giovedì 20 agosto 2015

Inedito - Nord e Sud uniti nell’amore per San Francesco di Paola

Romano Pesavento


San Francesco di Paola è una figura carismatica molto amata non solo dai calabresi, ma anche in molte altre realtà del Paese (Gubbio, Belluno, Genova, Milano, Fiernze, Napoli, Noto ecc.).
Viaggiando tra il Sud e il Nord ho avuto modo di trovare tracce del santo un po’ ovunque. Alcuni “incontri” sono risultati particolarmente significativi; Lugo di Romagna e Palermo diventano i paradigmi più emblematici della capillarità del culto del beato.
Ricordo la volta in cui sono andato in Sicilia; era il 20 di agosto del 2013. In una mattinata candente e afosa, dopo qualche ora di viaggio lungo l’autostrada Catania- Palermo dalle vedute aride, accecanti e “marziane”, si giunge nella multietnica, caleidoscopica e maliosa città di Federico II. Molti sono i colori che contraddistinguono il capoluogo siciliano, un luogo archetipo ed enigmatico, terra amara sospesa tra il bene e il male, come testimoniano eroi positivi e negativi che affondano le proprie radici in questi luoghi: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo, Rosario Spatola  .
Lo sguardo del visitatore errante tra vicoli e scorci di rara bellezza rimane esterrefatto davanti a simili monumenti.
E così ci si ritrova in piazza della marina di fronte ad un sito inconsueto, ma ricco di ricordi e suggestioni: Palazzo Chiaromonte-Steri. Il maestoso e terrifico edificio, costruito nel XIV secolo, fu la dimora di uno degli aristocratici più importanti del tempo, il conte di Modica Manfredi Chiaromonte, e anche, successivamente, dei viceré spagnoli e della Regia Dogana.  Nel periodo tra il 1600 e il 1782 fu sede del tribunale della Santa Inquisizione. Attualmente esso ospita il museo e il rettorato dell’Università di Palermo. 
La storia è passata tra questi corridoi e saloni; e con essa le vicende individuali dei tanti sciagurati che, per un motivo  o per un altro, si ritrovarono a sostenere prima gli interrogatori, poi le torture, e infine le pene-castigo inflitte dall'inflessibilità crudele degli inquisitori.
 In un simile luogo di dolore e di abbrutimento della dignità umana, stupisce enormemente che molti dei detenuti riuscissero a produrre dipinti, murales e sonetti di un certo pregio all'interno delle celle buie in cui erano collocati. Forse il rifugio nell'arte e nella fede costituiva l’unico sistema per evadere da un’orrenda realtà e da un più raccapricciante destino.  
Indubbiamente, la prigionia ha potere sul corpo, ma non sullo spirito e non è  retorica. Chi coltiva la Bellezza in quanto espressione d’arte e di libero pensiero non ha mai una coscienza completamente doma e umiliata; proprio per questo motivo il posto simbolo della coercizione e della negazione dell’umanità può diventare teatro di riscatto e cassa di risonanza per la dissidenza.
Si ricorda, a tal proposito, la figura, arcinota in Sicilia, del frate agostiniano Diego La Matina di Racalmuto, a cui L. Sciascia dedicò un suo racconto intitolato Morte dell’inquisitore.

Egli più volte imprigionato, riuscì, addirittura, ad ammazzare il suo persecutore, durante un colloquio privato, Juan Lopez Cisneros, come viene descritto in una relazione che il nuovo inquisitore di Palermo, Fabio Escobar, inviava il primo luglio 1657 all'inquisitore generale Diego de Aize Reynoso. La descrizione fatta dal prelato era la seguente: "Potentissimo signore, partecipiamo a Vostra Altezza che l'alcalde delle carceri segrete salì di mattina al tribunale e riferì che, avendo visitato quella mattina fra Diego la Matina, recluso in dette carceri, lo aveva trovato senza manette, che le aveva spezzate: manette che a causa della sua temerarietà il tribunale aveva ordinato di imporgli...". Poi descrisse come fra Diego uccise don Juan: "Prese uno strumento di ferro, che non è stato possibile identificare per esservene diversi, e con esso diede all'inquisitore Cisneros tre colpi sulla testa, due sul cranio...".
Proprio all'ingresso, invece, un anonimo artista affida le sue speranze, i suoi voti e la sua disperazione alla Fede, affrescando un immenso dipinto con l’effige di San Francesco di Paola, santo protettore dei calabresi e dei siciliani. Il volto del beato esprime fermezza, solennità e nobiltà d’animo e corrisponde nei tratti somatici e nella postura alle rappresentazioni figurative tipiche a lui dedicate. Egli indossa il caratteristico saio dell’ordine e sul bastone brilla, intensamente luminosa, la parola “Charitas”. Termine che, in quei luoghi, al di là della convenzionalità iconografica, doveva assumere ben più profondi e significativi risvolti. Probabilmente l’alto prelato alla destra del santo è un pontefice, forse Giulio II, sia per la somiglianza del viso sia perché indossa la tiara papale e nella mano benedicente reca un foglio di carta; un atto con il quale il pontefice, dopo il riconoscimento da parte di Sisto IV, avvenuto il 17 maggio 1474, del nuovo ordine “Congregazione eremitica paolana dei San Francesco d’Assisi” e la successiva ammissione dell’Ordine dei Minimi, seguita dalla fondazione prima del Terz’Ordine secolare e poi delle Monache, approvò definitivamente le regole costituende il 28 luglio 1506.   
Il 28 di aprile del 2014 mi sono ritrovato a Lugo, cittadina in provincia di Ravenna, in cui è attiva la comunità ecclesiastica devota a San Francesco di Paola, che, molto amato dai fedeli, viene affettuosamente appellato San Franceschino. 
Ogni anno nella terza domenica dopo Pasqua, nella chiesetta dedicata a lui e a Santa Maria viene celebrata una festa per onorarlo, in quanto co-patrono insieme a Sant’Ilario. 
Dopo essere entrato nel sacrato, vedo in un angolo il sacrestano, il signor Mario Frantale, che mi presenta il parroco, don Carlo Sartoni. 
Attualmente il nostro interlocutore oltre ad occuparsi della canonica ricopre vari ruoli tra i quali giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Flaminio; professore di ecclesiologia fondamentale e sistematica c/o Studio Teologico Sant'Antonio di Bologna; direttore e docente all'ISR "S. Pier Crisologo". Iniziamo così il nostro dialogo.  
Don Carlo ci spiega come è arrivato a Lugo la devozione nei confronti di San Francesco di Paola?
Anche se non è certa la presenza del Santo in questa terra, di sicuro la fama dei suoi miracoli e della sua santità si è diffusa a macchia d’olio in tutt’Italia e quindi anche a Lugo. Secondo lo storico Ivo Tampieri, la prima traccia documentata della devozione dei Lughesi verso San Francesco di Paola si ha tra il 1700 e il 1710, quando la contessa Cornelia Taroni, per soddisfare un voto, fece erigere un altare a lui consacrato nella chiesa del Carmine.  
Quali sono le origini storiche della festa che quest’anno si terrà dal 3 al 12 maggio?
La festa nata nel 1710 è stata sempre sollecitata dalla contessa Cornelia Taroni; così come risulterebbe commissionato dai coniugi Taroni un quadro (ora nella Pinacoteca del Vescovado di Faenza) rappresentante San Francesco di Paola e attribuito al celebre pittore Giovan Battista Gaulli. Nel 1728 viene istituito un reddito per il mantenimento del sacerdote sotto l’invocazione e titolo del Glorioso San Francesco di Paola. Successivamente, nel 1741, San Francesco di Paola diventerà titolare della parrocchia con la Bolla di Benedetto XIV.
Altra data importante è 1737. Da allora è attiva la Confraternita nata nel nome del santo, che si è occupata della sistemazione della relativa cappella, dell’amministrazione dei beni, dei cospicui benefici legati al santo, della sagra, la cui origine è lontana nel tempo ed ha sempre accompagnato la festa, coinvolgendo l’intera città di Lugo. Anticamente le celebrazioni prevedevano solenni funzioni in chiesa, precedute da un triduo svolto dai migliori predicatori del tempo (amati a tal punto dal popolo che i giovani, entusiasti, staccavano i cavalli dalle carrozze che li trasportavano alla chiesa, subentrando essi stessi sotto le stanghe ad effettuare il traino) e si concludevano con la processione, alla quale partecipavano le istituzioni, le confraternite e tutto la comunità dei fedeli. Il tutto accompagnato da luminarie, spari di mortaretti, corse di cavalli e altre forme di svago.
Dopo l’epoca napoleonica che aveva scombussolato alcuni assetti della chiesa, a Lugo bisogna attendere il 1854 per incontrare il primo parroco regolarmente insediato. Come è stato già precisato, nell’arco degli anni, si consolida la tradizione della festa del co-patrono proprio durante la terza domenica dopo Pasqua, tanto da trasformarsi in una sentita sagra paesana. 
Attualmente la festa in cosa consiste?
Naturalmente, la dimensione religiosa viene rispettata come è doveroso. I momenti più salienti sono il sabato 3 maggio con la processione per corso Garibaldi fino al rientro in chiesa e il lunedì 12 con la giornata della benedizione dei bambini. Le famiglie con gioia si ritrovano numerose con i loro piccoli per ricevere il saluto del Santo. Sono previsti anche aspetti ricreativi e culturali con rappresentazioni teatrali e concerti di carattere sacro e proiezioni di pellicole per l’infanzia. Per i più sportivi non mancano gare podistiche e piccole competizioni.  
Quali sono le caratteristiche tipiche devozionali del culto di San Francesco a Lugo?
Oltre al celebre altare, penso che i quadretti, ex voto oggi esposti sulle pareti d’ingresso all'altare di San Francesco di Paola, rappresentino la forma più autentica e genuina di gratitudine nei confronti di questa figura prodigiosa e straordinaria. Sin dall'Ottocento i debitori di una grazia hanno inteso omaggiare il Santo con la raffigurazione dell’episodio cruciale relativo all'intercessione di cui hanno beneficiato. Alcuni quadretti risultano di pregevole manifattura, al punto che sono oggetto di studio per gli storici del costume e sono spesso richiesti per mostre in Italia e nel Mondo. 
Mi congedo da don Carlo e scatto qualche fotografia all'interno dell’edificio. Mi colpisce particolarmente la statua in legno del Santo, che è vestito di un saio nero con cappuccio, con a terra il fedele agnellino Martinello, simbolo dell’innocenza del Cristo, realizzata a Bologna nel 1738, la cui spiritualità infonde tutto il senso del perdono e della carità cristiani.


Reportage fotografico

Foto Palazzo Chiaromonte-Steri


                                                      






Foto chiesetta di San Francesco di Paola a Lugo 







Foto Quadri votivi chiesa San Francesco di Paola a Lugo





































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