lunedì 13 aprile 2015

Arte in Italia: mostra sull'Espressionismo tedesco

Viaggio nell'arte: l'Espressionismo tedesco in mostra al Palazzo Ducale di Genova






di Romano Pesavento

L’Espressionismo tedesco è una delle manifestazioni artistiche più significative e graficamente d’impatto del nostro Novecento. Anzi ne rappresenta presumibilmente l’anima, l’inconscio, l’inquietudine, gli abissi più profondi.
Non a caso,  supremo maestro e probabilmente fondatore inconsapevole di tale  tecnica pittorica fu proprio il geniale, controverso, visionario Van Gogh; gli artisti che, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, si raccolsero intorno al nuovo  movimento, a Berlino, soprattutto a Dresda e a Monaco di Baviera, non paghi di raccoglierne l’eredità, approfondirono e aggiunsero nuove prospettive e tematiche di carattere più contemporaneo: non solo l’ infelicità o emarginazione  individuale, ma anche la reazione nei confronti della cultura ufficiale prussiana, austera, monotona; un certo spazio ebbe anche la rappresentazione della vertiginosa esplosione urbanistica delle città tedesche, raggelante sfondo di drammi umani, solitudine e alienazione.
La mostra presso il Palazzo Ducale di Genova, dal 5 marzo al 12 luglio 2015, vuole fornire un percorso completo delle varie fasi interpretative, degli stili iconografici e ricerche espressive realizzati con selvaggia determinazione, nonché dubbio cartesiano, negli atelier dei giovani anticonformisti pittori tedeschi.
Attraverso le tele di Kirchner, Rottlufdf, Heckel, Pechstein, Nolde, squarci di vite umane spezzate e precarie proiettano parvenze acide e spigolose, dal segno grafico tagliente e bruciante, come una stilettata.
La perversione e l’innocenza violata costituiscono lo scotto, il prezzo da pagare per l’evoluzione dell’uomo moderno, in viaggio verso una dimensione incognita, un nuovo status, non solo da conquistare, ma anche da definire: “L’uomo è una corda tesa tra la bestia e l’uomo nuovo, una corda che attraversa un abisso… la grandezza dell’uomo sta nel suo essere un ponte, non un fine” (Nietzche).
Il quadro intitolato Artista – Marcella di Kirchner, manifesto dell’intero evento, ritrae una ragazza accovacciata su un divano in compagnia di un gatto bianco. Con il suo sguardo pensieroso e malinconico ci dischiude i meandri tortuosi di uno spazio psichico inaccessibile agli “altri”.
Fredde sensazioni di disagio esistenziale incontrano colori saturi in un ambiente domestico disadorno, spoglio, tipico di abitazioni povere o bohémien, trasmettendo allo spettatore un vago sentore di malessere e di disorientamento, che costituisce lo stigma, il significato più profondo dell’essere artista in controtendenza in una Germania sempre più indecifrabile nelle sue prospettive future. Rottura, voglia di evadere e sperimentalismo sono gli aspetti più evidenti della corrente, che si riscontreranno, in quegli anni, anche in altri campi della cultura, come nella produzione letteraria di August Stramm, Gottfried Benn, Georg Trakl e Alfred Döblin, con l’effetto conseguenziale di suscitare, ancora una volta, incredula apprensione nei borghesi benpensanti. 
Soffermandoci davanti alle tele “Frontone rosso” di Karl Schmidt-Rottluff, “Oluf Samson-Gang a Flensburg” e “Cisterna a torre” di Erich Heckel, “Sentiero in autunno” e “Tronchi bianchi” di Emil Nolde, ci si addentra in paesaggi  intimamente simbolici e deliranti, in cui la follia risiede sovrana e non c’è traccia di esseri umani: case sghembe, prive di prospettiva, e dai colori violenti si addossano l’una con l’altra o si stagliano in solitaria desolazione. Boschi contorti e intricati sembrano imprigionare l’anima umana in una fitta rete di filo spinato.

Evadere, vivere follemente, attimo dopo attimo, diventa il viatico per esorcizzare un futuro drammatico che incombe sul genere umano e che spaventa. A morte. 


Pubblicato sul giornale on line la Provincia kr      

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