lunedì 13 aprile 2015

Arte in Italia: la mostra di Francesco Cito

Il fotogiornalismo di Francesco Cito in mostra al Palazzo Mediceo di Seravezza



di Romano Pesavento 


Il bianco e nero delle immagini presenti alla mostra “Colour and B&W” di Francesco Cito, presso il Palazzo Mediceo di Seravezza, penetra nella mente del visitatore come un vecchio film e proietta una molteplicità inesauribile di sensazioni contrastanti: rincorre la vita al di là del nostro scontato benessere, nella quotidianità protetta e chiusa della semplice routine di ogni giorno, e ci mostra, impietosamente, altre facce dell’esistenza, quelle che non vorremmo mai vedere, quelle che sono strettamente imparentate con la morte, il grande fantasma da esorcizzare, da rinnegare, da rimuovere nella nostra frettolosa corsa al successo sociale. I volti incolori, gli ambienti opachi, la gioia attonita dei bambini, le tradizioni oscure e remote degli uomini, le miserie della guerra d’Oriente, le pose innaturali, da burattini spezzati, di chi soffre in silenzio si susseguono in contrasti chiaroscurali caravaggeschi, delineando e rappresentando una realtà ignota e ripudiata, sulla quale, invece dovremmo riflettere.

Scatto dopo scatto, emigra la memoria dal passato al presente lungo un filo di seta, che, debolmente, riconduce all’idea di estemporaneità della vita. Acidi forme fumose spuntano come relitti in riva al mare tra le macerie di un mondo colpito dall’odio e dalla discriminazione. Entrare nel dramma della guerra in Palestina è come sollevare un sipario di morte e dolore, in cui il tormento si associa alle lacrime di un bambino triste, alla madre/ moglie di un morto senza nome, all’abbraccio calorosamente fraterno del leader Arafat.
L’infanzia violata dalla bramosia dei conflitti suscita ipocrite e fasulle parole di dissenso, ma alimenta nel segreto delle stanze del potere la ricchezza dei grandi magnati della finanza.
Soffermarsi davanti agli occhi senza gioia dei giovani pazienti in stato di coma vegetativo e dei loro familiari, immaginare cosa accade al di là della barriera invisibile che separa un’anima imprigionata da uno spirito perfettamente sensiente è un’esperienza feroce, ma necessaria per comprendere autenticamente la precarietà della dimensione umana.
Successivamente l’obiettivo della macchina fotografica immortala i blitz della polizia nei meandri delle “Vele” a Scampia, gli arresti, i volti dietro le sbarre degli imputati. Scene di vita quotidiana e di crimine ordinario passano velocemente nella fotocamera immortalati per sempre e si imprimono con rara forza narrativa anche nella retina degli avventori. La denuncia ha molte forme, ma questa è la più immediata.

E così finisce che il mondo fatto di carne martoriata e di sangue si intreccia, come in una matassa di seta, con le crude realtà e verità delle tradizioni popolari; non sempre costituite da paccottiglia taroccata per turisti semplicioni, ma da riti arcaici, contrassegnati spesso da dolore e morte, per chi sa guardare, come Cito, in profondità.


Pubblicato sul giornale on line la Provincia kr.

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