martedì 31 marzo 2009

Memorie dal confine 34

Crotone sembra aver raggiunto il suo livello massimo di abbandono, quasi un punto di non ritorno


Tour per le aree verdi della città tra zecche in fiore e topi con le ali!


Vetri e spazzatura sparsi ovunque sono da contorno ad atti vandalici “perpetrati” ai danni di qualunque superficie pubblica


di Romano Pesavento

Il 22.07.2207 è stato un giorno veramente caldo, talmente caldo che persino i pesci sembravano boccheggiare in mezzo al cristallino mare - sapor di mercurio! - alla ricerca di acque più fresche. E così, verso le 19.30, mentre il sole si accingeva al tramonto, ho deciso di uscire di casa per effettuare un giro per la città. Obiettivo del mio tour: appurare lo stato di salute di alcune aree verdi nel centro urbano. D’altra parte, si dice comunemente che il livello di civiltà di un popolo si misuri anche dal rispetto e dal senso civico manifestati nei confronti di strutture di pubblica utilità o collettivamente condivise.
Pertanto, la prima meta del mio percorso era già stabilita: il parco dei glicini. Arrivato sul luogo, ho visto subito il cartello d’ingresso. Su di esso si leggeva il nome del parco e l’orario di apertura e di chiusura (8.00-19.00). Il fatto stesso che il cancello fosse aperto stava a testimoniare che qualsiasi essere umano (turista e non) poteva accedervi liberamente. Entrato all’interno, si è presentata subito di fronte alla mia vista una terribile visione. Forse le parole non servono granché a descrivere quello che gli occhi materialmente hanno potuto rilevare. Il parco era in uno spaventoso stato d’abbandono e degrado. Vetri e spazzatura sparsi ovunque facevano da appropriato contorno ad atti vandalici “perpetrati” ai danni di qualunque superficie o struttura si ergesse in solitaria sfida alla brutalità, all’ignoranza e all’inciviltà di ignoti “bontemponi”: cassonetti pubblici dell’immondizia, marchiati da fantasiose sigle e cifre per iniziati, rovesciati in creativa dislocazione; i giochi per bambini, divelti e deformati, trasformati in pericolose trappole – quasi gabbie medievali da Santa Inquisizione -; panchine, menomate, rese irriconoscibili e inutilizzabili grazie alle “cure” dei galantuomini di cui sopra.
Al di là della violenza gratuita, che ci auguriamo sia prerogativa di pochi “eletti” e sulla quale ritorneremo non solo per dovere di cronaca ma principalmente per sforzarci di capirne le origini, sono l’indifferenza, il menefreghismo atavico nonché - ci perdoneranno gli indefessi sostenitori della “crotonesità” – il sudiciume becero e inestirpabile di noi “cittadini” a suscitare rabbia e paura. Pare che i crotonesi siano andati ovunque per motivi di studio o più mestamente per scelte obbligate di lavoro: Nord Italia o all’estero del tutto. E chi non è mai stato fuori, di certo sarà andato a scuola, vogliamo sperare, o avrà un televisore. Ebbene simili “agenti educativi” non sono bastati a sottrarci a quell’impulso ancestrale, “licantropesco” quasi, di scaraventare - con gioioso e orgasmico senso di liberazione - per strada tutto il superfluo o il fastidioso in esubero, senza attendere un cestino e senza rispetto per i beni pubblici, per gli altri e, in definitiva, per se stessi.
Già, i nostri giovani hanno imparato subito a sfidare i luoghi comuni: convivono a 12 anni, viaggiano, sanno con precisione cosa si indossa a Londra o come acconciare i capelli nel modo più trendy, ma quando si torna a casa… beh, pof! La bottiglia di birra, marca “in”, viene graziosamente collocata in bilico tra due panchine… che avveniristico senso dell’estetica!
I nostri anziani, invece, custodi indefessi e scrupolosi delle tradizioni, con devota coerenza continuano a ignorare ogni appello al senso civico e all’educazione, “scatarrando” sul marciapiede o lì dove si può, oppure abbandonando dove capita quello che capita.
Ovviamente, non si senta offeso nessuno: chi non si ritiene toccato da queste, aspre, osservazioni, perché estraneo a simili forme di inciviltà, rimanga sereno.
Di certo, purtroppo, in tanti, troppi, avrebbero qualcosa da rimproverarsi. I risultati? Una città impresentabile che suscita imbarazzo e certo non inorgoglisce. Se a qualche lettore è toccato in sorte di fungere da cicerone ad un “autentico” turista, non ai nostri emigranti in vacanza, conoscerà perfettamente quel senso di smarrimento e di vergogna, effetto inevitabile dei commenti salaci o delle occhiate di compatimento del nostro “protetto” di turno, che avvelena la gioia di accompagnare qualcuno per i “propri luoghi”.
In merito a ciò voglio, inoltre, ricordare che alla base di ogni comportamento umano c’è anche l’essere morale dell’individuo come lo stesso Georges Bataille ci spiega in un suo articolo: “Alla base di ogni morale c’è il privilegio, la dignità privilegiata dell’essere umano. Se una morale esiste è possibile in ragione del fatto che l’uomo non si relaziona ai suoi simili semplicemente dal di fuori, come un fatto, una pietra o uno strumento, ma come un che di intimo, una presenza sovrana degna di infinito rispetto, e che si mantiene nella propria sovranità con un carattere che evoca il prodigio.” (Georges Bataille, Simone Weil e il riscatto della morale, Micromega, 15/01/1996)
Il problema è che Crotone sembra aver raggiunto il suo livello massimo di abbandono, quasi un punto di non ritorno. Perfino il tanto decantato lungomare è diventato un nauseante acquitrino: nella zona nuova, dove sono collocate le conche per i giochi di acqua e luce, si ritrova di tutto: cartacce, bottiglie e resti di pizza. La stessa acqua delle vasche è maleodorante ed il colore evoca foschi sospetti.
Il molo che con i punti luminosi, di sera, sembrava proiettarti a Portofino appare ora come la passerella della vergogna: panchine imbrattate di sudiciume e materiale che non si riesce a definire, ma sulla cui natura è preferibile non indagare troppo; scritte dettagliate sulle vicende sentimentali di svariati grafomani sul cui andamento altalenante, sinceramente, preferiremmo di gran lunga non essere meticolosamente informati; infine, cartacce, pattume vario e bottiglie, bottiglie e ancora bottiglie.
Sembrerebbe che la città, guardando così dall’esterno, sia popolata unicamente da ubriaconi di birra.
Sebbene fossi piuttosto sconfortato dall’esito dei miei “incontri ravvicinati del terzo tipo”, il tour turistico prevedeva ancora un’altra tappa: la villetta posta vicino all’ex club bocciofilo della Montedison. Nonostante le pessime condizioni evidenti sin da subito, anche questa struttura risultava aperta al pubblico. All’interno: zecche e topi passeggiavano sorridenti mano nella mano, aspettando ansiosi i visitatori; montagne di rifiuti, vetri aguzzi, mattonelle divelte, erba alta facevano da adeguato sfondo a tutto l’armonico insieme. C’era, persino, un grosso albero decollato e atterrato di traverso sulla pista dei divertimenti.
Quello che ci chiediamo è: per quale motivo aree ormai “trasfigurate” da quello che erano prima e rese pericolose per la salute e l’incolumità di tutti e - specialmente - dei piccoli avventori rimangono ospitalmente agibili e aperte al pubblico? Probabilmente, si pensa che nessun genitore sano di mente condurrebbe i propri figli in luoghi del genere; però non si fanno i conti con l’intraprendenza dei ragazzini, un po’ più grandi, che, autonomamente, potrebbero addentrarsi in simili spazi ameni. Il compito dell’amministrazione dovrebbe essere quello di provvedere a bonificare le aree suddette o interdirle completamente al pubblico per motivi d’igiene. Ma nulla di tutto ciò si è verificato, in quanto i diabolici giardinetti risultano irresponsabilmente accessibili e privi di qualsiasi cartellonistica per la sicurezza e la tutela della salute pubblica. Lo slogan “Tutti al mare”, probabilmente, avrà fatto perdere le tracce dei possibili risolutori del problema. Aspettiamo fiduciosi….
Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 30 del 27/07/2007

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