Romano Pesavento
Allestita fino al 14 luglio nella scenografica architettura
rinascimentale di Palazzo Stozzi a Firenze la grande mostra su Andrea di Michele di
Francesco di Cione dal titolo “Verrocchio
– il maestro di Leonardo”. Ad iniziare il percorso artistico, tre busti
femminili in marmo bianco, risalenti al periodo 1455 – 1475, disposti centralmente
nella sala, compongono geometricamente un triangolo e con lo sguardo, severo e
al tempo stesso gentile, proiettato
verso l’ingresso, tipico della grazia aristocratica dell’epoca, accolgono i
visitatori, che, impressionati dalla perfezione scultorea delle opere, cominciano
a scattare foto, ed, estatici, rapiti, rimangono incantati d’innanzi all’intensità
dell’espressione, alla plasticità dell’atteggiamento dei loro marmorei ospiti e
alla inattesa modernità che tali forme ispirano. La struttura dell’ambiente
sembra essere concepita in modo da creare quella naturale alchimia tra fascino
della modella e compiutezza dell’abito indossato, caratteristica delle passerelle
di alta moda dove le mannequin sembrano pronte per sfilare. La Dama dal
mazzolino, raccolta nella sua altera posa, sostiene con le sue delicate mani un
piccolo fascio di fiori teneramente poggiato sul suo petto, simbolo di purezza
soave. Alle spalle uno studio preliminare di Leonardo relativo alle mani,
riprodotte con perizia insuperabile, artistiche e nel contempo accurate
nell’anatomia, trait d’union tra maestro e allievo. Nella sala adiacente ci si
proietta nel mondo dei grandi condottieri, delle regine e delle figure
mitologiche; Desiderio da Settignano, maestro del Verrocchio, traccia la linea
su cui muoversi nella lettura delle opere presenti: particolari tecniche di
scultura si avvicendano, anche qui tra maestro e discepolo, nel delineare i
solchi delle personalità e restituendo al presente l’immagine monumentale del
personaggio rappresentato. Si susseguono sulle pareti bianche avorio i busti di
Olimpia, Cleopatra (?), Scipione, Annibale cartaginese, Alessandro Magno. La
continua ricerca e la voglia infinita di apprendere di Leonardo è presente in
alcuni fogli che mostrano schizzi raffiguranti teste, il profilo di David del
Verrocchio, la Vergine che allatta il Bambino con San Giovannino, leoni
ruggenti e draghi. Conclude il percorso la celebre statua bronzea del David
vittorioso del Verrocchio, in cui la giovinezza efebica, quasi vulnerabile nella
sua fragilità, dell’eroe biblico contrasta in modo sorprendente con la
nonchalance guerriera della postura; simbolo delle virtù civiche della
città-Stato di Firenze.
Continuando il percorso si
entra in un ambiente dedicato ai pittori che frequentarono o furono in qualche
modo ispirati dallo stile della bottega verrocchiesca. Troviamo opere di Francesco
di Simone Ferrucci, Domenico del Ghirlandaio, Fiorello di Lorenzo, Pietro
Perugino, Pinturicchio e Sante Apollonio del Celandro. Attraverso le lucide pennellate,
le scene in movimento, i curiosi dettagli delle tavolette che propongono le storie
di San Bernardino, si rimane attratti dalla bellezza dell’arte espressa da
alcuni dei maestri umbri della “Bottega del 1473”.
Le espressioni gentili e gli atteggiamenti
amorevoli delle Madonne con il loro bambino, in esposizione, raccontano
all’umanità i segreti della vita e lo straordinario linguaggio, chiaramente non
alfabetico, in cui emergono complicità e serenità.
Anche il Verrocchio, come
tanti altri artisti dell’epoca, si relazionò con la città dei Papi. Girovagando
nella sala attigua si possono ammirare, infatti, le opere testimonianza di
questo incontro con la Roma di Sisto IV. In una grande teca di vetro appare nella sua maestosità
la scultura del corpo sognante del giovane addormentato. In prossimità, ad
opera di Francesco di Simone Ferrucci, il rilievo in marmo bianco al monumento
funebre della facoltosa Francesca Pitti. I volti sfigurati dal dolore, la naturalità dei personaggi, il movimento
plastico di alcune figure femminili e il loro urlo pietrificato contemporaneamente
corale e muto, lo stato di sofferenza
della madre e la perdita del figlio appena nato rappresentano in modo
realistico e coinvolgente l’ambientazione scenica del momento. Le bocche
contorte nella disperazione, silenti e assordanti nel contempo, rimandano ad
un’altra grande opera incentrata sul lutto: il Compianto sul Cristo morto di
Nicolò dell’Arca.
Nelle ultime due sale a
stupire è la gioia del putto con il delfino del Verrocchio. Uniti in un tenero
abbraccio i due piccoli sembrano intendersi perfettamente nel gioco e nello
scherzo. Con guizzo birbantello fendono le onde, arrivando chissà dove….
Linguaggio delle mani,
esplorazione e scoperta per la novità sono gli elementi su cui si basa la
Madonna della giuggiola di Lorenzo di Credi. L’attenzione e la curiosità del
bambino si proiettano sul minuscolo frutto tenuto tra le dita dalla madre,
sigillo della tenerezza.
Ritratti, modelli in
terracotta, schizzi, lavorazioni a metà tra oreficeria e metallurgia, un ultima
gigantesca pala, combinazione del proficuo lavoro condiviso del Verrocchio e
del Credi, i volti sorridenti e gioviali della Madonna col bambino in
terracotta di Leonardo e i famosi panneggi concludono questo viaggio che ci
ha portato a scoprire la creatività, la
grandiosità e l’eredità di un grande architetto del colore, della forma e della
scultura rinascimentale, degno maestro di Leonardo Da Vinci.
Pubblicato su la Provincia KR online
Reportage fotografica