martedì 31 marzo 2009

Memorie dal confine 40

Giorno 9 settembre i giovani di via Repaci abbelliscono il quartiere con murales colorati e gioiosi.

Dr Dobermann e i topi pitagorici!

Degrado e abbandono caratterizzano un’altra area verde della città: parco delle Mimose. Siringhe e sporcizia nelle vicinanze della Vittorio Alfieri.


di Romano Pesavento

Il tour cittadino di questa settimana ci conduce in via Giaovanni Paolo II. Infatti, proprio qui, in prossimità del quartiere Scintilla si trova un’altra zona verde di Crotone, chiamata parco delle Mimose. L’ingresso dell’area è collocato proprio a fianco delle famose fontanelle pubbliche da cui dovrebbe sgorgare acqua proveniente dalla bassa Sila. Il cancello è chiuso con un lucchetto, ma basta girare intorno al recinto per qualche metro e ci si trova di fronte un’agevole apertura. Entro dentro e un’atmosfera di degrado riempie immediatamente il vuoto che dilaga intorno. Già, proprio il vuoto è l’impressione più immediata che si ricava da una brulla estensione di terra in cui tutto è abbandonato all’incuria e nessun elemento sembra essere in armonia estetica e funzionale con il luogo e con lo scopo per cui il parco era stato creato. Si parla tanto di Napoli, che balza agli “onori” della cronaca per le monumentali torri d’immondizia sparse capillarmente in ogni angolo e in ogni quartiere; invece di Crotone nessuno parla perché è una realtà troppo modesta e periferica per costituire un autentico problema per media e istituzioni. Eppure, in proporzione, non è che la nostra situazione sia poi meno drammatica o preoccupante rispetto al capoluogo campano. La nostra città, per quanto non si sia mai distinta per igiene, ordine ed efficienza, non ha in nessun caso conosciuto momenti di così bassa fortuna. Lo dicono tutti: i turisti veri - o autoctoni - hanno ormai ripreso la via di casa, ma per tutto il tempo della loro permanenza qui hanno provveduto accuratamente a turarsi il naso e le orecchie. Tornando al nostro percorso, scorgo in un angolo del parco un cumulo di grandi sacchi neri depositati con nonchalance colmi fino all’inverosimile d’ immondizia; vi è presenza di spazzatura anche in prossimità delle fontanelle: fattore che certo non rinfranca chi si reca, magari, per una sorsata d’acqua. Un luogo così abbandonato, tuttavia, come in un altro mio articolo avevo ipotizzato, non è purtroppo disertato dai bambini: ne ho visti un paio aggirasi proprio all’interno della struttura. Chissà quanti dei lettori con figli sarebbero entusiasti di sapere che i propri piccoli frequentano posti così malsicuri. Anche in questo caso, non mancano neanche i topi che ormai, vivi o morti, rappresentano una presenza quasi costante dell’arredamento urbano. Nel caso specifico, il nostro esemplare, grosso come un leprotto di campagna, giaceva stecchito su una cassetta di frutta a complemento di una specie di “piccolo salottino”, costituito da un asciugamano, una cesta e alcune tavole di legno disposte in maniera ordinata tutt’intorno alla cassetta. Forse si trattava, non osiamo pensarlo, di qualche gioco di bambini. Certamente, ad assistere impotenti a questo desolante spettacolo vengono in mente i versi delle canzone di Francesco De Gregori intitolata 300.000.000 di topi: “Ci sono topi tutti in giro - Topi tutti intorno - Topi mattina e giorno - Sudici topi ludici giocano a nascondino – Fanno tana nel tronco degli alberi – Dentro il nostro giardino (…)Ci sono topi tutti in giro – Topi in via Fratina – Traversavano la strada tranquillamente – Alle undici di mattina – Sterminate distese di topi – Refrattarie ad ogni sterminio – Sorridevano dalle finestre – Tutte d’oro e d’alluminio.”
Dopo questo sopralluogo, salgo in macchina e mi dirigo in via L. Repaci. Proprio in fondo a questa strada, c’è, infatti, un altro quartiere popolare. Malgrado la desolazione del luogo, qui i ragazzi, giorno 9 settembre, si sono messi ad abbellire i muri con dei murales molto suggestivi e colorati. Dopo aver fatto qualche foto all’area, mi incammino verso Tufolo. All’improvviso, dal finestrino della mia auto vedo una nube nera salire dalla vecchia zona dei mercati generali. Faccio retromarcia e mi incanalo verso l’ingresso dell’area. Una volta giunto sul posto, ho la possibilità di osservare il pronto intervento della polizia di Stato e dei pompieri. Un agente mi spiega che la natura dell’incendio è molto probabilmente dolosa. Siamo alle solite. Il fumo è ovunque. La puzza di bruciato entra prepotente nelle mie narici come un’anguilla nella sua tana. Forse è il caso di non respirare troppo quell’aria ed allora, ritornato all’auto, vado verso il centro della città.Arrivato vicino il parcheggio sito di fronte alla Vittorio Alfieri, mi fermo e comincio scattare fotografie. Un signore mi chiama e mi conduce vicino la macchina atta stampare i biglietti da sosta. Una volta giuntovi, mi mostra una siringa utilizzata dai tossici. Occorre agire prontamente perchè i ragazzini frequentano la zona e potrebbero venire danneggiati da un eventuale contatto con aghi infetti. Ricordo a tutti l’insegnamento di Benedetto Croce che così scriveva in una lettera a V. Pareto : “A chi voglia scorgere colpo d’occhio la differenza tra il tecnico e l’economico, suggerirei di considerare bene in che consista un errore tecnico, ed in che un errore economico. È errore tecnico l’ignoranza delle leggi della materia sulla quale vogliamo operare: per esempio ritenere che si possano porre travi di ferro molto pesanti sopra mura sottili senza che queste ultime rovinino. È errore economico non mirar diritto al proprio fine: voler questo e insieme quello, ossia non voler veramente né questo né quello. L’errore tecnico è errore di conoscenza; l’errore economico è errore di volontà. Chi sbaglia tecnicamente sarà chiamato (se lo sbaglio è grossolano) ignorante; chi sbaglia economicamente, è uomo che non si sa condurre nella vita: fiacco e inconcludente. Perché, come è noto e proverbiale, si può essere dotti senz’essere “uomini” (pratici, o compiuti).”


Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 37 del 14/09/2007

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