidianamente l'umiliazione dei cittadini onesti.
L’immagine che
aleggia nella mia mente, alla fine di questo percorso a ritroso, è quella di un
“paradiso perduto”, di un’Atlantide sommersa dalle acque, di uno sfacelo e di
uno spreco indicibile di forze, risorse e uomini. Crotone è il mausoleo di se
stessa, è la concretizzazione, il “correlativo
oggettivo” di T.S. Eliot , del
mancato sviluppo, del mancato progresso, del mancato decollo; insomma, per
dirla tutta, del “mancato”, tout court.
Crotone, polo
industriale che c’era e che ha dato, se non lustro o aria pulita, perlomeno lavoro e certezze a migliaia di
cittadini in cerca di una dimensione di vita decorosa e onesta.
Crotone, porto
in perenne via di riassestamento e di riadattamento alle esigenze del trasporto
moderno… insomma, in secolare fieri .
Crotone, sede di
un aeroporto fonte d’orgoglio e, nel contempo, di indicibili patemi d’animo a
causa delle ormai cicliche- quasi come le inondazioni del Nilo - minacciate
crisi/chiusure dello stesso.
Crotone, terra
bellissima e baciata dal sole, dal mare, dalla Natura, dagli dei, che, però,
non conosce ancora quel salto qualitativo atto a proiettarla tra i luoghi di
turismo che contano e, soprattutto, fatturano.
Crotone, sito
fecondo e fortunato, allietato da un clima mite e generoso, alle prese con
attività agricole, spesso, condotte con generoso entusiasmo, ma in condizioni
di precaria sicurezza ambientale.
Crotone,
sbandierato polo universitario ma, in sostanza, privo di autentico riconoscimento o, soprattutto, di
reale autonomia e utilità per quei, poveri, giovani ancora illusi di poter
realizzare se stessi ed essere utili
alla collettività studiando e, magari, operando nella propria città .
Crotone, ultima
provincia e non solo, ahinoi, in ordine d’istituzione cronologica.
Crotone, teatro
delle maldestre e penose farse dei politicanti di destra e/o sinistra, impegnati
con zelo, metodo e dispendio d’energia, a ingollare, fagocitare, ruminare e
metabolizzare tutto quello che si
presenta sotto la loro vista. Probabilmente, quando il geniale A. Albanese,
noto attore comico di teatro e televisione, ha inventato l’odioso, ma
esilarante personaggio di Cetto La qualunque, si sarà di sicuro ispirato a
qualche assessore,onorevole o segretario di partito delle nostre contrade.
E’ davvero
difficile immaginare un politicante così abietto, volgare, ignorante e meschino
come Cetto con una provenienza più che
geografica, etico-antropologica diversa da quella di troppi locali
demagoghi.
Anzi,il
delirante, ma efficace slogan elettorale di Cetto: CCHIù PPILU PE’ TUTTI,
sicuramente, possiede più potere persuasivo e valore ideologico di tanti
astrusi, fasulli, pretestuosi e ridicoli
proclami di onestà ed impegno nel risolvere i problemi della “ggente” dei
nostri moderni “Pericle”.
Intanto, mentre
Crotone attende di sbocciare in fiore o, se preferite, di evolvere da viscido bruco a lucente farfalla, i
giovani disoccupati –non protetti- sono costretti ad abbandonare la città e a
lasciarla in balìa dei nomi di sempre. La crisi di Crotone è prima di tutto una
questione morale. Quando il potenziale “buono” viene criminalmente allontanato (l’emigrazione
dei giovani crotonesi, non solo per motivi universitari, rasenta valori
allarmanti) e in provincia rimangono, tranne qualche rara avis, incompetenti,
lavativi e filibustieri, quale sviluppo o progresso si può mai ipotizzare per
Crotone, laddove mancano le idee, l’entusiasmo, i contenuti e la preparazione
di giovani forze e di spiriti non
contaminati dal seme della corruzione e del pressapochismo?
La situazione
della nostra città fa pensare ad un corpo in avanzato stato di decomposizione,
i cui, ultimi, sconci, umori vengono sfruttati e avidamente succhiati da torme
di festosi saprofiti in “agonistica”competizione, l’uno contro l’altro, nel
ricavare il massimo del nutrimento da un organismo ormai disfatto.
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