lunedì 9 marzo 2009

Memorie dal confine 11

Credevamo che Tangentopoli fosse un'eccezione, ora sappiamo che è la norma”


Pubbliche relazioni e private umiliazioni


“Ricadere nel peggio non può essere uno stato costantemente durevole nella specie umana perché a un certo grado di regresso essa distruggerebbe se stessa”


di Romano Pesavento

“Credevamo che Tangentopoli fosse un'eccezione, ora sappiamo che è la norma. Quando in una società si incanaglia la tendenza a considerare i vizi normalità e i delitti comprensibili debolezze umane, l'anarchia è inevitabile. E i peccati di chi sta al vertice vengono non solo imitati, ma ammirati.” (Giorgo Bocca, Il capitalismo dalla testa rotta)
Nel quinto canto dell’ Inferno, quello relativo ai lussuriosi per intenderci, della perversa regina Semiramide, Dante scrive che “libito fè licito in sua legge”…… In realtà, quando il malcostume, la corruzione, la corruttibilità dilagano e imperversano, diventa tristemente automatico considerarli norma di vita, fenomeni naturali come la pioggia o la grandine. Questo è la summa di quanto scrive lo “scomodo”, ma genialmente lucido Giorgio Bocca, opinione da cui pochi ingenui si sentirebbero di dissentire; come effetto collaterale e inevitabile di quanto scritto, la politica, ancor di più quella crotonese, viene da sospettare, non sceglie i migliori ma i meno qualificati, per diversi motivi o, se preferite, “comodità”: seleziona “servi”, li promuove e molto spesso li onora con copiose consulenze. Indipendentemente, da quale sia il ruolo da recitare in tale, immensa e offensiva - per la dignità e il senso civico dei contribuenti, farsa - Leccastivali o voltagabbana, non c’è alcun dubbio: è necessario che il sistema produca soprattutto servi. Leggendo, laddove tale possibilità sia consentita, e analizzando i curricula di gran parte dei consulenti, ci si rende conto che quasi tutti sono sconosciuti, incompetenti, privi di esperienza nel settore, ma noti e cari ai “padroni del vapore” .Quale criterio di scrematura può mai essere più efficace e incontestabile di una “sana”, “trasversale”, “ecumenica” raccomandazione?
Vogliamo, davvero, chiederci a che punto è lo stato della nostra democrazia, la democrazia che vorremmo regalare alle future generazioni crotonesi!?! È una democrazia che, da quanto emerge sempre più frequentemente dalla stampa locale e regionale, è legata al “patto mafioso” fra borghesia del sottogoverno e cosche criminali. Le cosche criminali e il loro controllo del territorio sopravvivono perché garantiscono la continuità di una borghesia che campa e cresce sui ricatti economici ed elettorali. I “criminali della lupara” sono necessari come lo sono nei paesi autoritari le polizie politiche, le Gestapo, la Ghepeu.
Tra borghesia del sottogoverno e cosche criminali, quindi, si è, probabilmente, stabilito un legame “di mutuo soccorso”. In parole più semplici, si può così rappresentare il tutto: chiunque abbia studiato Biologia a scuola, ricorderà le “interazioni” un po’ nauseanti tra alcuni organismi viventi e le relative forme di vita del tutto parassitarie, tuttavia, in amorevole rapporto di idillica simbiosi reciproca. Ebbene, per analogia, una simile immagine può ben spiegare la realtà che tutti, sciaguratamente, verificano in ogni singolo aspetto della quotidianità. Certamente, siamo ormai quasi tutti convinti: l’immagine di società che emerge è sempre più catastrofica. A questo punto, è importante ricordare la visione kantiana della storia riassunta in un passo dell’intervista a Norberto Bobbio.
“Kant credeva nella lenta approssimazione all'ideale del raddrizzamento attraverso "giusti concetti", "grande esperienza" e soprattutto una "buona volontà". Della visione della storia secondo cui l'umanità continua ad andare verso il peggio, e che chiamava "terroristica", Kant diceva che «ricadere nel peggio non può essere uno stato costantemente durevole nella specie umana perché a un certo grado di regresso essa distruggerebbe se stessa». Invece, è proprio l'immagine di una corsa verso l'auto-distruzione quella che affiora in alcune delle odierne visioni catastrofiche”. (Norberto Bobbio, I diritti dell’uomo oggi)
Naturalmente, la colpa di tutto ciò è anche dei tanti “ebeti” che garantiscono, attraverso la loro delega in bianco, ai “colonnelli” di partito di comandare. Il perché si verifica questo fenomeno, è presto spiegato nel pensiero che segue di Erich Fromm: “La maggior parte delle persone sono convinte che finchè, un potere esterno non le costringe manifestamente a fare qualcosa, le decisioni che prendono sono loro; e che, se vogliono qualcosa, sono loro che lo vogliono. Ma questa è una delle grandi illusioni che nutriamo a proposito di noi stessi. Un gran numero delle decisioni che prendiamo non sono davvero nostre, ma ci vengono suggerite dall’esterno; siamo riusciti a persuaderci che siamo stati noi a prendere la decisione, mentre in realtà ci siamo uniformati alle aspettative degli altri, spinti dalla paura dell’isolamento e da minacce più dirette alla nostra vita, alla nostra libertà e al nostro benessere.” (Erich Fromm, Fuga dalla libertà)
È il noto teorema della identificazione dei seguaci nel capo che più li rassicura, che più risolve le contraddizioni in cui si tormentano e che perciò diventa indiscutibile, l’uomo dell’innamoramento collettivo. L’aspetto fisico non conta. Ci sono stati ´uomini fatali´ come Hitler fisicamente sgradevoli, un piccolo impiegato nevrotico con baffetti ridicoli e movenze da burattino, possono esserlo i nostri beneamati colonnelli di partito rassicuranti uomini comuni. Ma cosa hanno detto di così affascinante per i loro cortigiani? Niente, anzi no, un mucchio di parole prive di significato e tante, tantissime promesse.E allora? Allora, occorre che ognuno di noi possa realmente avere un ideale vero e non fittizio in cui credere. Il nostro herr doctor Fromm, un pò di tempo fa, ricordiamo a chi l’avesse dimenticato, aveva così formulato le sue conclusioni su tale tema: “Arriviamo così a definire vero ideale ogni fine che promuova lo sviluppo, la libertà e la felicità dell’io, e a definire ideali fittizi quei fini ossessivi e irrazionali che soggettivamente sono esperienze piacevoli (come l’impulso alla sottomissione) ma che in realtà sono nocivi alla vita. Accettata questa definizione, ne segue che un vero ideale non è una forza nebulosa superiore all’individuo, bensì la piena espressione della completa affermazione dell’io. Ogni ideale in contrasto con una siffatta affermazione si dimostra perciò stesso non un ideale, ma un fine patologico.” (Erich Fromm, Fuga dalla libertà)

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