martedì 31 marzo 2009

Memorie dal confine 39

Finanziamenti pubblici buttati alle ortiche o nelle tasche di qualche “bassotto” di passaggio

Il de profundis dei finanziamenti pubblici!

Malgrado i cospicui finanziamenti del contratto di quartiere, il Fondo Gesù è oggi in uno stato di elevato degrado e abbandono




di Romano Pesavento

“Molte azioni sono per noi un dovere appunto gli altri uomini non le fanno, e rimangono tali a condizione che non siano troppi gli uomini capaci, volenterosi di imitarle. In una barca sopraccarica, l’opportunità di sedersi da una parte o dall’altra dipende strettamente dal numero di persone sedute dalla parte opposta; se qui fosse seguito un imperativo kantiano qualsiasi, il capovolgimento della barca porrebbe tosto fine ai consigli del pilota e alle buone volontà dei passeggeri” (Benedetto Croce, Materialismo storico ed economia marxista, Laterza, 1961, pag. 272)
Semafori rotti, pericolanti, inutili, all’incrocio di Ercole Scalfaro, appaiono davanti ai miei occhi, testimonianza di un intervento pubblico ormai perduto nel vuoto, scomparso tra le macerie di un terremoto. E lo sperpero di denaro pubblico dilaga e affonda nell’oblio della povertà sociale. Nessuno ha mai pensato, probabilmente, di rimuovere tali “reliquie”; magari proprio per nascondere quella, purtroppo, proverbiale incapacità di agire che accomuna, troppo spesso, gli amministratori del Sud. Un po’ più in giù, a qualche centinaio di metri, proprio di fianco al Tribunale di Crotone, una piccola area con una fontana trabocca di sporcizia. E la solita storia viene subito da dire. Salgo in auto e mi reco, allora, presso il rione Fondo Gesù. Qui molti sostengono che si respiri da anni l’aria pesante della micro-criminalità. Ogni volta che si passa per queste strade si accendono gli occhi della gente e uno sguardo sembra penetrare dentro la tua identità. Mi fermo nell’area che, secondo il famoso contratto di quartiere avrebbe dovuto essere dedicata al tempo libero e agli svaghi per i bambini: la strada d’accesso è dissestata, l’ingresso è scoraggiante, anzi tenebroso. Tutto è bruciato, distrutto, decadente. Eppure, almeno qui, la presenza dello Stato sarebbe stata fondamentale per educare e fungere da supporto per la crescita serena delle nuove generazioni. Non una pattuglia s’intravede all’orizzonte. Entro nel giardino-deserto. Non c’è niente che faccia pensare ad un luogo pubblico: illuminazione zero; qualità del verde pubblico zero; giochi e panchine zero; cestini dei rifiuti zero; immondizia? A volontà . Le costruzioni che davanti a me si presentano sembrano essere il frutto di una mente perversamente metafisica. De Chirico per intenderci: strutture enigmatiche e inquietanti si stagliano su paesaggi desolati e silenti. Non si riesce davvero ad indovinare, anche sforzandosi in tutte le maniere, il senso (direbbe Vasco Rossi) o il fine per cui erano state progettate simili inconcludenti mostruosità. Esco fuori e noto un campetto di bocce. Anche questo luogo è un’isola abbandonata nell’ “arcipelago” dei fallimenti. Una schiera di ieratici cilindri in silenziosa processione sono disposti uno di fronte all’altro con ferri sporgenti dalla sommità…. manca la parte superiore di una copertura mai ultimata. Improvvisamente, da lontano mi sento chiamare. Una persona vestita con una maglietta nera ed un paio di blue jeans si avvicina. Un po’ perplesso mi accosto. Il mio interlocutore mi illustra la situazione di un quartiere abbandonato dalle istituzioni e mi conduce presso la propria abitazione. Apre una botola che sta in prossimità del suo ingresso di casa e mi mostra il “lago” che ha invaso le fondamenta del suo palazzo. Mi parla dell’umidità che questa condizione porta e delle crepe ramificate sui muri. Vorrebbe aiuto, mi mostra una bambina molto piccola, è sua figlia. Quale potrebbe essere il suo destino se dovesse cadere in quella minacciosa apertura? Eppure, le palazzine sono di recente costruzione e sono stati utilizzati stanziamenti pubblici per la realizzazione. A qualche centinaio di metri dall’abitazione, ci sta il cartello con su riportate le cifre degli investimenti pubblici (finanziamento ministero LL.PP. £.20.000.000.0000; finanziamento Regione Calabria £.15.000.000.000), destinati al comune di Crotone per il programma di recupero urbano dell’area. Tutto ciò è inspiegabile. Lo Stato dov’è? Si parla tanto di pene più severe per i ladri; ma come si fa a discutere di sicurezza, legalità, onestà con un buco pieno d’acqua in casa? Non ci si può nemmeno allevare le trote.
Finita la perlustrazione, mi incammino verso la mia prossima meta: la struttura sportiva sita di fronte alla clinica Villa Giose. Dopo essere giunto sul posto, entro nel complesso sportivo. All’interno noto per terra un vecchio cartello in cartone, ormai distrutto, con su scritto: Lo sport ci accende. Malgrado lo slogan coinvolgente, ogni cosa intorno a me si presenta in uno stato di abbandono a dir poco terrificante. Le aiuole, un tempo, forse, destinate ad abbellire con piante ed erbetta la struttura, adesso sono stracolme di rifiuti. Il campo di calcio e la pista di salto in lungo sono coperti da erbacce così elevate da rendere inagibile e pericoloso a chiunque un eventuale utilizzo delle stesse. Gli edifici hanno le finestre e le porte vetrate in gran parte rotte; mentre gli interni, da quello che è possibile costatare, sono in via di degrado. La pista da pattinaggio è impraticabile ed inaccessibile per la sporcizia e l’erbaccia. Nulla, o quasi nulla, quindi, si salva. Ho utilizzato il quasi perché l’unica cosa che, dentro questo scenario infernale, sembra rimanere indenne allo sfacelo è la pista da corsa. Infatti, è possibile osservare come per tutto il suo perimetro essa risulti, al momento, in un buon stato di conservazione. Con quest’ultimo sopralluogo, anche questa settimana, il nostro articolo si è concluso; tuttavia, prima di spegnere definitivamente le luci del palco, voglio lasciare il lettore con una frase, molto emblematica ed attuale, scritta dal Labriola nel saggio sul Manifesto dei comunisti, 2 edizione, pag. 79 che cosi recitava: “Le lacrime delle cose si sono rizzate in piedi da sé, come forza spontaneamente rivendicatrice”.


Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 36 del 07/09/2007;

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