Pagine di diario 5
Romano Pesavento
Il 21 novembre 2013, alle 14.15, salgo sulla corriera con
il mio trolley destinazione Bologna: da qui alle 19 circa parte il treno ad
alta velocità per Roma Tiburtina, dove, all’autostazione, mi attende la
coincidenza per Crotone. Ci vuole più di un’ora per percorrere il tragitto che
separa Loiano dalla metropoli. Depositato il mio bagaglio, decido di
raggiungere via Zamboni e percorrerla fino alla Pinacoteca Nazionale. Si passa
attraverso la zona universitaria pullulante di giovani che discorrono sugli
esami e sulle lezioni. Sui muri graffiti e striscioni di protesta testimoniano
flash di lotta studentesca per la tutela del diritto allo studio.
C’è un
presidio del gruppo anarchico che distribuisce volantini nella piazzetta. Il
malessere di alcuni ragazzi è tangibile; altri, invece, consultano imbambolati
l’i-phone: forse hanno capito tutto della vita o forse niente.
Non si sa se
invidiarli o compatirli. Ad un tratto, proprio sulla sinistra, all’incrocio con
via delle Belle Arti, appare il portone d’ingresso del museo di Sant’Ignazio.
Il cartellone pubblicitario romanticamente riporta una frase dello scrittore
Stendhal: “A Bologna ho pagato l'abbonamento al custode del Museo. Appena ho
una mezz'ora senza visite da fare o senza passeggiate, salgo al museo, spesso
per vedere un solo quadro, la
Santa Cecilia di Raffaello, il Ritratto di Guido o la Sant'Agnese del
Domenichino.”
Sala dopo sala, viaggio nell’arte bolognese: osservo i
colori, i ritratti, le pennellate di coloro che hanno tramandato al mondo il
gusto di questa terra.
Giro nella Bologna notturna. Il centro storico con le
sue luci accende i colori del mercato. I negozietti della frutta e verdura perfettamente
ordinati, le pescherie illuminate a giorno sono più asettiche e linde di molte
sale operatorie del Mezzogiorno.
C’è perfino un fioraio che espone ogni sorta di
pianta proprio in mezzo al piccolo vicolo. Nessuno urla: le tonsille e le
orecchie riposano in pace da queste parti.
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