Sarà visitabile a Lucca fino al 18
agosto la mostra curata da Vittorio Sgarbi presso il Museo della Follia nei
locali della Cavallerizza e incentrata su un tema per certi versi ancora
scomodo, perturbante e controverso: la follia. Non si può rimanere insensibili
attraversando le dimensioni indecifrabili e dolenti della “mania”. Colori,
forme, grafie si fondono, trasformando immagini in sensazioni e messaggi urlati
o suggeriti impercettibilmente al mondo, sordo e distante dalle sofferenze di
chi viene considerato “diverso” e conseguenzialmente respinto senza pietà.
Appena entrati, una scritta campeggia su sfondo nero e ammonisce “Entrate, ma
non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento”. Successivamente le
toccanti parole pronunciate dalla poetessa Alda Merini accolgono il visitatore
nel suo viaggio verso l’ignoto. Da Basaglia a Tobino, passando da Freud, la
strada della psichiatria cerca di fornire una chiave di lettura adeguata ai
misteri ancora insondabili della psiche umana, la cui fragilità in passato era
considerata un peccato / colpa da scontare spesso nei peggiori modi possibili.
La luce neutra e severa, comune denominatore delle opere presenti nelle sale,
enfatizza i tratti delicati e sognanti delle timide “pazze di San Salvi”
arabescate con line sinuose e gentili del pittore crotonese Gaele Covelli. C’è
chi cuce, c’è chi sta rannicchiata su se stessa, chi spazza, chi viene vestita
da un’infermiera, chi abbracciata ad un albero sorride con la mano tra i
capelli, chi sembra osservarti. Momenti di fragilità e sperdimento.
Procedendo il prisma della follia
si comporrà di mille sfaccettature: la delicatezza dell’adolescente di Silvestro
Lega, il cui sguardo sospende la nostra razionalità e disgrega ogni forma di
costruttivismo semantico per ricondurci alla fragilità della parola e dell’essere
in quanto umano; l’eleganza espressiva della pittrice Fidia Palla, le cui opere
emozionanti ci guidano in una realtà popolata da figure umili, semplici, ma
vere a confronto con la fugacità del tempo; i suoi disegni comunicano l’armonia
della vita; l’esotismo pigmentato e malinconico delle creature di Antonio Ligabue,
animali selvaggi ritratti in pose estemporanee nel loro habitat pronti a
proiettarsi lungo la scia dell’espressionismo e della creatività; infine le
visioni infernali di Francis Bacon ci risucchiano nei vortici abissali dei
gironi danteschi. Durante la visita non mancano gli ambienti che propongono la
dura verità degli inenarrabili ospedali psichiatrici. Lì non esiste più l’uomo
ma l’essere animale privato di ogni sua identità e della sua dignità.
Per molti l’anormalità è normalità;
ma è poi proprio anormalità?
Reportage fotografico
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