giovedì 26 febbraio 2009

Memorie dal confine 8


Crotone: realtà “selvaggia”, abbandonata, piena di contraddizioni sociali

Inno alla legalità svenduta


“Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”


di Romano Pesavento

“Quando un popolo divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo, che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi e questi, per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo, né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.” (Platone, La Repubblica, IV sec. A.C.)
Questa settimana iniziamo il nostro articolo riportando il pensiero di un illustre filosofo greco: Platone. Certamente, le parole usate in questo brano descrivono un modo di concepire i rapporti sociali molto diffuso e condiviso nella società meridionale, ed ancor più in quella crotonese, in cui l’onestà intellettuale ed il rispetto per le istituzioni e la legalità vengono, spesso, confusi con la debolezza o, peggio, con la dabbenaggine. L’arbitrio non deve essere eletto a “norma comune” o ad inevitabile, comodo e sistematico modus operandi sia da parte dei cittadini privati che degli uomini di potere. Il rischio è l’imbarbarimento della civiltà, con lo smantellamento dell’intero apparato statale, che, per quanto troppo spesso esecrabile e costantemente vituperato, rappresenta, comunque, l’unico baluardo contro il ritorno alla “ brutalità” primitiva, al disordine, alla soprafazione reciproca, insomma al “Kaos”.
In molti vorrebbero svilire e privare di dignità il concetto di Stato, che, nel suo significato e ruolo istituzionale più alti, dovrebbe, invece, essere tutelato, difeso e rispettato con scrupolo, quasi religioso, da ciascuno di noi. Per quanto la disaffezione e la sfiducia siano -a causa del cattivo operato di tanti- largamente manifesti nei confronti degli ordinamenti pubblici, bisogna, invece, compattamente, organicamente e con tensione morale adoperarsi per consolidarne le fondamenta.
Come? Pagando le tasse, evitando di frodare gli enti presso i quali si lavora, o di truccare i concorsi pubblici; ancora, rinunciando ai favoritismi, ai personalismi; condannando fieramente l’italica e -meridionale- prassi consolidata del nepotismo.
In definitiva, è prioritario recuperare realmente tutti quei valori, che, quotidianamente, vengono esautorati.
Invece, oggi Crotone è una realtà “selvaggia”, abbandonata, piena di contraddizioni sociali. Una città, purtroppo, in cui si respira troppo spesso un’aria molto pesante: un luogo quindi dove la criminalità ha terreno molto fertile. Dentro questo quadro a tinte fosche trovano, inoltre, posto i numerosi paladini della legalità e della trasparenza amministrativa che in questi anni si sono susseguiti, la cui integrità è stata certificata, a quanto pare, in diverse circostanze: proiettili in buste da lettera, auto bruciate, porte bruciate….. Naturalmente, a tutto questo, i politici di turno hanno risposto il più delle volte con ricchi, noiosi e sontuosi convegni. Che tristezza! L’insieme acquista una dimensione ancor più malinconica se, per un attimo, volgiamo il pensiero alle morti silenziose (oggi ormai dimenticate) per mafia (Placido Rizzotto, Pio La Torre, Peppino Impastato, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino etc.). Una citazione di J. F. Kennedy, amata da Giovanni Falcone, attira la mia attenzione, dice: "Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana."
Bisogna avere il coraggio di essere se stessi. Non occorre, quindi, solo apparire ma agire, cioè, essere autenticamente onesti. “Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno…La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni” amava ripetere Falcone.
Per tal motivo, mi domando quanti politici nostrani, possano vantarsi in tutta coscienza d’aver perseguito simili ideali di giustizia e rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti?
Forse la risposta implicita, ma ben chiara nel pensiero di ciascuno di noi, ad un simile interrogativo, per analogia, potrebbe far richiamare alla memoria una frase contenuta in una canzone dei Nomadi, anch’essa piuttosto emblematica: “La politica che solo fa carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione mai con il torto..”
Dunque, guardandoci intorno, “respiriamo” sempre più la “mefitica” presenza di buffoni di corte, giullari e menestrelli. Quindi pochissimi uomini di cultura, ma tante, tantissime, “primedonne” in cerca di primi…?
Dove è finito l’entusiasmo propositivo che ha animato il ’68? la gente d’allora è, per lo più, la stessa che oggi dirige l’orchestra del potere. E allora, ancora, rispolveriamo vecchi ricordi, perché siamo forse inguaribilmente nostalgici o perché quando il futuro si profila incerto e di basso profilo è bene confortarsi con il ricordo di un passato terribile, ma di certo più “coraggioso”dell’attuale presente. Da qui, le parole di un altro “martire”: Peppino Impastato.
“È stato forse quello il periodo più straziante e al tempo stesso più esaltante della mia esistenza e della mia storia politica. Passavo con continuità ininterrotta da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d’opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano li a dimostrarlo. Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà, diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno, mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava una grande paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile di aprirmi e costruire. Da un mese all’altro, da una settimana all’altra, diventava sempre più difficile riconoscermi. Per giorni e giorni non parlavo con nessuno, poi ritornavo a gioire, a proporre, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile schizofrenia.” (Peppino Impastato, Appunti)
Eppure, se fossimo in un mondo giusto e pienamente legale, non si dovrebbe guardare a personaggi come Borsellino, Impastato o Falcone come ad eroi o a poveri folli….adempiere al proprio dovere e maturare una solida coscienza civica dovrebbe costituire l’unica forma comportamentale ammessa e riconosciuta.
Peccato che nel DNA dei nobili crotoniati sia endemicamente e geneticamente iscritto ben altro !!!
Al di là, di ogni amara considerazione, anche oggi siamo giunti al termine della nostra storia. E così, mentre il tramonto consegna alla notte l’inizio di un nuovo giorno, i sogni bianchi dei bambini avvolgono in una dolce melodia il pianto triste del cuculo e qualche nostro politico festeggia patriotticamente con tarallucci e vino, noi ci consegniamo alle energiche parole del generale Dalla Chiesa.
“Beh, sono di certo nella storia italiana il primo generale dei carabinieri che ha detto chiaro e netto al governo: una prefettura come prefettura, anche se di prima classe, non mi interessa. Mi interessa la lotta contro la Mafia, mi possono interessare i mezzi e i poteri per vincerla nell'interesse dello Stato” (Carlo Alberto Dalla Chiesa, Intervista del 10/08/1982)
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Foto: 1) Falcone e Borsellino; 2) Platone; 3) Placido Rizzotto; Peppino Impastato
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Pubblicato su La Provincia KR, settimanale di informazione e cultura, Anno XIV n. 04 del 26/01/2007

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