Un'intervista inedita con il prof. Flavio Fusi Pecci per scoprire i misteri dell'Universo
Romano Pesavento
“Infatti, quando ammiriamo lassù
i celesti templi del gran firmamento, nonché l’etere, immobile sopra le stelle
che brillano, e ci sovviene delle orbite
del sole e della luna, allora nei nostri cuori oppressi d’altri mali comincia a
levare il capo, che si desta, anche quella tale inquietudine che per caso
esista, un’immensa potenza degli dei tale che essa ci farebbe girare, con vario
movimento le lucenti stelle: tormenta infatti la nostra mente che vacilla l’insufficienza
del nostro ragionamento: qual mai sia stata l’origine creatrice del mondo e a
un tempo, qual mai debba essere la fine, fino a quando le mura del mondo
potranno sopportare questa fatica dell’affannoso movimento…” (Lucrezio, De
rerum natura, lib. V, vv. 1201-1211)
Mercoledì 28 Maggio 2014: i versi
immortali di Lucrezio mi ritornano in mente, mentre mi reco con il mio amico
Paolo presso l’Osservatorio astronomico di Loiano, tra i più importanti
d’Italia. Appena giunti notiamo che la cupola osservativa è aperta: qualcuno
sta lavorando. Suoniamo il campanello e ci apre il prof. Flavio Fusi Pecci. Il suo curriculum è di tutto rispetto: astronomo ordinario,
esperto di evoluzione stellare, galassie e cosmologia; già Direttore
dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari e dell’Osservatorio Astronomico di
Bologna, è stato anche Coordinatore Nazionale della Strumentazione del
Telescopio Nazionale Galileo (Isole Canarie) ed ha fatto parte dei Comitati
tecnico-scientifici internazionali dell’Hubble Space Telescope (HST) a
Baltimora, USA, e dell’European Southern Observatory (ESO) in Germania e Cile.
Entrati nella struttura, ci conduce nella prima sala in cui alcuni giovani
ricercatori lavorano davanti ad alcuni monitor. Inizia così la nostra visita /
intervista sui “segreti delle stelle”.
Quali sono oggi le
funzioni dell’Osservatorio astronomico di Loiano?
Ci sono due telescopi qui, sul
monte Orzale, a Loiano. Il primo da 60 cm , entrato in funzione nel 1936 e prodotto dalla ditta Zeiss di Jena, con
specchio principale parabolico, era tecnologicamente molto avanzato per
quell’epoca. Negli anni Sessanta lo strumento fu impiegato nella fotometria
fotoelettrica e oggi è utilizzato per la divulgazione. Il secondo, intitolato a Cassini, noto per
essere il creatore della meridiana di San Petronio a Bologna, di un diametro
pari a 152 cm ,
con lo specchio principale concavo, poggia su due pilastri di cemento per
evitare che le vibrazioni prodotte dal movimento della cupola possano
condizionare le rilevazioni. Le attività di ricerca reale vengono espletate
proprio con il telescopio Cassini: osservazioni di ammassi globulari,
osservazioni di galassie vicine, osservazioni scientifiche costituiscono il
fulcro delle indagini stellari qui condotte.
Certo c’è da sottolineare che l’Osservatorio oggi funge principalmente da laboratorio didattico: i giovani ricercatori in via di formazione utilizzano soprattutto tale congegno ottico per fare esperienza. Attualmente, malgrado ci sia stato in quest’anno un ampliamento del numero dei dottorati di ricerca, che sono passati da4 a 8, dobbiamo rilevare che
fare ricerca in Italia diventa sempre più difficile. Blocco del turnover, tagli
agli investimenti pubblici nella ricerca scientifica hanno fatto ridurre il
personale operativo nel centro da 67 unità del 2002 a 51 del 2014. I nostri
giovani si recano all’estero per approfondire le proprie conoscenze, grazie ai
progetti di cooperazione internazionale di ricerca, diventando sempre più
competitivi. Alcuni di loro sono presenti, per esempio, nell’Osservatorio
costruito nel deserto dell’Atacama in Cile sulle Ande; oppure in altri centri
più attrezzati del nostro. In Italia si spende poco per la ricerca; chi si
specializza acquistando competenze di livello superiore difficilmente può
pensare di spenderle nel nostro Paese.
Certo c’è da sottolineare che l’Osservatorio oggi funge principalmente da laboratorio didattico: i giovani ricercatori in via di formazione utilizzano soprattutto tale congegno ottico per fare esperienza. Attualmente, malgrado ci sia stato in quest’anno un ampliamento del numero dei dottorati di ricerca, che sono passati da
Quali obiettivi si prefigge oggi
l’astronomia?
Gli esordi “romantici” della
disciplina vedevano l’astronomo come una figura
solitaria nelle notti sconfinate, in balìa del freddo e di tutti gli
inconvenienti tipici di strumentazioni e supporti tecnici piuttosto rudimentali.
Oggi non è più così: sia per l’avvento della rete telematica, anche da casa è
possibile collegarsi ai centri d’Osservazione per raccogliere e analizzare i
dati necessari, sia per la vertiginosa innovazione scientifica intervenuta nel
settore, che ha reso possibile nuovi approcci rispetto alla comune
osservazione dei fenomeni celesti. Il
lavoro dell’astronomo mentre un tempo era principalmente proiettato verso lo
studio dell’infinitamente grande, adesso si è andato evolvendo verso
l’infinitamente piccolo. Oggi un bravo scienziato deve indagare entrambi i due
aspetti, cercando di analizzarli nella loro complessità.
Quali progressi sono stati registrati nel settore dell’astronomia?
Fino a qualche decennio fa il più
grande telescopio era il telescopio di Hale di 5 metri , ubicato sul Monte
Palomar; poi arrivò nella seconda metà degli anni Settanta il BTA-6 di 6 metri posto sul Caucaso.
Tali telescopi avevano uno specchio parabolico fatto di un unico pezzo di vetro;
siccome il vetro è un fluido, tende a deformarsi sotto il proprio peso. Ora per
avere delle buone immagini uno specchio astronomico deve aderire alla forma
ideale geometrica con degli scarti inferiori alla frazione di millimetro in
tutta la sua superficie. Pensate ad una superficie che ha un diametro di 5 o 6
metri: perché non si deformi, bisogna fare uno spessore che è almeno un quinto
del diametro. Quindi 5 metri
di diametro per un metro di spessore, insomma un blocco di vetro molto pesante.
Questo blocco di vetro va attaccato alla montatura meccanica, la quale non è
fissa, deve poter ruotare da est ad ovest per seguire il moto apparente della
volta celeste dovuto al moto di rotazione della terra; deve inoltre poter
ruotare da nord a sud per portarsi a mirare ogni punto della volta celeste e
quindi anche la montatura deve essere estremamente rigida, perché è inutile
avere uno specchio perfetto, se poi la montatura si muove durante il corso
delle osservazioni, le quali, con le vecchie lastre fotografiche, anche le più
rapide, potevano durare tutta la notte. Oggi ci sono rilevatori elettronici che
sono molto più efficienti delle emulsioni
fotografiche e quindi quello che una volta si faceva con una notte di
osservazione, oggi lo fa un astrofilo con un telescopio di 50 cm ; c’è stato un enorme
progresso con i rilevatori elettronici. Non solo, oggi si fanno telescopi che
hanno diametri di 8 - 10
metri e hanno degli spessori di una decina o al massimo
una ventina di centimetri di spessore. Sottili e leggeri. Si pensi ai telescopi
presenti sulle Hawaii o quelli presenti nel deserto dell’Atacama in Cile. Come
è possibile fare questo? E’ possibile grazie al progresso dell’elettronica e
dell’informatica, perché questi specchi hanno tanti appoggi che sono collegati
ad un computer, che stabilisce quali parti vanno spostate per mantenere la
forma geometrica perfetta e questo porta ad un’enorme semplificazione hardware
dello specchio e della montatura, ma ad un’enorme complicazione
dell’informatica. Dagli anni Novanta, è operativo il primo telescopio spaziale,
noto con il nome Hubble, che ha superato i problemi derivanti dall’inquinamento
dell’atmosfera, in quanto capace di operare osservazioni nell’infrarosso e nell’ultravioletto.
L’astronomia è la scienza che più di tutte permette di accostarsi ai
misteri insondabili dell’origine del cosmo. Ritiene che in questo complesso
meccanismo chiamato Universo possa rivelarsi qualche traccia di un eventuale intervento
divino?
Indipendentemente dalle
conoscenze scientifiche attuali, che oggi ci permettono di conoscere aspetti
del mondo assolutamente incomprensibili in epoche passate, la possibilità di
ricondurre ad un principio creatore la realtà che noi conosciamo rimane una
scelta assolutamente e incontrovertibilmente personale. Ricordo che Margherita
Hack durante un convegno ad una domanda analoga, molto articolata, di un
professore rispose piuttosto sbrigativamente: “Dio non esiste”.
Margherita Hack è stata una straordinaria scienziata con una
personalità fuori dal comune. Lei ha avuto modo di dialogare con la
celebre studiosa e interrogarla su molte
problematiche relative al futuro dell’ umanità. Quale immagine conserva di quelle interviste?
Margherita Hack ha sempre
esercitato il libero pensiero con perseveranza, determinazione e, direi, serena
consapevolezza. Tutto ciò che non è razionale e quindi non traducibile in
termini accettabili per la ragione indagatrice dell’uomo, per lei era
semplicemente “non scienza”. L’incredulità di fronte alle sue affermazioni di
chi trovava “limitata” una visione esistenziale che escludesse l’esistenza di Dio, la lasciava del tutto
indifferente. Appassionata e vitalissima,
anche e forse di più in tarda età, quando si trattava di promuovere la ricerca,
aveva un modo piuttosto personale e originare di “raccontare”e comunicare i
fatti scientifici, anche ai non esperti del settore. Le energie rinnovabili, secondo
il suo parere, erano sicuramente una strada percorribile per ipotizzare un
futuro per il pianeta ma, non si doveva interrompere la ricerca relativa al
nucleare, però con tutte le precauzioni che comporta una forma d’energia il cui
impatto sulla salute degli esseri umani può essere fatale. Come darle torto?Foto Osservatorio Astronomico di Loiano