mercoledì 11 marzo 2009

Memorie dal confine 21

Sono dunque le autorità manipolate e mantenute artificiosamente quelle che noi combattiamo.


Ragioni “buone” e ragioni “vere”!


Non sono i sogni, le illusioni, le parole vuote che cambiano, modificano, sviluppano la realtà materiale, ma le radici storiche, i valori morali, le certezze quotidiane


di Romano Pesavento

Ormai, più volte, nei nostri ragionamenti abbiamo dimostrato come gran parte dei politici locali non segua o non conosca quei contenuti morali ed etici che differenziano l’agire concreto e fattivo all’interno di un partito, dalla semplice appartenenza ad uno schieramento. Non si tratta di scegliere un fustino di detersivo anziché un altro; bensì di dare risposte attraverso comportamenti e posizioni chiare e trasparenti. L’aspetto più interessante, quasi a livello “antropologico”, è il propugnato marxismo di sedicenti teorici, duri e puri, della coerenza ideologica più totale, che, però, guarda un po’, non sono immuni dalle seduzioni del tanto vituperato capitalismo.
Nascosti, quindi, dietro l’ombra del capitalismo più estremo in cerca di elemosina, vivono e si diffondono i “feticci usurpatori”. Il noto socialista Filippo Turati amava ricordare che: “il miglior modo di commemorare, di ritardare la vera morte agli uomini insigni che se ne andarono stanchi, è quello di imitarli un po’, quanto le nostre forze consentono: di continuarli come meglio possiamo.” (Filippo Turati, Uomini della politica e della cultura)

In realtà, dopo il congresso nazionale dei DS, cui ha partecipato una nutrita delegazione della nostra città, regna sovrana una grande confusione; anche se i più scaltri si spacciano per fini interpreti del cambiamento politico, naturalmente, ignorando fatti, personaggi e storia della sinistra, che dovrebbero costituire, invece, il fulcro del pensiero politico del partito. Si giustificano le trasformazioni sulla base esclusiva dei propri vantaggi personali e si rammenta all’amico più caro l’esigenza di parlare del nuovo ai più giovani. Che il “nuovo” sia in realtà il più vecchio? Si ripete comunemente che i giovani dell’ultima generazione possano venire disorientati da paroloni foschi e di odor vagamente da gulag sovietico come socialismo. In verità, quello che “scandalizza i fanciulli” sono le disparità economiche dovute a difformi possibilità di sbocchi professionali, è l’attaccamento, con il mastice, alla poltrona governativa, è la mancanza di un ricambio generazionale nei punti nevralgici della nostra società, è il disinteresse per le sorti del precario, che anzi, con un rapporto contrattuale incerto alimenta il benessere e la fortuna altrui. Di chi? Dei solititi “noti”.
Oggi la parola d’ordine è democrazia; cosa che ci sentiamo di sottoscrivere senza riserve, fermo restando che quest’ultima non è un’invenzione dei nostri giorni; infatti, basti leggere le parole di Augusto Bebel, fissate nel lontano 3 febbraio 1893, per comprendere tutta la valenza di tale concetto applicato alla vita associata e alla politica: “Vedete, o signori, questo è appunto la nostra forza: da noi non c’è autorità di sorta. A parte quella che ciascuno acquista naturalmente colla propria attività, colla propria capacità, collo spirito di sacrificio, colla devozione alla causa; un’autorità artificiosa, fabbricata, questa noi non conosciamo affatto. I compagni quando credono, di possedere uomini atti a difendere energicamente i loro interessi, affidano loro, come ben si capisce, qualche carica direttiva; ma quanta importanza abbia un tal genere di autorità, voi potete rilevarlo da tutti i nostri Congressi. Nessuno, non Liebknecht, non io, può in questi congressi sottrarsi alle critiche del compagno più oscuro – se è lecita una simile distinzione – e tale critiche hanno un tono che non sarebbe tollerato in nessun altro partito. È un sistema, o signori, che a noi non spiace: anzi…troviamo che è un sistema razionale. Sono dunque le autorità manipolate e mantenute artificiosamente quelle che noi combattiamo. Noi siamo contro tutte le autorità, contro le autorità celesti e le terrene, che vi servirono fin qui a guidare le masse e con cui vorreste continuare a guidarle. Ecco l’enorme abisso che v’è tra voi e noi.
Ma poi voi venite parlarci di “tirannia socialista”, ed ecco di nuovo una di quelle asserzioni che non riescite a provare. Ma come! da una parte mancanza di autorità, dall’altra tirannia? Questa è una contraddizione! D’altronde chi la esercita, tal tirannia? Se alcuno di noi osasse farla sentire verso un solo compagno, siate tranquilli, avrebbe da stare allegro. Sono i nostri programmi, i nostri regolamenti organici chiari e precisi quelli che dettano il contegno a ciascuno di noi. In nessun partito si adopera tanta energia come nel nostro a comprimere ogni tentativo di tirannia; giacchè il partito deve essere nella sostanza e nella forma un partito democratico se vuol raggiungere i propri fini. Anche per tal riguardo noi siamo in opposizione contro tutti gli altri partiti, poiché nessuno di questi è veramente democratico.” (Augusto Bebel, Alla conquista del potere – discorso al palamento tedesco, 1893)
Credo, inoltre, sia oggi di grande interesse ed importanza riproporre anche le parole del senatore comunista Sereni, che, sul tema della democrazia socialista, così dibatteva al Senato: “La democrazia socialista è una democrazia che si difende, e non colpisce gli stracci che vanno all’aria ma quelli che voi stessi avete proclamato ed esaltati come i capi della rivolta e i paladini della restaurazione capitalistica (…). Non è un caso che lo stesso schieramento che qui in quest’Aula si è prodotto, non è un caso che questi ardenti paladini della democrazia si siano tutti pronunciati in questi giorni a favore del colpo Stato dei generali fascisti francesi….” (E. Sereni, La democrazia socialista si è difesa – intervento al Senato 18 giugno 1958)

Riflettiamo, anche per poco, sulle fantasie “sibilline” che muovono i nostri pirotecnici trasformisti politici. È evidente che denigrare completamente il ruolo sociale del demagogo di turno, in grado di veicolare risorse e mezzi, a volte inspiegabilmente (!) anche a favore di una realtà depressa come la nostra, oltre ché per se stesso come di norma, rimane un “passaggio” difficile. Tuttavia, non smetterò mai di criticare coloro i quali pensano che tali figure siano le uniche possibili nel nostro contesto, considerandole funzionali e utili al nostro sistema sociale e reputando il silenzio la principale virtù della nostra terra. Non sono i sogni, le illusioni, le parole vuote che cambiano, modificano, sviluppano la realtà materiale, ma le radici storiche, i valori morali, le certezze quotidiane.
Mi sembra doveroso porre al lettore/elettore la seguente domanda: a chi appartiene la gestione del nostro futuro: a noi o a loro? Rivendichiamo il nostro diritto di scelta. Torniamo un secondo al “vecchio” e proponiamo un passo significativo del discorso di Bebel: “È perciò che chiediamo: Suffragio universale, eguale e diritto dai vent’anni, sia per gli uomini che per le donne – Per le donne… voi inorridite, non è vero? Legislazione diretta del popolo con diritto di proposta e di rigetto delle leggi, revoca di ogni legge contraria all’assoluta libertà d’opinione o di riunione o limitatrice dell’eguaglianza politica e civile della donna rispetto all’uomo; la religione dichiarata cosa privata, la scuola secolare, gratuità della giustizia e del patrocinio.” (Augusto Bebel, Alla conquista del potere – discorso al palamento tedesco, 1893). Forse questi principi non nutrono e sostanziano la tanta invocata democrazia? Al giorno d’oggi, anche un uomo di destra, che non voglia apparire antidiluviano, concorderebbe con tali ragionevoli affermazioni. La verità è che la sinistra ha sempre avuto un grande ruolo propositivo e sperimentatore in tutto quello che concerne la politica, la cultura e la socialità. Tutte le invenzioni, ogni cambiamento in funzione di una migliore qualità di vita partono dalla voglia di “creare”, superando quanto il presente già offre. Questo spirito pionieristico, avventuroso, gioioso e solidale dovrebbe permeare sempre l’azione politica di un partito di sinistra.
Lascio i lettori con i versi del poeta Heinrich Heine:“V’è pane quanto basta su questa terra/ per tutti i figli dell’uomo; abbondano le rose, i profumi, la bellezza e l’aria/ e non mancano neppure i piselli;/ si; ce n’è per ciascun uomo,/ non appena scoppiano i gusci!/ il cielo lo lasciamo/ agli angeli e ai passeri./”
La vita, per quanto questo concetto possa suonare di un’ovvietà estrema, potrebbe, con l’impegno, la responsabilità , la solidarietà e l‘onestà intellettuale di tutti, ma in particolare di chi ci governa, diventare meno aspra per ciascuno di noi. Non c’è bisogno neanche di grandi speculazioni filosofiche in merito, urge invece l’azione pianificata e risolutrice di uomini ai quali consegnare con fiducia il proprio avvenire; altrimenti ogni congresso, ogni riunione, ogni intervento rimarrà lettera morta.

Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 15 del 13/04/2007;

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