lunedì 9 marzo 2009

Memorie dal confine 14

“Il fine legittimo del Governo è di fare per la comunità tutto quello di cui ha bisogno ma che non è in grado di fare”

Compagno tu lavori, io mangio!


“La disaffezione al lavoro nasce dallo spettacolo di chi non lavora e guadagna ugualmente, anzi guadagna ancora di più di chi lavora”


di Romano Pesavento

“Il fine legittimo del Governo è di fare per la comunità tutto quello di cui ha bisogno ma che non è in grado di fare” (Abramo Lincoln)
La frase di Lincoln ci consegna il principio universale che è alla base dell’agire politico di ogni buona amministrazione pubblica di qualunque tipologia sia essa: locale, provinciale, regionale, nazionale. Chiaramente, il compito assegnato ai nostri amministratori pubblici è illustre, onorevole, oneroso ma purtroppo non sempre, come più volte abbiamo dimostrato nei nostri articoli, viene portato a termine in modo encomiabile o, più prosaicamente, dignitoso. Già, perché con avidità lussuriosa ci si avventa sul primo incarico libero a disposizione, pregustandone vantaggi ed effetti economici immediati, con estrema, rapace, avventatezza; ma alla responsabilità del proprio ruolo o alla credibilità da consolidare di fronte ad un elettorato sempre più sfiduciato, pochi, sembrano realmente interessarsi. Come già ribadito altrove onore ed onere dovrebbero procedere parallelamente. Anche a Crotone. Tuttavia, in tale sede, non mi soffermerò dettagliatamente sulla condotta politica cittadina, ma cercherò di ragionare sulla realtà sociale crotonese, perché è da una simile analisi che una prima indagine conoscitiva di un’intera e complessa fenomenologia può partire.
Naturalmente, nel proporre tali riflessioni è buona norma porsi di fronte “all’oggetto” della discussione in maniera, il più possibile, strutturale e chiara; e per aderire pienamente a un simile proposito, ricondursi ad alcune considerazioni di Carlo Rosselli, in quanto assai utili al fine di fornire qualche input efficace per l’approccio metodologico al problema, è doveroso: “Sarò chiaro, semplice, sincero e, poi che i libri mi mancano, procedendo per chiaroscuri senza i famosi “abiti professionali ” e i non meno famosi “sussidi di note ”.
Intanto, chi sono. Sono un socialista.
Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolare nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina.” (Carlo Rosselli, I miei conti con il marxismo)
Iniziamo, quindi, a fare qualche semplice ragionamento sul contesto sociale. Per far ciò, teniamo bene a mente la frase di Palmiro Togliatti riportata nel documento di Giorgio Amendola che così recitava: “Diceva Togliatti:“senza una conoscenza precisa non ci può essere linea politica globale” è giusto occorre una conoscenza lucida e spietata della realtà per denunciare e combattere tutti i fenomeni del corporativismo e di parassitismo che sono presenti anche in alcuni strati della popolazione lavoratrice.” (Cit. Amendola, Discorso su “Classe operaia e resistenza”, 1972)
Crotone è una realtà sulla carta molto povera (alto tasso di disoccupazione, basso tasso di occupazione, elevato utilizzo del lavoro nero, crescita dell’indice di vecchiaia specie nelle zone periferiche, etc.), ma anche apparentemente ricca. Basta, infatti, fare una passeggiata lungo il corso principale della città, per le sue stradi più affollate e i luoghi di concentrazione di massa, per accorgersi dell’esistenza tra le fasce giovanili e quelle adulte di beni ad alto valore aggiunto. A questo punto, potremo esclamare da perfetti stranieri: il lavoro c’è ma non si vede! Viene addirittura da supporre che la gente che non lavori perché non ha nessuna voglia di farlo: tanto guadagna lo stesso, aspettandolo.
Tutto ciò significa concretamente che molte persone hanno smesso di cercare lavoro in modo attivo. E ciò può dipendere da due ragioni: o il lavoro c’è già, ma è irregolare, o quelli che non sono impiegati, ormai, evidenziano segni di scoraggiamento e la ricerca non è continua, ma saltuaria. Il lavoro più che cercarlo, lo si aspetta.
Il pensiero espresso molti anni fa da Giorgio Amendola illustra e rende ancor più fruibile il nostro concetto: “Il grosso pericolo che c’è oggi, e questo vale non solo per la piccola e media impresa, ma vale per tutti i lavoratori, è che di fronte all’esempio di malcostume generale che impera, il cittadino che sarebbe pronto a sacrificarsi quando vede che gli altri si arricchiscono senza lavorare, dice: ma perché io devo essere il solo a fare il fesso, a fare quello che gli altri non fanno, a lavorare?
Si parla tanto di disaffezione al lavoro. Ma la disaffezione al lavoro nasce dallo spettacolo di chi non lavora e guadagna ugualmente, anzi guadagna ancora di più di chi lavora. E così cresce la spinta individualistica: cercare il modo di non essere fatti fessi, di arrangiarsi, evitando di impegnarsi in quella che è la dura fatica, che è sempre dura e pesante.”
(Giorgio Amendola, Conclusioni al convegno nazionale del PCI)

Appare a questo punto opportuno fare qualche riflessione. Visti gli stipendi dei nostri amministratori, consulenti pubblici e dirigenti sembra spontaneo pensare che forse qualche ragione ce l’ha anche chi non fa niente ed è in attesa di essere pagato.
Occorre mettere un po’ d’ordine. E per farlo necessità cominciare con il rilanciare importanti principi etici. Federico Caffè diceva: “La prospettiva di vita intellettuale valida che mi rimane è troppo limitata perché sia disposto a considerare vacui ideali, a mio avviso irrinunciabili, l'egualitarismo, l'assistenzialismo, lo Stato del benessere».
Il centro – sinistra ha l’obbligo morale di agire in tale direzione. Per quanto riguarda, infine, il lavoro necessita al più presto una sua equa redistribuzione sia nei compensi che nelle competenze. Solo attraverso una forte opera di moralizzazione è possibile, oggi, sconfiggere la zona grigia della società crotonese.

Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 10 del 09/03/2007;

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