venerdì 4 aprile 2014

I viaggi di Gulliver: Tra Est e Ovest - Le mille sfumature della Turchia

Attraversando il Bosforo: Omero, il Kebab e tante altre storie  




di Romano Pesavento


 “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.” (Marcel Proust).
Tra le nazioni più variopinte e caleidoscopiche, un posto di riguardo spetta alla Turchia. Finalmente atterriamo nell’aeroporto internazionale di Istanbul, l’applauso è scrosciante e liberatorio; qualcuno comunica che anche la RAI ha segnalato l’episodio appena vissuto dagli increduli passeggeri. Molti luoghi della Terra (Francia, Germania, Olanda, Nord Africa), pur presentando aspetti e paesaggi fortemente suggestivi, non possiedono, però, il fascino della sorpresa e della difformità: senza apparire troppo superficiali, si può affermare con una certa tranquillità che l’omogeneità complessiva delle zone in questione, dopo un certo lasso di tempo, le rende prevedibili. Invece, affrontare un viaggio in Turchia significa immergersi in un insieme di ritmi, paesaggi, scenari e culture sorprendentemente diversi l’uno dall’altro. Paragonabili solo alla straordinaria varietà italiana. La partenza. Una scarica di adrenalina, buona per stendere un cavallo, attraversa il sistema nervoso dei turisti e non: volo serale romano con ritardo pauroso dovuto ai controlli necessari a stabilire se due bagagli incustoditi, e regolarmente imbarcati a nome di un fantomatico Mohamed Allah, potessero contenere ordigni esplosivi. Finalmente atterriamo nell’aeroporto internazionale di Istanbul, l’applauso è scrosciante e liberatorio; qualcuno comunica che anche la RAI ha segnalato l’episodio appena vissuto dagli increduli passeggeri. 
Come premio insperato di una notte turbolenta, un’alba intensamente rosata si effonde con grazia tutta orientale nel cielo e nelle acque del Bosforo. Istanbul, Costantinopoli, Bisanzio sono solo tre delle incarnazioni molteplici, diacroniche e sincroniche della città dei due continenti, eternamente in bilico tra due mondi: Est ed Ovest. Prima tappa obbligata: la Moschea Blu o di Sultan Ahmet. Tante cupole immacolate, adagiate come a comporre un delizioso profiterole al cioccolato bianco, si stagliano all’orizzonte, contrappuntate da sei eleganti e stilizzati minareti. Solo la moschea della Ka ׳ba della Mecca ne possiede un numero superiore. Il minareto rappresenta un emblema di potere e prestigio per l’edificio sacro di riferimento. Internamente maioliche turchesi creano motivi ornamentali floreali complessi e vivaci.
Illuminazione soffusa, tappeti sontuosi e antichi, finestre intarsiate d’azzurro e oro conferiscono quella nota esotica che a noi europei è sconosciuta e che cerchiamo voluttuosamente all’estero. All’uscita, passando per l’antico ippodromo, si giunge alla moschea Aya Sofia, edificio di rara imponenza e magnificenza. Il sovrapporsi millenario di culture e religioni trova qui una sua altissima espressione di armonica bellezza: in piena evidenza mosaici cristiani con il viso del Salvatore e altri beati, incredibilmente scampati alla rimozione delle immagini professata dalla fede islamica, sono attorniati da giganteschi medaglioni dorati con i versetti esemplari del Corano. Accanto al mihrab, è collocato una regale struttura dorata e rialzata, destinata ad ospitare il sultano durante la preghiera. Numerosi lampadari bassi proiettano luci discrete e concilianti il raccoglimento; mentre un persistente aroma di incenso stordisce i sensi dei già rapiti visitatori e li predispone ad assaporare tutte le rarità straordinarie che si presenteranno nella città e nei celebrati bazar. Chiude la mattinata la cisterna sotterranea, con preziose decorazioni di epoca bizantina.
Pomeriggio trascorso prima nella moschea di Solimanno il Magnifico, una delle più grandi e importanti dell’impero ottomano, e successivamente al Gran bazaar. Tappeti sgargianti, stoffe, pellame, oggettistica in argento, altri metalli e ceramica  e tutto ciò che uno straniero martellato dal desiderio di spendere possa concepire nella più sfrenata fantasia si profilano lungo le arcate con box del più “tipico” centro commerciale d’Oriente. L’abbondanza di questi mercati denota una vistosa crescita economica di tale paese, che si accompagna, purtroppo, ad una forma di irrigidimento della componente islamica al potere rappresentata dal presidente in carica Erdogan. Disattendendo i piani di laicizzazione della nazione, perseguiti con accanimento dal Padre della Turchia (Ataturk) Mustafà Kemal, già nel 2010, ben prima quindi degli scontri feroci con i cittadini  manifestanti contro l’abbattimento del parco Gezi del 2013, l’attuale  leader assumeva posizioni dal sapore integralista, soprattutto nel recensire  puntualmente la condotta femminile sul luogo di lavoro e nell’intaccare la proverbiale tolleranza turca in materia di diversità religiosa. Prima della partenza,  visita dei tesori e dell’harem del Topkapi, antica residenza dei sultani. Qui sono conservati uno dei diamanti più grandi al mondo noto come Diamante del fabbricante di cucchiai e il famoso pugnale Topkapi, arricchito con tre grossi smeraldi. Nell’attesa di partire visitiamo il mercato delle spezie: una cornucopia traboccante di ogni ben di Dio offerta festosamente ai turisti ben inclini allo shopping, nonostante la crisi economica in atto. Frutta secca, soprattutto i celeberrimi pistacchi, frutta fresca, spezie dai colori scioccanti e dai profumi più che inebrianti campeggiano da mucchi trionfali.
Dopo 450 chilometri arriviamo nella città moderna di Ankara: la capitale. Giro turistico della città e visita al Museo delle Civiltà Anatoliche in cui  sono custodite preziose collezioni ittite. In un’atmosfera canicolare e afosa ripartiamo con destinazione Cappadocia. Percorsi 280 chilometri si staglia davanti al nostro sguardo attonito il profilo irregolare, anomalo, più che bizzarro, dei “camini delle fate”, istallazioni naturali rocciose o in tufo, determinate dalle forti escursioni termiche della zona desertica in questione; simili a giganteschi porcini pietrosi o alle enormi figurazioni semi squagliate di Dalì sorvegliano silenziosi la vallata di Pasabey , avvolta in un chiarore luminescente da conflitto post atomico. Niente vegetazione, solo loro: i funghi e qualche sparuto arbusto contorto da cui pendono scintillanti monili azzurri con l’occhio di Allah, talismano supremo in  tutto il Medio Oriente. Eppure questi luoghi,  a prima vista inospitali, conservano dei veri tesori artistico-architettonici al proprio interno: i monaci eremiti giunti qui in cerca di tranquillità affrescavano le pareti delle cavità naturali con icone e simboli cristiani di eccellente fattura. Alcune di queste figurazioni sono state paragonate alla pittura di Giotto per intensità espressiva. Stiamo parlando della misteriosa e rinomata valle di Goreme e del villaggio di Uchisar. A pochi chilometri è possibile effettuare anche un’escursione nell’affascinante città sotterranea di Kaymakli di vaste dimensioni. In continuità con la lunarità dei luoghi citati, attraversiamo le terre aride dell’Anatolia centrale e, dopo un lungo percorso, durato 630 Km con sosta a Konya per visitare il mausoleo di Mevlana, appare la famosa Pamukale (castello di cotone).
Bianche gradinate di stalattiti si riversano in regolari ondate pietrificate su cui scorrono, seriche, le acque delle sorgenti termali; la luce di questi posti è veramente abbagliante, amplificata dalle vasche e dal chiarore dei minerali in controluce. Solo in pochi posti al mondo è possibile ammirare simili spettacoli (Mammoth hot Springs negli USA, le terme di Saturnia in Italia e Huanglong in Cina). Immergersi i piedi in queste acque è una delizia assoluta, pari soltanto alla piacevolezza di un profumato te alla menta assaporato senza fretta. Nelle immediate vicinanze si erge lo spettacolare sito archeologico di Hierapolis. Il maestoso teatro romano e la necropoli sono le principali attrazioni turistiche. Una curiosità. Al nostro arrivo fervevano le ricerche per un’imminente scoperta archeologica: la tomba dell’apostolo Filippo. Ci addentriamo sempre più nella Turchia greca  e l’impatto con la città di Efeso è da mozzare il fiato: il secondo sito archeologico meglio conservato al mondo, a detta degli esperti, dopo Pompei è davvero all’altezza della sua fama. Camminando lungo i porticati chiaroscurali delle colonne, nonostante il vocio confuso di turisti scalmanati, si riesce comunque, mercé del luogo, direbbe Dante, a vivere in solitudine religiosa un momento di pura contemplazione. Passato e presente si rincorrono lungo le strade ben lastricate, i frontoni riccamente decorati degli edifici, l’agonismo degli anfiteatri e la  quotidianità dei vespasiani e delle terme. La biblioteca, costruita in età traianea, è una  “visione” posta su due piani e adornata da statue femminili simili a cariatidi simboleggianti le virtù di Celso, l’eminente personaggio che rese possibile tale costruzione con i suoi fondi personali. Essa, massimo esempio di Barocco asiatico, fungeva anche da sepolcro del senatore romano e pare fosse strutturata addirittura su tre piani. Breve sosta anche alla casa di Maria, madre di Gesù. Visita breve della città di Izmir con pernottamento e l’indomani partenza per Pergamon. Qui ritroviamo i resti magnifici dell’architettura greca (l’Acropoli, il Teatro e la Biblioteca) poco inferiori ai fasti di Efeso.
Proprio mentre ci aggiravamo in questi luoghi, ho rinvenuto un pezzo di vasellame antico ben conservato e dai colori accesi, consegnato immediatamente alla guida locale, mi chiedo insistentemente che fine possa aver mai fatto.
Menzione speciale va al noto Asklepion, antico centro termale, nonché “ospedale” dell’antichità: si narra che i sapienti sacerdoti per consolidare il proprio potere, curassero, o fingessero di farlo, gli ingenui avventori con una serie di trucchetti ben congegnati: acqua che diventa vino o sangue, tuoni simulati, giochi di luce, droghe più o meno leggere, ipnosi et similia.
A Troia siamo arrivati all’imbrunire. Qui l’enorme cavallo di legno hollywoodiano, regalo dello staff del film Troy alla popolazione, trascina il turista nell’atmosfere omeriche. Non rimane molto di questa celebrata città; varie stratificazioni urbane sono ancora oggetto di dispute dotte. Certo, nella magia di questi luoghi suggestivi si coglie un quid di eterno. Forse è l’autosuggestione, ma quando la nostra guida, proprio mentre il sole si celava lentamente tra le colline, ha incominciato a leggere gli immortali versi del duello tra Achille ed Ettore e dell’addio di Ettore ad Andromaca, proprio al centro di un piccolo anfiteatro, siamo stati tutti investiti da una specie di ondata emotiva intensissima: un’esperienza irripetibile. Da Canakkale si attraversa lo stretto dei Dardanelli e si ritorna a Instanbul. Minicrociera sul Bosforo, una passeggiata serale tra i giovani nel centro storico illuminato, un ultimo assaggio dell’istituzionale Kebab e di un gelato tipico, il Dondurma, (elastico e flessibile, frutto dei virtuosismi scanzonati dei giovani artigiani) ci forniscono un’ultima gustosa istantanea di questo incantevole tour.  


Pubblicato sulla rivista la Provincia kr n.3 Anno XXI / Marzo 2014.
Reportage fotografico presente sul mio profilo facebook.

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