venerdì 13 marzo 2009

Memorie dal confine 25

È difficile far capire qualcosa ad un uomo se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a capire

Il bel parlare da crotonese!

In una parola la critica è fondata soltanto se si esercita in nome e in vista di possibilità reali diverse da quelle che il potere realizza


di Romano Pesavento

Il tempo scorre in fretta: minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, i crotonesi sono sempre più affamati ed impoveriti. Le aziende chiudono, falliscono, spariscono; il Crotone Calcio alza la bandiera della retrocessione in C1; il grande popolo della Madonna di Capo Colonna piange la fiera che, per grazia divina, è stata recuperata in extremis e Carlo V, seduto sotto una palma, fuma la pipa, ipnotizzato dal roboante luccichio dei fuochi artificiali mariani, degno epilogo di un più degno periodo. Mah.
Ho fatto, velocemente, riferimento al quadro economico non a caso. Infatti è proprio di questi giorni il resoconto allarmante sul monitoraggio del contratto d’area. Dai dati, infatti, emerge che su 1341 unità occupazionali previste originariamente dallo strumento, solo 480,72 è l’occupazione realizzata (787,67 mancata occupazione per revoche e rinunce, 72,61 mancata occupazione per scostamento %). Di tali indagini poco, oggi, si parla. Il silenzio è d’obbligo. Mark Twain scrisse: “il pericolo non viene da quello che non conosciamo ma da quello che crediamo che sia vero e invece non lo è.” Foto: Mark Twain


In mezzo a questo delirante caos, la strategia politica del perdono “ecclesiastico” e delle parole non dette prende il sopravvento tra i nostri amministratori. E allora cosa fare? La soluzione è presto trovata: tutti in fila, ordinati, con giacca e cravatta, dietro la processione a salutare il popolo anziano e disoccupato. E la storia finisce con il ricordarci, ancora una volta, che, sfortunatamente, la colpa non è solo di chi “recita a soggetto”, ma anche di chi applaude.
Questa settimana voglio proseguire le mie riflessioni , proponendo al lettore la seguente domanda: In base a quale principio è lecito contestare la condotta di un nostro uomo politico? Tale interrogativo ha come scopo quello di affrontare il tema della responsabilità politica attraverso l’uso di alcuni elementi propri del metodo marxista. Sotto tale punto di vista, l’agire degli amministratori crotonesi, molte volte, non è altro che il frutto del contesto socio-economico locale e la risposta al quesito sopra posto si può ricondurre ai concetti espressi da Andrè Gorz: “La mia critica è dunque legittima soltanto se si basa su un’azione tendente a cambiare le condizioni che rendano inevitabili i Mollet e a creare condizioni che rendano inconcepibili i Mollet al governo. Se a tal fine non faccio nulla, non ho il diritto di criticare. Sono più evoluto? Alla domanda “in nome di che cosa criticare” risponderò: “in nome di un fine diverso da quello perseguito dal potere”; intendendo con ciò che non si può parlare di fine laddove vi sia già azione in vista di attuarlo o di attuare le condizioni stesse della sua realizzazione. Respingo dunque la critica astratta e moralizzante che pretende di esercitarsi virtuosamente in nome di valori e principi assoluti senza preoccuparsi che essi siano realizzabili. E sono d’accordo con l’osservazione di Marx che poco importa che un’idea sia già stata formulata cento volte se non si sono raggiunte le condizioni della sua realizzazione (o, aggiungerò io, se non si sono attivamente ricercate). In una parola la critica è fondata soltanto se si esercita in nome e in vista di possibilità reali diverse da quelle che il potere realizza.” (Gorz Andrè, La morale della storia, 1963)
Di supporto a simili argomentazioni è il pensiero del nostro herr doctor Karl Marx, che, su tale materia, così si pronunciò: “La mia concezione, che vede nello svolgimento della formazione economica della società un processo naturale, può meno di qualsiasi altra rendere l’individuo responsabile dei rapporti dai quali socialmente deriva, benché, considerando le cose dal lato soggettivo, egli le superi.” (Karl Marx, prefazione alla prima edizione del Capitale)
In queste parole troviamo alcuni elementi importanti di riferimento che impensieriscono non poco. Infatti, proprio da tale citazione possiamo certamente dedurre che scelte, decisioni e comportamenti politici “adottati” nei confronti della comunità crotonese sono soggetti, di frequente, ad imperativi/dinamiche/esigenze/ interessi materiali contraddittori, però esistenti in seno alla stessa società. Naturalmente, lo scopo di tale affermazione non è quello di scoraggiare una possibile azione rinnovatrice, ponendo in evidenza determinismi insormontabili (“essi non potevano…), bensì di orientarla verso le cause profonde, prima fondamentale tappa di un percorso di ascesa e di miglioramento.
D’altronde, lo stesso Gorz aveva posto in essere tale questione nelle sue opere. Ricordiamo, infatti, che fu proprio lo stesso intellettuale ad ammettere e sottolineare i limiti e gli ostacoli del singolo agente politico:“Infatti, è vero che l’azione politica realizza, attraverso e oltre l’individualità di agenti singoli, gli imperativi di una situazione di cui l’individuo agente non è l’autore: ne è piuttosto il prigioniero, l’agente, la vittima e lo strumento insieme.” (Gorz Andrè, La morale della storia, 1963)
Per dovere di cronaca, l’analisi su riportata era riferita a soggetti e contesti sociali profondamente diversi da quelli operanti nella nostra piccola comunità crotonese. Tuttavia, proprio partendo da una simile riflessione, oggi, è possibile affermare che dietro l’operato, i provvedimenti e gli interventi di svariati agenti politici, si profila, spesso, l’influenza di un interesse personale costituito, riconducibile a gruppi di individui ben attenti a conservare i propri privilegi di casta con ogni mezzo. Per tal motivo, l’azione politico-amministrativa risulta essere vincolata e obbligata a seguire un percorso dalle tortuosità soventemente drammatiche per la trasparenza delle istituzioni. Tuttavia, al di là delle diverse teorizzazioni, un concetto deve essere esplicitamente chiarito e, soprattutto, massimamente condiviso: le scelte e le decisioni finali della condotta politica sono imputabili sempre al soggetto che governa i processi amministrativi, governativi e sociali. Tale soggetto diventa quindi bersaglio di critica interna ed esterna, come è doveroso in questi casi .
Occorre, pertanto, sottolineare due importanti considerazioni. La prima è che, proprio come conseguenza diretta di quanto espresso, i nostri beneamati politici raramente, di loro spontanea volontà, si sono dimessi dal loro incarico. La seconda, invece, sta a testimoniare che, nella maggioranza dei casi, ogni persona, appartenente allo stesso gruppo o fazione del demagogo inamovibile, si sarebbe comportata nella stessa maniera.
Un simile stato di cose ci impone di ripensare nuovamente a Gorz, anche se l’operato politico, di norma, s’ispira a ragionamenti ancora meno nobili di questo, il quale affermava:“Indubbiamente vi sareste anche voi posto il problema delle dimissioni; e vi sareste detto:“Se me ne vado, conservo pulite le mani, ma cedo il posto ai vecchi idioti; costoro intraprenderanno con convinzione quello che io faccio a malincuore, in seguito agiranno anche peggio. No, è meglio che assuma io la responsabilità di tale ignominia; così conserverò, col potere, la possibilità di un’ulteriore riparazione.” (Gorz Andrè, La morale della storia, 1963)
Detto questo, credo che le mie amare riflessioni circa gli esiti della politica crotonese siano pienamente giustificate dai penosi risultati conseguiti che, tangibilmente, verifichiamo nella nostra società. Penso, inoltre, che la nostra realtà stia riproducendo forme di alienazione opprimenti nei più disparati settori socio-economici. Marx scrisse:“Gli individui sono quelli che la loro vita manifesta. Ciò che essi sono coincide con la loro produzione, e per quel che producono, e per il modo in cui lo producono. Dunque, ciò che individui sono, dipende dalle condizioni materiali della loro produzione.” (K. Marx, Ideologia tedesca, pp.176-177)
Ebbene? Certamente, l’idea che qualcuno, dotato di “penna e calamaio”, possa realmente protestare e innescare una qualche forma di cambiamento è davvero illusoria. A tal proposito, penso a quanto scrisse Upton Sinclair, che ammoniva: “è difficile far capire qualcosa ad un uomo se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a capire.”

Foto: Upton Sinclair

D’altro canto, solo attraverso un’opera di discussione critica delle problematiche sociali è possibile riformulare e riorganizzare. Urge una strada, una proposta. Gorz scrisse:“Animare e stimolare la riflessione collettiva e il dibattito democratico è anche, per il partito, il mezzo migliore per arricchire e sviluppare suoi temi di lotta, per sottoporre le sue analisi generali a una verifica pratica e selezionare le forme di azione più adatte alle condizioni locali, alla capacità di iniziativa e alla sensibilità delle masse. Questo lavoro permanente di ricerca e di riflessione collettiva, che associa la base del partito all’elaborazione della sua politica, la sollecita a scegliere fra diverse forme possibili di azione, non può che oltrepassare il quadro del partito stesso. Il partito non opera in un vaso chiuso. La sua capacità di egemonia dipende dalla forza di attrazione che la sua vita interna, la sua azione e le sue proposte politiche esercitano sulle masse lavoratrici non organizzate o influenzate da schemi ideologici o religiosi diversi.” (Gorz Andrè, Il socialismo difficile, 1968) Naturalmente, oggi più che mai, sono convinto che occorra creare velocemente una strategia occupazionale nuova. Occorre dare al lavoro il suo giusto valore. D’altronde Jean-Paul Sartre aveva, in materia, fornito qualche indicazione: “In realtà il valore del lavoro è ciò che ogni società (tenuto conto di tutte le classi) decide per sé.

Sarebbe assurdo immaginare che il valore del lavoro servile sia lo stesso in una società in cui lo schiavo è considerato come un animale ed è complice lui stesso di questa rappresentazione e in una società – anche oppressiva – nella quale l’operaio ha coscienza del suo valore umano Ciò che bisogna e che si deve fare è combattere per una società che dia al lavoro un valore determinato (per es., una società senza classi) e tentare di realizzare questa società. Se ci riusciamo, allora il lavoro avrà quel valore. Ma esso non è nascosto nelle cose come se lo si dovesse scoprire, deve essere creato.” (Jean-Paul Sartre, Quaderni per una morale, quaderno I, pag. 119, Ed. Associate)

Pubblicato La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 21 del 25/05/2007

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