venerdì 13 marzo 2009

Memorie dal confine 28

La natura dell’ordinamento cambierà radicalmente solo quando saremo riusciti a cambiare le classi dirigenti della società crotonese

La questione della questione!

A Crotone occorre uscire, al più presto, dall’improvvisazione ed avere una più intensa circolazione di idee e di insegnamenti all’interno dei partiti di sinistra


di Romano Pesavento

Siamo giunti ormai in estate. La stagione delle docce fredde, della sabbia assolata, calda e abbacinante della spiaggia, degli ombrelloni colorati, dei sudori grondanti, delle ferie per chi può permetterselo, delle mosche e delle zanzare.
E così, mentre tutto scorre, tutto passa, – Eraclito docet! - ci accorgiamo ancora una volta che nemmeno l’abbronzatura e i bagni allontanano dal pensiero dei più critici o dei più insoddisfatti, che sono poi la maggioranza dei crotonesi, la scontentezza per gli svariati problemi della nostra comunità.
Il fatto è che si è arrivati a un punto, oltre il quale determinate fasce della cittadinanza, le più cospicue e deboli, quelle degli uomini che vivono del loro lavoro, nelle fabbriche, nei campi, negli uffici, non possono più andare avanti. Siamo arrivati all’osso: con un tasso di disoccupazione quasi vicino al 19%; con salari, per comune riconoscimento inferiori, e di molto inferiori per la maggioranza delle categorie, alla metà di ciò che è necessario per vivere; con pensioni che, non è retorico, definire “da fame”. Già, perché vi è anche chi, a Crotone, vive nell’indigenza più totale . Ormai la disgregazione morale, il dilagare dei vizi e della corruzione in città non sono altro che una diretta, disastrosa, conseguenza del cinismo e della strafottenza di intere generazioni di politici più propensi a coltivare i propri interessi che a salvaguardare, garantire e tutelare il benessere collettivo o il rispetto delle istituzioni.
Sul frontone del palazzo dove siedono e lavorano i nostri amministratori, oggi si scrive: “Qui si vive alla giornata”. La peggiore delle cose è che tale, discutibile, tristissimo “motto” stia proprio ben in evidenza, collocato in un luogo in cui siedono e lavorano coloro i quali dovrebbero progettare e programmare lo sviluppo della nostra comunità. Oggi non si può, né si deve, vivere alla giornata. Bisogna saper prevedere. Occorre prevedere. Soprattutto, perché, per tantissimi lavoratori, le condizioni di esistenza sono diventate insopportabili. Urge delineare un efficace piano strategico di sviluppo e lavorare alla realizzazione di esso. È opportuno,allo stato attuale,stilare un programma di emergenza elaborato nella provincia con il contributo dei rappresentanti di tutte le categorie di lavoratori e dei produttori, in modo che tutto il popolo veda e “tocchi” un coinvolgimento serio e proficuo di tutti gli agenti attivi della cittadinanza .
Si tratta, quindi, di svolgere un’azione di rinnovamento che modifichi la struttura, l’organizzazione economica e sociale di Crotone. Oggi i nostri amministratori non possono nemmeno impostare la soluzione di nessuna questione singola, senza trovarsi davanti a problematiche profonde, di sostanza, che richiedono una “lettura”/approccio capillare e globale. Necessita rinnovare Crotone ed occorre rinnovarla nel senso, innanzitutto, di una maggiore giustizia sociale, di una migliore trasparenza amministrativa e di una più consapevole solidarietà sociale.
Si deve categoricamente uscire, al più presto, dall’improvvisazione e favorire una più intensa circolazione di idee e di insegnamenti all’interno dei partiti di sinistra. Si esige il “nuovo”. Occorre distruggere completamente la politica dei manichini. Circa questo “tema”, mi viene in mente una canzone di Renato Zero, che così recita: “Manichini senza volto, senza età. Manichini nelle mani di chi è manichino già, manichini in vecchie facce manichini noi, manichini saremo sempre fino a quando vorrai. Il manichino si lascia andare, si abbandona al tuo volere. Il manichino spera sempre che la sua sorte cambierà”
Tutto ciò significa soprattutto avvicinare i giovani all’azione politica attraverso il rinnovamento dei quadri dirigenti. In merito a ciò, voglio ricordare le parole espresse da Pietro Secchia :“Dobbiamo spezzare certi ostacoli che qua e là si frappongono all’ascesa di nuovi giovani quadri. Ostacoli del genere ve ne sono in certe sezioni, direi anche in certi comitati federali. Nel partito vi è lavoro per tutti e vi è deficienza di quadri. Non dobbiamo quindi avere alcun timore ad imprimere maggior slancio ad una politica di quadri che faciliti lo sviluppo e l’ascesa dei giovani quadri a posti di maggiore responsabilità.
Foto: da sinistra a destra Pietro Secchia, Pamiro Togliatti e Luigi Longo
Quando un compagno dirigente di una organizzazione dopo tre, quattro anni di lavoro non ha saputo formare, non dico dieci, ma uno o due compagni in grado di sostituirlo nella direzione dell’organizzazione, significa che quel dirigente è mancato completamente in uno dei compiti principali, significa che quel compagno manca di una delle qualità essenziali del dirigente: saper far lavorare i compagni, educarli, formarli, portarli avanti. In quelle organizzazioni dove è ostacolata se non chiusa la possibilità all’avanzamento dei giovani quadri, là dove malgrado i difetti e le lacune, anche gravi di certe organizzazioni sono sempre gli stessi compagni che per anni ed anni rimangono allo stesso posto a fare lo stesso lavoro, significa che non si fa una politica dei quadri.
Una politica dei quadri non la si fa, là dove non c’è studio, non c’è lavoro per utilizzare meglio i quadri, per spostare certi da una attività all’altra, per migliorare la composizione di certi organismi dirigenti.” (Secchia P., Migliorare l’attività del partito per rafforzare l’unità, le lotte e l’organizzazione dei lavoratori, sta in Verso il VII congresso del PCI comitato centrale del PCI 10-12 ottobre 1950)
Come più volte evidenziato, la questione giovanile risulta essere di enorme importanza per lo sviluppo di una comunità, di un partito e di quadri dirigenti efficienti . Penso, inoltre, sia oggi utile riproporre le parole di Togliatti, che, sul tema dei giovani, così scriveva: “Occupatevi delle situazioni dei giovani, se volete che essi si avvicinano a noi, incomincino a comprendere i nostri obiettivi e il nostro ideale. E questo non solo tra i giovani operai e contadini. Anche tra gli studenti, non accontentiamoci, quando andiamo tra gli studenti delle scuole medie o universitarie, di porre problemi generali, che forse non li interessano ancora del tutto, o forse li interesseranno solo più tardi. Vediamo come sono trattati nella scuola, quante ore lavorano, come sono guidati nel lavoro. Si deve anche per loro avere delle rivendicazioni immediate: un dato numero di ore a scuola, per esempio, e non di più, e la organizzazione di un doposcuola li aiuti nel lavoro quotidiano, perché siano possibili lo sport, il divertimento, lo sviluppo pieno della personalità del giovane e così via. (…) Parlando di rinnovamento, poi, non avevamo di mira una semplice operazione di quadri, la sostituzione di un gruppo di dirigenti a un altro.

Queste sono cose abbastanza facili a farsi, e che fatte così, a freddo, per sostituire un giovane a un vecchio, un vecchio a un giovane, o un capace a un incapace, o simili non ci danno ancora un processo di rinnovamento. Rinnovamento è stato ed è il processo di ricerca più profonda ed elaborazione più attenta di una politica, attraverso il dibattito democratico nel partito; l’indagine coraggiosa, l’invenzione audace, e la critica, quindi, delle manchevolezze che nel passato particolarmente ci impedirono i necessari collegamenti con nuovi gruppi sociali, presentando il volto del nostro partito a tutta la popolazione, così come esso è, e come deve essere presentato e creando quindi condizioni più favorevoli a un nuovo balzo avanti.” (Togliatti P., Per avanzare verso il socialismo – Rapporto al IX Congresso del PCI, Editori riuniti, 1960, pg. 111 e succ.)
In conclusione, voglio spendere ancora qualche parola sulle attività amministrative crotonesi. Naturalmente, il rischio che oggi corriamo nella nostra provincia è che la politica possa sempre più assomigliare ad una farsa proposta da consumati commedianti,in cui ideali e programmi non siano altro che “effetti speciali”ad uso e consumo di spettatori di palato non fine . In tutto ciò vi è anche il pericolo che i partiti perdano completamente la loro funzione sociale. Ricordo, infatti, a chi l’avesse dimenticato, che teoricamente, o piuttosto ufficialmente, partito è un gruppo di uomini aventi identità di convinzione circa il modo migliore di organizzare la vita sociale, allo scopo di raggiungere il “bene” della collettività. E allora, che fare? La strada più naturale per giungere ad un approdo fruttuoso è ,secondo la mia opinione, quella che lo stesso Togliatti indicò nel suo programma politico e che riportiamo: “Questo avviene perchè nelle organizzazioni di base del partito la vita politica è ancora scarsa. È scarsa anche nei comitati direttivi locali, dove alle volte è sostituita da riunioni un po’ burocratiche, con grandi discussioni ma senza conclusioni e indicazioni di compiti concreti. Il risultato di tutto questo e di altri difetti è una ancora scarsa diffusione della nostra azione direttiva in tutto il popolo, perché vi sono molti compagni lasciati in disparte (…). Occorre quindi nel partito una più intensa vita politica, una più intensa attività ideologica e una maggiore cura della direzione concreta della nostra attività. Un esame infine, anche solo superficiale, dello sviluppo del partito in singole province e regioni, porta alla conclusione che quello che conta di più sono gli uomini che dirigono. Alla direzione delle nostre organizzazioni in tutte le istanze devono stare compagni capaci di attuare una politica che ci porti a una continua estensione della nostra influenza nella classe operaia e nel popolo.” (Togliatti P., Per un programma di pace, benessere, libertà, sta in Verso il VII congresso del PCI comitato centrale del PCI 10-12 ottobre 1950)
Non nascondiamoci, quindi, la realtà delle cose, ma adoperiamoci affinché il vento del rinnovamento possa entrare nelle stanze chiuse dei nostri partiti e portare nuove idee, esperienze, nuova linfa.
Solo cosi, eviteremo di ritrovarci come Dante nell’ultimo canto del Paradiso quando scrive:“Qual è colui che somniando vede,/ che dopo il sogno la passione impressa/ rimane, e l’altro alla mente non riede/ cotal son io, chè quasi tutta cessa/ mia visione, ed ancor mi distilla/ nel cor il dolce che nacque da essa./ Così la neve al sol si dissigilla;/ così al vento nelle fogli levi/ si perdea la sentenza di Sibilla.” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Canto XXXIII, versi 58-66)


Pubblicato La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 24 del 15/06/2007

Nessun commento:

Posta un commento