martedì 31 marzo 2009

Memorie dal confine 36

Urge mettere in movimento tutte le riserve di volontà ed abbattere i tanti ostacoli di una condotta passiva ed indifferente

Le sonnacchiose talpe crotonesi stanno a guardare…!

Interessi pericolosamente privati si muovono nell’ombra, coperti da parole “pindariche” e vuote di significato



di Romano Pesavento

A quindici anni ci si può già sentire falliti, residuati di una provincia sommersa che, probabilmente, mai vedrà la luce. Si è semplicemente puri consumatori di merci, per lo più cinesi, perché non c’è alcuna possibilità oggi di essere protagonisti - almeno! - della propria vita. Un tempo l’ammirazione per le persone famose, per chi era stato capace di esprimere – nella musica o nella letteratura, nello sport o nella politica – un valore più alto, più universalmente condiviso, spingeva i giovani all’emulazione, li invitava a uscire dall’inerzia e dalla prudenza “mediocre” dei padri. Grazie ai grandi, si cercava di essere meno piccoli. Attualmente domina un’altra logica: chi è dentro è dentro e chi è fuori, è fuori per sempre. Fuori da cosa? Dai meccanismi “giusti”, quelli che ti permettono di arrivare, qualunque sia la tua aspirazione da velina a vigile urbano, senza grandi sforzi. I sacrifici si riservano agli altri, agli sfigati - il termine è volgare, ma rende benissimo sia il concetto in sé che il punto di vista di un giovane targato 2007 - Chi fortunatamente ce l’ha fatta, avrà una vita vera, tutti gli altri sono condannati a essere spettatori e a razzolare nel nulla.
E’ indubbio che la società, soprattutto quella crotonese, così come si è costituita, o meglio così come è stata “edificata”, è diventata una giungla, un ring, in cui vince chi è più forte; tuttavia, non sempre il più forte è il migliore.
Forse è per questo che all’impegno personale non si attribuisce più alcuna importanza; forse è per questo che le “scorciatoie” risultano lo strumento d’affermazione individuale più efficace ed agognato. Di certo, se si parla ad un adolescente di lavoro, di serietà e di tensione morale per il conseguimento di un obiettivo, si susciterà nella maggior parte di casi una nevrotica ilarità e il commento traboccante sarcastico compatimento: “Ma dove vive questo?” . Le responsabilità di un simile stato di cose - e tale opinione non corrisponde a ragioni di mero “giovanilismo”, oggi cavalcato un po’ da tutte le correnti politiche per questioni di utilità o immagine – appartengono, sfortunatamente, tutte agli adulti. Agli adulti che non hanno saputo - o voluto - creare e tutelare le occasioni di lavoro; agli adulti che forniscono un pessimo esempio con una condotta moralmente inqualificabile; agli adulti che si preoccupano enormemente (!) del futuro, sì, delle generazioni più giovani, ma soltanto quando di mezzo c’è un vincolo di parentela effettiva o acquisita.
Insomma, nessuno potrà confutare questa banale, perchè lampante, verità: i ragazzi sono diventati lo specchio di una società allo sbando, sfiduciata e “rosa” da molteplici e furiosamente famelici tarli. Di fronte ad una prospettiva così desolante vengono in mente alcuni versi di Umberto Saba: “Spunta la luna./ Nel viale è ancora/ giorno, una sera che rapida cala./ Indifferente gioventù si allaccia;/ sbanda a povere mete…..” (U. Saba, Sera di Febbraio)
Una simile descrizione ci restituisce in tutto un’immagine che può ben adattarsi alla condizione del giovane frustato crotonese medio, che, senza mete e senza aspirazioni, si dibatte in un contesto bruciato dalla vergogna. In realtà, l’odio, l’invidia, il clientelismo, la mafia appiattiscono, omologano e riducono al silenzio le coscienze individuali e quella, forse più importante, collettiva. Modelli da seguire, purtroppo, nella mia città non se ne vedono molti. Osservo piuttosto muoversi nell’ombra, coperti da parole “pindariche” e vuote di significato interessi pericolosamente privati. E le sonnacchiose talpe stanno a guardare dai margini delle loro comode tane.
Interessante e ricco di contenuti è invece il passo di gramsciana memoria che, per certi versi, ci riconduce sulla terra ferma dal “mare” di confusi e sovvertiti valori in caotica confusione, richiamandoci ai veri doveri e al significato più autentico della parola “coerenza ideologica.” A volte, nel vuoto più assoluto, può esistere qualche “piccolo moscerino” che, in preda a raptus di idealismo, indigesto per i più, si innalza e vola al di sopra delle roboanti onde magnetiche di massa.
“Mi pare che siano quasi ventidue anni da che ho lasciato la famiglia; da 14 anni poi sono venuto a casa solo due volte nel 20 e nel 24. Ora in tutto questo tempo non ho mai fatto il signore; tutt’altro; ho spesso attraversato dei periodi cattivissimi e ho anche fatto la fame nel senso più letterale della parola. A un certo punto questa cosa bisogna dirla, perché si riesce a rassicurare. Probabilmente tu qualche volta mi hai un po’ invidiato perché mi è stato possibile studiare. Ma tu non sai certamente come io ho potuto studiare. (…) Perché ti ho scritto tutto ciò? Perchè ti convinca che mi sono trovato in condizioni terribili, senza perciò disperami, altre volte. Tutta questa vita mi ha rinsaldato il carattere. Mi sono convinto che, anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi sono convinto che bisogna contare solo su se stessi e sulle proprie forze; non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria vita.” (A. Gramsci, La formazione dell’uomo, Lettera a Carlo Gramsci, 12 settembre 1927, Editori riuniti, 1974, pag. 554)
Non se ne può proprio più di assistere, come dicono facesse Nerone, compiaciuti e sereni al disfacimento di una intera città. Crotone non brucia, ma i cattivi odori si sprigionano da ogni luogo comunque. Tra l’altro, secondo alcuni storici, sembra che l’imperatore volesse ricostruire daccapo Roma e che quindi l’aberrante incendio potesse avere un qualche risvolto di logica, seppur malata. Qui è poco plausibile e realistico, allo stato e alle condizioni attuali, aspettarsi che dalla distruzione possa risorgere alcunché.
Indubbiamente oggi, in fondo, a Crotone, nessuno e dico nessuno – per utilizzare un’espressione cara a Totò - mette in discussione il sistema (come si diceva un tempo); si chiede solamente un posto al sole o, meglio, un posto dove parcheggiare le proprie natiche in attesa che possano impinguare a dovere. Eppure non si comprende un concetto semplicissimo: rimanendo passivi e inerti come capponi, la possibilità di veder, appunto, “prosperare” le già citate natiche diventa sempre più remota.
Scoraggiarsi e buttare la spugna è una tentazione più che giustificabile: lo sfacelo intorno e la crisi violentissima che investe ogni aspetto della vita pubblica e privata di Crotone quasi lo esigerebbero.
Ebbene, proprio in questi momenti di profondo -e non immotivato- sconforto bisogna far appello alle proprie ultime risorse morali e tentare, ciascuno nel proprio piccolo, di inseguire il proprio “sogno” personale di normalità. In tal senso, l’ultima testimonianza da proporre ai lettori è veramente emblematica e “ispiratrice”: “Il mio stato d’animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà. Penso, in ogni circostanza, all’ipotesi peggiore, per mettere in movimento tutte le riserve di volontà ed essere in grado di abbattere l’ostacolo. Non mi sono mai fatto illusioni e non ho avuto mai delusioni. Mi sono specialmente sempre armato di una pazienza illimitata, non passiva, inerte, ma animata di perseveranza. Certo oggi c’è una crisi morale molto grave, ma ce ne sono state nel passato di molto più gravi…” (A. Gramsci, La formazione dell’uomo, Lettera a Carlo Gramsci, 19 dicembre 1929, Editori riuniti, 1974, pag. 558)
Volontà e perseveranza, come lo stesso Gramsci dichiarava, possono tanto; soprattutto, però, è la lucidità, priva di faciloneria, a suggerire il giusto comportamento. Le crisi di svariata tipologia (morali, economiche, politiche) – come ammoniscono i libri di storia – si susseguono ad intervalli più o meno regolari nella vita degli esseri umani. È, tuttavia, nella possibilità e responsabilità degli stessi affrontarle con caparbio coraggio. Tutto dipende dall’autentica natura dell’interesse che si nutre nei confronti della società alla quale si appartiene.


Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 32 del 10/08/2007;

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