lunedì 30 marzo 2009

Memorie dal confine 31

La cultura è un “affare” polveroso, sacrificante, sacro. Essa comporta dedizione, esercizio e “ascesi”.

C’è cultura e cultura…!

La politica strumentalizza e fagocita tutto ciò che alimenta il proprio funzionamento; promuovere cultura, in termini politici, significa troppo spesso autopromuoversi


di Romano Pesavento

“La cultura è atto di libera scelta personale. La politica è forzata aderenza ad una condizione economica. Allorché la cultura diventa subordinata alla politica perde la sua essenza e le sue capacità di difesa dei valori che ha scelto.
Ma deve la politica aiutare la cultura? Sì, ma deve aiutarla ad essere quella che può soltanto essere.
D’altra parte, la libera scelta è atto già politico e per questo la politica deve dare credito alle battaglie che la cultura compie, senza rifugiarsi nell’astrazione di presunti valori assoluti.” (Gramsci A., La formazione dell’uomo, Editori Riuniti,1974)
Questa settimana partiamo da alcune riflessioni di Antonio Gramsci su un tema assai controverso e di natura fortemente complessa: il rapporto cultura/politica. Innanzitutto, già definire il concetto di cultura in sé è impresa assai ardua, anche se mai come in questi tempi sciagurati è tutto un continuo appellarsi - accoratamente – al supremo valore della cultura. Già, pare che al giorno d’oggi tutto sia diventato magicamente e bulimicamente cultura: da saggi di danza sgangherati di fine anno eseguiti con sussiego da ballerine spesso sgraziate, in carne e completamente negate per l’arte di Tersicore, alle sagre di crustoli, patate e bolliti di varia consistenza e “identità”. Per non parlare di altre manifestazioni, immancabilmente definite come “culturali”, come mostre di autentici “mostri” - per citare i Peanuts –, vale a dire le terrificanti esposizioni di opere in tecnica mista di giovani e improbabili artisti in via di affermazione! O le “mitiche”, promozionali, sfilate di abiti da sposa e non, con relativo contorno di sgambettanti e giulive – magari studentesse universitarie - miss Gengiva gioiosa o miss Polpaccio persuasivo. Che manchi proprio qui la cul tura è un’eresia, ne conveniamo.
Che dire poi delle attività sportive - e invariabilmente “culturali” anch’esse, come insegnano le nostre mai (!) dimenticate radici magno- greche-? Dalla corsa dei sacchi, alla gara a chi ingolla più cocomero, a Ferragosto tutto fa brodo. Pardon, cultura!
Dulcis in fundo: i convegni. Che aria di approfondimento e di arricchimento spirituale si respira in queste occasioni: mentre si dibatte un argomento “culturale” - Filolao, Pitagora, l’estinzione della formica verdognola del Venezuela - i pochi astanti vengono colti da improvvise “botte di sonno”, mentre la palpebra frana rovinosamente e ingloriosamente. Come mai? Forse non si è all’altezza dei colti ed eloquenti relatori di turno, giunti appositamente per noi dalla dotta università di X; forse quest’ultimi non sono poi così magnetici o forse il tema in oggetto, in realtà, non suscita interesse.
Dunque, da quanto detto fin ora, si evince che la cultura è questione ben diversa dalle, chiamiamole così, svariate forme d’intrattenimento - più o meno riuscite - elencate sopra forse con eccessivo, ma non immotivato, sarcasmo.
La cultura è un “affare” polveroso, sacrificante, sacro. Essa comporta dedizione, esercizio e “ascesi”.
Non è “divertente” nelle sue forme più alte e nobili, perché comporta riflessione, tempi lunghi.
Eppure implica un profondo appagamento spirituale per chi vi si dedica con metodo e passione. È una scoperta; è una ricerca che si snoda tra ostacoli e battute d’arresto. Ma che gratifica e incoraggia. La cultura è nella sua essenza più pura, come ammonisce Gramsci, libertà.
Libertà di aderire, rifiutare, condividere, trasmettere, innovare, conservare, dissentire e soprattutto azzerare secoli e distanze geografiche. La cultura dovrebbe -e qui il condizionale è proprio d’obbligo – essere preservata, proprio per queste sue caratteristiche intrinseche, dall’asservimento al potere; eppure, sappiamo bene quanto questo sia stato - e sia difficile da realizzare: basti pensare ai totalitarismi,ai regimi dittatoriali o a forme censorie di potere più subdole ma non meno “offensive” nei confronti della libertà di ricerca ed espressione.
La politica, nei riguardi della cultura, sostiene Gramsci: deve aiutarla ad essere quella che può soltanto essere.
Obiettivo, purtroppo, utopico, specie nella nostra città: di solito la politica strumentalizza e fagocita tutto ciò che alimenta il proprio funzionamento. Promuovere cultura, in termini politici, significa troppo spesso autopromuoversi.
Da qui, il proliferare di tante iniziative che poco o nulla hanno di “culturale”, ma che magari contribuiscono sostanziosamente a rastrellare voti o cementare amicizie, legami e strategie.
Questo meccanismo perverso è decisamente quanto di più alieno ed ostile alla cultura possa esistere.
La cultura, nome astratto per antonomasia, vive appunto di “astrazione”, di “immaterialità”, di puro spirito; ciò non significa, tuttavia, che essa sia estranea ai problemi attuali e di ordinaria “disperazione”; anzi, la cultura autentica, quella lontana dal nozionismo, dalla partigianeria e dagli abusi di potere - con le dovute eccezioni esito di periodi storici piuttosto remoti dalla sensibilità dell’epoca attuale - tendenzialmente, ha promosso, perseguito e celebrato il massimo rispetto per la dignità di tutti gli esseri umani.
La cultura è “studiare” con passione e tenacia, senza improvvisazioni o preclusioni, le forme più alte del pensiero umano: letteratura, arte, scienza.
Dell’uomo di cultura ciascuno di noi ha una sua immagine, a volte un po’ agiografica, personale: si pensa sempre ad individui “peculiari”, magari vagamente stravaganti, ma saggi; quasi sempre dagli intellettuali ci si aspetta una condotta morale irreprensibile. Non sempre è così: c’è chi per un ideale di verità ha subito stoicamente carcere, confino, esilio e torture; ma c’è anche chi, di natura più debole, si è arreso alle lusinghe o alle minacce del potere.
Non è il caso di commentare le scelte altrui; tuttavia, ci piace l’idea di lasciare ai lettori un suggestivo profilo dell’uomo libero, menzionato dallo stesso Gramsci, ad opera di Rudyard Kipling, che noi intendiamo associare all’identikit tipo del libero pensatore: “Se puoi conservarti calmo, mentre tutti attorno a te hanno perduto la testa, e dicono che ciò è per colpa tua,/Se sei sicuro di te mentre tutti ne dubitano, e tuttavia puoi trovare delle scuse per questo dubbio,/ Se puoi aspettare, senza stancarti di aspettare,/ Se vivendo in mezzo alla menzogna non smentisci,/ O, essendo odiato, non ti lasci trasportare dall’odio, non avendo l’aria, pertanto, di essere troppo buono, né troppo saggio,/ Se puoi sognare senza essere schiavo del tuo sogno,/ Se sai pensare, senza fare del pensiero il solo scopo della tua vita,/ Se, imbattendoti nel successo o nel disastro, tu tratti questi due impostori allo stesso modo,/ Se puoi sentirti ripetere la verità che hai espresso, imbellettata dai furbi per prendere in trappola gli scemi,/Se puoi guardare le cose che hai creato spezzarsi, e se, abbassandoti, tu le ricostruisci con strumenti già usati,/ Se puoi fare un mucchio di tutti i tuoi guadagni, arrischiarli con un sol colpo di fortuna, gettare il dado, perderli, ricominciare tutto dal principio, senza mai dir parola sulla tua perdita,Se puoi costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi nervi, i tuoi muscoli, a servirti a lungo, anche dopo che essi si sono logorati, e così tener fermo, quando non avrai in te altro che la volontà che dice al resto: sii fermo,/ Se puoi parlare alle moltitudini conservando la tua virtù, e parlare con i re conservando il senso comune,/ Se un nemico non può ferirti, e neppure un amico,/ Se tutti gli uomini hanno un valore per te, ma nessuno di essi troppo,/ Se riesci a riempire il minuto che non perdona con sessanta secondi che valgono la distanza percorsa…./Allora la terra sarà tua e tutto ciò che essa contiene e, ciò che più importa, tu sarai un Uomo.” (Kipling R. cit. di Gramsci sta in Breviario per laici, 17.12.1916, Avanti, rubrica Sotto la Mole)
Pubblicata su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 27 del 06/07/2007

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