lunedì 19 ottobre 2015

Lucca Comics and Games 2015: "Un viaggio a Tokyo" con la graphic novel del fumettista crotonese Vincenzo Filosa


Romano Pesavento

Tutto è pronto anche quest’anno: ancora una volta la fantasia spazzerà via la banalità della routine. Almeno per quattro giorni, dal 29/10 al 02/11. Come sempre, riparte il Lucca Comics and Games, uno dei festival internazionali del fumetto, del cinema d’azione, dell’illustrazione e del gioco più accreditati nel mondo. Grande Puffo e la sua truppa blu, Darth Fener e le sue armate nere , Jack Sparrow, Tex, Joker, Zagor e tanti altri personaggi leggendari stanno per invadere pacificamente le vie signorili della “bomboniera” d’Italia: Lucca.

L’atmosfera lucchese, nei pomeriggi autunnali, con i suoi squarci medievali e le sue mura storiche costituisce lo sfondo naturale più consono per accendere l’immaginazione di grandi e piccini. Se siete così fortunati da trovare il sole, vi scalderanno i colori e i riverberi degli edifici e delle forme circostanti; se c’è foschia o il cielo si ammanta di grigio, le sfumature dark – horror dell’evento s’intensificano e nell’euforia generale, da sbornia collettiva, corre un brivido lungo la schiena. Ogni bar, pizzeria, ristorante si trasforma in un luogo ideale per il “set” di una scenetta d’animazione improvvisata o meno, oppure di un incontro tra fan e simpatizzanti mascherati del genere, i quali, di solito, si prestano assai volentieri ai clic fotografici. Qualcuno è disponibile anche a raccontare l’origine della propria gioiosa follia, che li spinge a ritornare bambini e a rivivere i miti della propria infanzia: spesso lady Oscar è commessa in un call center e ha due figli; Thor deve terminare la tesi e l’Uomo ragno fa l’idraulico. 

L’artista crotonese, promessa emergente tra gli autori della cosiddetta graphic novel italiana, è costantemente alla ricerca di linguaggi iconografici personali; aspetto non ovvio in una realtà globalizzata, piuttosto omologata come quella attuale. L’incubo della pagina bianca non riguarda solo gli scrittori, ma è un tarlo inesorabile anche di chi disegna. Il gesto artistico di riempire un foglio vuoto con immagini, per la maggior parte della gente, non risulta un’impresa ardua: quattro pupazzetti messi lì, a caso; invece disporre gli oggetti negli spazi giusti, al momento opportuno costituisce una vera e propria espressione d’arte, che comporta immaginazione, ma anche sacrificio, esercizio e disciplina mentale. La creatività esige la forma e schemi narrativi ben costruiti. Filosa lo sa bene; ne parla con estrema verità nel suo ultimo album. Le sue strisce sono pensate e calibrate fino allo spasimo. Il tratto nervoso e tagliente raffigura personaggi e ambienti singolari. Qui non si cerca a tutti i costi l’applauso della massa; ma il fil Rouge di un percorso creativo personale, che lo ha spinto fino in Giappone, sulle orme dei suoi maestri: i grandi dei manga. Indubbiamente, la voglia di narrarsi, di conoscere, di esprimersi, di fantasticare sulla realtà al di qua e al di là della semplice tavola ricorda in qualche modo l’avanguardia artistica e l’acida genialità di Paz. Filosa contamina e sperimenta: forme tondeggianti e voluminose si fanno largo quasi con fatica in prospettive, schiacciate, sbilenche e surreali, angolose e respingenti. Oppure, nell’ultima opera pubblicata da Canicola, Viaggio a Tokyo, creature buffe e un po’ smarrite proiettano il loro sguardo attonito su un mondo enigmaticamente metropolitano. Il protagonista, forse una proiezione autobiografica, cerca se stesso nell’infinito caos della vita. Come succede a tutti noi. A Tokyo, come a Crotone.   

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