martedì 10 marzo 2009

Memorie dal confine 18

“Vedi? Sono banditi comunisti, porci badogliani, puniti dall'alleato germanico per aver tradito la Patria”


Non vedo cavalli di razza ma solo qualche ronzino!


“È tutto un sussurro e un bisbiglio cauto, maligno, da tutti gli angoli, da tutti i cantucci. Mi sembra che si mentisca; una dolcezza zuccherina è appiccicata ad ogni suono”



di Romano Pesavento

Scrivere, scrivere e ancora scrivere. Credo che oggi sia importante, più che in altri tempi, esprimere le proprie idee anche quando queste ultime divergono o contrastano con le realtà precostituite. Criticare i soggetti politici che operano nella città di Crotone non significa, quindi, voler trovare a tutti i costi il marciume, ma evitare che si possa fare confusione tra la persona e l’idea, tra l’agire politico e l’etica , e così via.
L’idea di comunismo o di socialismo è certamente oggi, per le nuove generazioni e non solo, difficile da capire; anzi, per alcuni aspetti è spaventosamente utopica da comprendere, se non si considerano per un attimo alcuni momenti della vita storica del nostro Paese. In merito a ciò, può essere rilevante leggere il brano proposto tratto dal diario di Giambattista Bonelli: “All'uscita del carcere un ufficiale superiore della Milizia di Mussolini ci indicò sprezzantemente alla sua ingioiellata compagna: "Vedi? Sono banditi comunisti, porci badogliani, puniti dall'alleato germanico per aver tradito la Patria". La donnaccia rispose sghignazzando qualche cosa che mi sfuggì perché in quel preciso istante da qualche voce isolata dapprima, subito coperta da un coro di tutti e mille quanti eravamo sorse un solo grido:"Evviva l'Italia!"”. (Giambattista Bonelli, Diario dal 26.2.1944 all’aprile dello stesso anno)
E allora? Allora dobbiamo capire realmente i processi storici, le trasformazioni, i “mutamenti climatici”. A Crotone si vive solo di slogan che nascono e si diffondono quasi sempre dalla capitale Roma. Nessuna autocoscienza critica si produce nei meandri del malessere o del benessere diffuso. A tal proposito, voglio ricordare l’opinione di Alessandro Natta sul concetto di revisionismo storico: “Domanda: Cosa ne pensa del revisionismo storico?


Risposta: Vedi, revisionismo è una parola nobilissima. Vuol dire continuare ad indagare sul passato, perché non c’è mai un momento in cui possiamo dire di sapere tutto sul popolo egizio o sull’Impero romano. Eppoi bisogna sapere sempre cosa abbiamo alle spalle per andare avanti. Ma i revisionisti fanno un altro mestiere, non sono storici. Sono propagandisti di un’ideologia. Galli Della Loggia, che scrive sul Corsera, ha detto che l’otto settembre è morta la patria. Non è vero. Certo, Mussolini, come oggi Berlusconi, diceva di essere lui la patria ed infatti con l’otto settembre è morto il fascismo. Ma la patria è un concetto che va oltre la contingenza storica del fascismo e della guerra. La patria è risorta l’otto settembre, per il valore degli italiani.”(Matteo Jade, Intervista Alessandro Natta, 24 aprile 2001)
Inizialmente, ho ricordato il concetto di idea, non a caso. Non voglio qui dilungarmi in disquisizioni puramente filosofiche, ma ricordo ai più scrupolosi lettori quanto lo stesso Hegel sosteneva in merito: “La possibilità che l’idea non abbia perfettamente elaborato la sua realtà, che l’abbia assoggettata incompletamente al concetto, si basa su ciò ch’essa stessa ha un contenuto limitato e che, pur essendo essenzialmente l’unità del concetto e della realtà è anche essenzialmente la loro differenza, poiché soltanto l’oggetto è l’unità immediata, ossia soltanto in sé. Ma dove un oggetto, per es. lo stato, non fosse affatto conforme alla sua idea, ossia non fosse affatto l’idea dello stato, quando la realtà di questo, che son gl’individui di sé conscii, non corrispondesse per nulla al concetto, allora la sua anima e il suo corpo si sarebbero separati; quella fuggirebbe nelle remote regioni del pensiero, questo si sarebbe spezzato nelle individualità singole. Poiché però il concetto dello stato costituisce così essenzialmente la natura degl’individui, esso è in loro come un istinto di tal potenza, che quelli, quando non fosse che nella forma di finalità esterna, son costretti a tradurlo in realtà oppure a contentarsi così” (Hegel, La scienza della logica, vol. III)
Tali considerazioni sono espressione di un sistema e di una visione “logica”, ispirata a ferrei ragionamento di passaggio in passaggio, da causa ad effetto, fino alla conclusione ultima di imprescindibile contiguità tra Stato e individui.
Osserviamo, quindi, per un attimo i nostri politici. Nessuna linea, strategia coerente, nessun principio contraddistingue il loro operato. Oggi sono nemici, domani ritornano amici. È questione solo di tempo. Pettegolezzi, chiacchiere, dicerie sono accettate solo se pronunciate sottovoce. D’altronde non siamo tanto lontani da quanto ha scritto lo stesso Scheler: “Non vedo nulla, ma odo. È tutto un sussurro e un bisbiglio cauto, maligno, da tutti gli angoli, da tutti i cantucci. Mi sembra che si mentisca; una dolcezza zuccherina è appiccicata ad ogni suono. La debolezza ha da essere spacciata bugiardamente per merito ; non c’è dubbio e proprio come diceva Lei…Coraggio. Avanti! … e l’impotenza che non ribatte in “bontà”; la pavida bassezza in “umiltà”, il sottomettersi a chi si odia in “obbedienza” (verso uno di cui essi dicono che imponga tale sottomissione: lo chiamano Dio). L’inoffensività del debole, la viltà persino di cui è ricco, il suo stare alla porta, il suo inevitabile dovere – attendere, acquista qui buon nome, la “pazienza”, oppure si chiama non volersi – vendicare anzi magari perdono (“perché loro non sanno quel che si fanno – noi solo sappiamo quel che loro fanno!”). Si parla anche – e sudano freddo –dell’amore verso i propri nemici” (Max Scheler, Crisi di valori)
Fatta un po’ di luce circa aspetti di portata, oserei dire “esistenziale, ritorniamo più strettamente al concetto di morale politica, il cui significato, o valore intrinseco, è platealmente ignorato, troppo spesso, nella nostra provincia Per tal motivo, voglio anche questa settimana ricordare quanto dichiarò l’imparziale Giacomo Noventa: “La morale politica è una morale tragica. Quanto più un partito è ricco di forza morale tanto più un’intima immoralità lo minaccia. Il primo dovere di ogni uomo politico è quello di combattere i disonesti, gli antipatrioti e i nemici del popolo, del proprio partito. E il primo modo, il modo più efficace di combatterli, è quello di riconoscere gli onesti, i patrioti, gli amici del popolo che esistono necessariamente in tutti i partiti. È quello di sentire, al di là di ogni distinzione pur legittima, il profondo legame che lo vincola agli onesti di tutti i partiti.” (Giacomo Noventa, Discorso sulla resistenza e sulla moralità politica, 1947)
Ma allora ha ancora significato parlare di comunismo, socialismo? Io penso di sì. Specie se a tali parole attribuiamo oggi realmente i significati profondi che ne costituiscono la base, le fondamenta. Certo sono anche convinto che agli occhi di molti si può apparire come patetici nostalgici, ma basta rivisitare ,anche per poco,in maniera seria i contenuti profondi dell’idea” per andare avanti. Consideriamo per esempio a quanto scritto da Roemer in tema di socialismo: “Credo che i socialisti vogliano pari opportunità per: 1) autorealizzazione e benessere; 2) influenza politica, 3) status sociale. Con E. Roemer, l’autorealizzazione si intende lo sviluppo e l’applicazione del talento di un individuo in modo da cogliere significato alla vita… Per esempio, quello che vogliono veramente i socialisti non è una semplice pari opportunità di autorealizzazione, ma una tale parità d’ alto livello. Per cui il punto 1) andrebbe riformulato come segue: i socialisti vogliono un’organizzazione della società che parifichi l’opportunità di autorealizzazione a un livello non inferiore quello che qualsiasi altra organizzazione della società può garantire a ognuno. In altre parole, il punto 1) afferma che, rispetto a tutte le possibili organizzazioni della società, dovremo massimizzare il livello di opportunità di autorealizzazione che può essere raggiunto come pari livello per tutti.” (J. Roemer, Un futuro per il socialismo, 1996)
Ovviamente, ho l’impressione che i corsi e i ricorsi di vichiana memoria stiano oggi giocando un ruolo importante. D’altronde, era Tocqueville che in un suo discorso politico così illustrava il principale pericolo del suo tempo: “Quel che è pericoloso, signori, non è il grande numero dei posti: è che ciascuno, quali che ne siano le capacità e la cultura, creda di poter accedere alle cariche pubbliche, tutti si immaginano una volta entrato nelle cariche pubbliche, tutti si immaginano che il favore, il caso, che so? I mille accidenti che una immaginazione ambiziosa può intravedere, possano bastare a far passare di grado senza talento, e a salire la scala amministrativa dal fondo alla cima. Ecco quel che è pericoloso.” (Tocqueville, La degenerazione dei partiti e la corsa agli impieghi pubblici)
In conclusione, data la situazione siamo, oggi, più che mai convinti che occorra rafforzare l’idea di coerenza e di onesta intellettuale in primo luogo da sinistra. Anche se non siamo più ai tempi della rivoluzione degli ideali, necessita, comunque, esprimere in maniera pacifica e forte il proprio pensiero. Indubbiamente è un sogno sperare che l’onestà, la trasparenza, la legalità possano realmente trionfare nella città pitagorica, ma siamo anche dell’idea che l’insegnamento di Vittorio Foà, qui di seguito riportato, possa illuminare una strada fittamente buia per molti .



“Tu sogni delle cose stai attento, le puoi fare! Basta che tu le voglia, ti metti d’accordo con gli altri e le fai, non era questo il senso della rivoluzione? E poi, a un certo punto, via via la rivoluzione scompare, ma nella nostalgia della rivoluzione non c’era questo? L’idea di fattibilità di un sogno. Non è questo che in fondo può aver frenato, cambiato, banalizzato tante cose?” (Vittorio Foa, tratto dal libro “Un dialogo” di Carlo Ginzburg)
Occorre iniziare a sensibilizzare le coscienze. L’arte dello scrivere e del comunicare aiutano molto spesso a far maturare in chi legge l’autocritica, il perché degli eventi. Per ciò avanti tutta: non dimentichiamo mai le radici da cui siamo nati. Affiniamo il senso critico e lavoriamo sui messaggi, le parole e, specialmente, sull’agire. Attraverso la solidarietà, l’onesta, la legalità, la trasparenza amministrativa si costruisce il consenso elettorale. Combattiamo i ricatti, l’improvvisazione, il “pressappochismo” e le presunte certezze. Solo così si può costruire un avvenire.
“Non può essere morale chi è indifferente. L’onestà consiste nell’avere idee, e credervi e farne centro e scopo di se stesso. L’apatia è negazione di umanità, abbassamento di se stessi, assenza di idealità.” (Piero Gobetti, La nostra fede, Energie nove, serie II, n. 1, 05/05/1919)
Il pensiero di Piero Gobetti ci suggerisce il percorso più onesto e proficuo,nonché il modo per selezionare, giorno dopo giorno, frasi e avvenimenti comuni e straordinari.
Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 14 del 06/04/2007

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