Romano Pesavento
Tutto è pronto anche quest’anno:
ancora una volta la fantasia spazzerà via la banalità della routine. Almeno per
quattro giorni, dal 29/10 al 02/11. Come sempre, riparte il Lucca Comics and
Games, uno dei festival internazionali del fumetto, del cinema d’azione,
dell’illustrazione e del gioco più accreditati nel mondo. Grande Puffo e la sua truppa blu, Darth Fener e le sue
armate nere , Jack Sparrow, Tex, Joker, Zagor e tanti altri personaggi
leggendari stanno per invadere pacificamente le vie signorili della
“bomboniera” d’Italia: Lucca.
L’atmosfera lucchese, nei pomeriggi autunnali, con i suoi
squarci medievali e le sue mura storiche costituisce lo sfondo naturale più
consono per accendere l’immaginazione di grandi e piccini. Se siete così
fortunati da trovare il sole, vi scalderanno i colori e i riverberi degli edifici
e delle forme circostanti; se c’è foschia o il cielo si ammanta di grigio, le
sfumature dark – horror dell’evento s’intensificano e nell’euforia generale, da
sbornia collettiva, corre un brivido lungo la schiena. Ogni bar, pizzeria,
ristorante si trasforma in un luogo ideale per il “set” di una scenetta
d’animazione improvvisata o meno, oppure di un incontro tra fan e simpatizzanti
mascherati del genere, i quali, di solito, si prestano assai volentieri ai clic
fotografici. Qualcuno è disponibile anche a raccontare l’origine della propria
gioiosa follia, che li spinge a ritornare bambini e a rivivere i miti della
propria infanzia: spesso lady Oscar è commessa in un call center e ha due
figli; Thor deve terminare la tesi e l’Uomo ragno fa l’idraulico.
L’artista crotonese, promessa
emergente tra gli autori della cosiddetta graphic novel italiana, è costantemente alla ricerca di linguaggi iconografici
personali; aspetto non ovvio in una realtà globalizzata, piuttosto omologata
come quella attuale. L’incubo della pagina bianca non riguarda solo gli
scrittori, ma è un tarlo inesorabile anche di chi disegna. Il gesto artistico
di riempire un foglio vuoto con immagini, per la maggior parte della gente, non
risulta un’impresa ardua: quattro pupazzetti messi lì, a caso; invece disporre
gli oggetti negli spazi giusti, al momento opportuno costituisce una vera e
propria espressione d’arte, che comporta immaginazione, ma anche sacrificio,
esercizio e disciplina mentale. La creatività esige la forma e schemi narrativi
ben costruiti. Filosa lo sa bene; ne parla con estrema verità nel suo ultimo
album. Le sue strisce sono pensate e calibrate fino allo spasimo. Il tratto
nervoso e tagliente raffigura personaggi e ambienti singolari. Qui non si cerca
a tutti i costi l’applauso della massa; ma il fil Rouge di un percorso creativo
personale, che lo ha spinto fino in Giappone, sulle orme dei suoi maestri: i
grandi dei manga. Indubbiamente, la voglia di narrarsi, di conoscere, di
esprimersi, di fantasticare sulla realtà al di qua e al di là della semplice
tavola ricorda in qualche modo l’avanguardia artistica e l’acida genialità di
Paz. Filosa contamina e sperimenta: forme tondeggianti e voluminose si fanno
largo quasi con fatica in prospettive, schiacciate, sbilenche e surreali,
angolose e respingenti. Oppure, nell’ultima opera pubblicata da Canicola,
Viaggio a Tokyo, creature buffe e un po’ smarrite proiettano il loro sguardo
attonito su un mondo enigmaticamente metropolitano. Il protagonista, forse una
proiezione autobiografica, cerca se stesso nell’infinito caos della vita. Come
succede a tutti noi. A Tokyo, come a Crotone.
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